È una condizione mentale che può essere molto dannosa per la propria carriera: un consiglio su come affrontarla
CAMBRIDGE - La sindrome dell'impostore è un termine coniato nel 1978 da due psicologhe, Pauline R. Clance e Dr. Suzanne A. Imes. Si applica alla perfezione all'ambiente lavorativo: chi ne è affetto ritiene di non meritare il successo ottenuto e vive nel terrore di essere “sbugiardato” pubblicamente e, di conseguenza, di non essere in grado di mantenere la posizione raggiunta.
Questa sindrome sarebbe piuttosto diffusa ma «in genere è una farsa», sostengono sulla Harvard Business Review: si può pensare che chi lavora insieme a noi abbia una grande fiducia nei propri mezzi (sicuramente superiore alla nostra), anche se probabilmente non è così. Il grosso guaio è che si evita di proposito di candidarsi per impieghi per i quali ci si sente non abbastanza qualificati, dimenticando che, nella maggioranza dei casi, chi offre una posizione è disposto a investire sulla crescita del nuovo assunto e a tollerare qualche errore iniziale.
Invece che farsi stritolare dalla sindrome, consigliano dalla prestigiosa università, sarebbe bene affrontare i nuovi impieghi come una sfida per migliorarsi.