L’head coach della Nazionale, è intervenuto a una settimana di distanza dall’eliminazione subita dalla Svizzera a Mosca. «Male il boxplay, abbiamo concretizzato poco»
ZURIGO - Il Mondiale 2016, ormai, appartiene al passato: l’obiettivo della Svizzera di hockey, anche alla luce dei sorteggi effettuati martedì, è già puntato verso Parigi, verso l’obiettivo iridato del 2017. Ci sarà da capire chi ci sarà alla transenna - ogni decisione in merito a Patrick Fischer verrà preso entro metà giugno - ma nel frattempo lo stesso head coach, a mente fredda, ha voluto stilare un suo personale giudizio in merito alla sfortunata missione moscovita.
«Non è stato facile tornare alla normalità e alla solita vita - ha esordito proprio l’ex allenatore del Lugano - Uscire in quel modo, e così presto, mi ha fatto male, ma questo è lo sport e se si vuole migliorare e puntare in alto bisogna rialzarsi immediatamente. Non posso però nascondermi: è stato un anno negativo per quanto mi riguarda, visto anche l’esonero di ottobre, anche perché sono abituato al successo. Da qui però ho molto da imparare: ho dato il massimo di me stesso ma non è bastato».
Il Mondiale russo, però, non è stato del tutto negativo: la Nazionale ha mostrato tanto carattere e un gran gruppo. Fondamenta dalle quali ripartire… «Queste sono le cose buone che mi porto dietro e sulle quali intendo costruire il futuro della Svizzera. Potevamo vincere tutte le partite, a parte quella con la Russia, non ci siamo mai lasciati andare nonostante le difficoltà incontrate, tanto è vero che abbiamo ottenuto tutti i nostri punti nei minuti conclusivi di ogni singolo match», ha continuato Fischer che però, in modo onesto, ha sottolineato anche gli aspetti negativi: «Primo fra tutti il boxplay, che è risultato il peggiore dell’intero Mondiale. Abbiamo creato tantissimo, ma abbiamo concretizzato poco, pochissimo: ci sarà da lavorare».
In tanti hanno rivisto in questa Svizzera gli stessi errori, gli stessi problemi palesati dal Lugano nei primi due mesi dello scorso campionato. Solo un’impressione o il paragone può essere fatto? «Capisco le critiche, anche perché i risultati in entrambi i casi non sono arrivati. Mettere sullo stesso piatto una squadra e una nazionale è complicato, anche se è vero che in entrambi i casi abbiamo preso gol evitabili e sciocchi e non abbiamo concretizzato l’enorme mole di gioco e di occasioni che ci siamo creati».
Certamente l’assenza di alcuni leader carismatici - leggasi Streit, Josi, Brunner, Furrer solo per citarne alcuni - si è fatta sentire ma Fischer non ha fatto drammi: «Ovviamente sarebbe bello presentarsi a un Mondiale con la rosa al completo, con tutti i giocatori migliori a propria disposizione ma sappiamo che è complicato che ciò avvenga… inoltre sono convinto che con questa rosa la qualificazione ai quarti di finale era alla portata. Ad essere sincero ora, col senno di poi, qualche cambio nelle convocazioni lo apporterei: in difesa avrei inserito due giocatori che meglio si adattano a scendere in pista nel boxplay».
Loeffel, a pensarci adesso, non sarebbe stato il caso di portarlo a Mosca? «Romain mi piace moltissimo, ma è un difensore molto offensivo. Abbiamo deciso di puntare su Diaz, Blum, Du Bois, Geering e su Schneeberger in quel ruolo… soprattutto il 28enne del Davos mi ha stupito nel processo di avvicinamento al Mondiale ed è stato lui a giocarsi il posto con Loeffel», ha sottolineato Patrick.
Mosca, appunto, è alle spalle… Parigi e Colonia rappresentano il futuro. La Nazionale nel 2017 sarà di scena nella capitale transalpina nel Gruppo B: ci sarà ancora il trio Fischer-Hollenstein-Von Arx alla transenna? «Aspettiamo e vediamo, io voglio continuare a lavorare qui perché mi trovo davvero bene. Poi una volta firmato il rinnovo, dovrò studiare il francese...», ha concluso sorridendo.