L'esperto del Politecnico di Zurigo: «Nessuno vorrà più investire lì. Sta tornando un Paese in via di sviluppo»
MOSCA / ZURIGO - Quella del Cremlino è una guerra combattuta sia sul fronte militare che su quello economico. E su entrambi la Russia si sta mostrando sofferente. Da un lato c'è il ripiegamento delle forze di Mosca dalle regioni di Kiev e Chernihiv, dall'altro l'effetto che le sanzioni stanno infliggendo alle finanze della Federazione Russa. E questa combinazione, secondo il professor Marcus Keupp, dell'Accademia Militare del Politecnico di Zurigo, andrà a impattare sul Paese nel lungo periodo.
In un'intervista alla Sonntagszeitung, l'esperto ha spiegato come la strategia russa in Ucraina non stia funzionando perché Vladimir Putin ha commesso diversi errori, fissando le priorità sbagliate. E con il "morso" delle sanzioni che si fa sentire, anche Mosca - già isolata ed esclusa da una fetta importante degli scambi internazionali -ha messo in campo le sue risposte. Ma secondo Keupp la strada è chiara: «Stiamo assistendo all'inversione» di un «Paese emergente in un Paese in via di sviluppo».
Le azioni del Cremlino, prosegue l'esperto, hanno fatto scomparire ogni fiducia in Mosca da parte del mondo. «La Russia sta commettendo un suicidio economico sul lungo periodo. Nessuno vorrà più investire» nel Paese. E a questo si aggiunge un problema di carenza di competenze, aggiunge Keupp. «La classe dirigente russa non se ne intende di economia», ha affermato, evocando paragoni con il passato ed equiparando la situazione in divenire con una sorta di "Unione Sovietica 2.0".
Per quanto riguarda invece il fronte militare, l'esperto guarda con sospetto al ritiro delle truppe russe nelle zone a nord dell'Ucraina. Il motivo? Considera poco sensato un ripiegamento perché sarebbe nell'interesse di Mosca tenere sotto pressione le forze ucraine per ridurre la loro resistenza nel Donbass. E il futuro? La guerra andrà avanti, anche se a un'intensità minore sostiene Keupp. Nonostante le sanzioni, le risorse di Mosca sono sufficienti. E in quest'ottica suggerisce di abbandonare la via degli embarghi per una cooperazione maggiore con fornitori alternativi. «Non c'è niente che faccia male a Putin quanto i prezzi di gas e petrolio bassi».