La Confederazione si è difesa sul trattamento dei migranti, la condizione dei detenuti e la violenza esercitata dalla polizia
GINEVRA - La Svizzera giudica il proprio arsenale giuridico sufficiente nella lotta contro la tortura. All'indomani delle domande degli esperti del Comitato dell'Onu, la Confederazione si è difesa sul trattamento dei migranti, sulle condizioni dei detenuti e sulla violenza esercitata della polizia.
Anche se non esiste una norma specifica contro la tortura, il Codice penale punisce i crimini elencati nella Convenzione Onu, ha indicato oggi la delegazione elvetica. Le pene sono sufficientemente severe e i termini di prescrizione abbastanza lunghi.
La delegazione ha tenuto a sottolineare la preminenza del diritto internazionale su quello svizzero, basandosi su una decisione in proposito del Tribunale federale.
Fra le varie risposte date sul tema dei richiedenti asilo, è stato sottolineato che la Svizzera dallo scorso luglio affida i minori che arrivano sul proprio territorio a persone di fiducia.
I rappresentanti della Confederazione hanno ammesso che possono essere fatti miglioramenti per quel che riguarda la detenzione amministrativa. La costruzione di due appositi centri dovrebbe rimediare ai problemi. Inoltre, è stato chiarito che il numero di cittadini eritrei che ottiene lo status di rifugiato o un'ammissione provvisoria è comparabile a quello dell'Unione europea.
Riguardo alle carceri, criticate da diverse ong, la Svizzera risponde che i trattamenti medici sono garantiti per tutti, anche se la messa in pratica può differire fra i vari cantoni.
La violenza delle forze dell'ordine "non è più un argomento tabù", ha detto la responsabile della polizia ginevrina Monica Bonfanti. Videocamere a bordo delle pattuglie sono ad esempio allo studio delle polizie cantonali. Bonfanti ha sottolineato che le derive violente vengono prese sul serio.