Il Blick aveva scaricato e poi pubblicato le foto del giocatore che lui stesso aveva inserito nel suo profilo "Facebook". L'immagine presentava inoltre un'insufficiente velatura dell'identità (una piccola striscia sugli occhi). Questo e altri dettagli hanno reso riconoscibile il personaggio fuori della ristretta cerchia dei suoi conoscenti ciò che costituisce violazione della sfera privata, afferma il Consiglio in una nota odierna.
Una rete sociale come "Facebook" è notoriamente usata per lo scambio di immagini e di informazioni tra persone private, non si può dunque definirla un luogo pubblico, afferma il Consiglio. Il fatto che l'immagine e le informazioni le abbia messe l'interessato non significa che egli volesse destinarle alla pubblicazione. Il giornale era peraltro stato avvertito tramite un legale che il giovane non voleva che si rendessero noti il suo nome e la sua foto, puntualizza il Consiglio.
Il calciatore accusava inoltre il giornale di avere usato un mezzo sleale per procurarsi l'informazione. Secondo il Consiglio non è tuttavia provato che il giornale si sia intrufolato in "Facebook" sotto mentite spoglie di un amico. La pubblicazione risale al febbraio 2010. Il titolo dell'articolo definiva il calciatore "leader della filiale svizzera della mafia delle scommesse".