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Cosa succede quando si porta sul palco di un teatro un gruppo di carcerati

CANTONECosa succede quando si porta sul palco di un teatro un gruppo di carcerati

10.02.22 - 06:30
Prova a raccontarlo la commedia francese (dal gran cuore) “Un anno con Godot”, nei cinema ticinesi a partire da oggi
Carole Betheul
Cosa succede quando si porta sul palco di un teatro un gruppo di carcerati
Prova a raccontarlo la commedia francese (dal gran cuore) “Un anno con Godot”, nei cinema ticinesi a partire da oggi

LUGANO - Étienne (Kad Merad) è un attore di teatro di mezza età, in un momento non particolarmente brillante della sua carriera. Latita dal palcoscenico da 3 anni e si limita a sbarcare il lunario fra un lavoretto e l'altro.

Un giorno, uno di questi lo porta a sostituire un collega e a dirigere un seminario di teatro in un carcere. A tu per tu con il gruppo di galeotti, trova in loro una scintilla e così decide di cimentarsi nell'impresa: mettere in piedi una rappresentazione di “Aspettando Godot” di Beckett da tenersi in un teatro locale.

Il risultato sarà un trionfo (da cui il titolo originale “Un triomphe”) che sorprenderà tutti e porterà a sviluppi sconvolgenti tanto per lui quanto per i suoi protetti. Ispirato a una storia vera, capitata però in Svezia, “Un anno con Godot” di Emmanuel Courcol è una commedia che scalda il cuore, come diverse altre prodotte in questi anni dal cinema francese.

Il tema della mise en scene carceriaria non è proprio una novità – in Italia, per esempio, l'ha trattato il seminale docufilm “Cesare deve morire” dei fratelli Taviani – ma Courcol sceglie la strada della fiction, puntando tutto sugli attori e sui buoni sentimenti. E a brillare, più che lo svolgimento, sono proprio loro. Al di là di Merad, che è molto noto e amato in Francia ed è un po' il nome di peso della produzione, a convincere sono soprattutto i meno conosciuti comprimari galeotti, tutti estremamente convincenti.

Così come è convincente, e sentita, la costruzione del film e la trattazione della tematica carceraria che il Curcol conosce bene, avendo già girato un documentario per un progetto di musica e danza con dei detenuti della prigione di Meaux (Île-de-France). Lo stesso penitenziario del film: «Girarlo è stato un rompicapo, è la prima volta che un istituto permette l'accesso a una troupe così numerosa», ha raccontato il regista, «bisogna dire che siamo stati accolti benissimo, dalla direzione e dalle guardie, Kad era addirittura osannato dai detenuti».

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