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IRAQ«Rischio guerra civile» per Kirkuk

09.10.17 - 15:38
Keystone / AP
«Rischio guerra civile» per Kirkuk

BAGHDAD - Le dispute sul controllo della provincia irachena di Kirkuk, ricca di petrolio, potrebbero portare a una «guerra civile» se non verrà risolta la controversia tra il governo centrale di Baghdad e le autorità della regione autonoma del Kurdistan iracheno sorta dopo il referendum sull'indipendenza curda del 25 settembre. Lo afferma oggi il vice presidente iracheno Ayad Allawi in un'intervista all'agenzia Ap.

Kirkuk, che non fa parte del territorio della regione autonoma, è controllata dalle milizie curde Peshmerga fin dal 2014, quando la occuparono durante la guerra contro l'Isis. Recentemente anche in questo territorio si è svolto il referendum sull'indipendenza.

Allawi ha fatto appello al presidente curdo Massud Barzani e al governo centrale iracheno perché mostrino moderazione e risolvano la disputa relativa a Kirkuk, abitata da popolazioni curde, arabe e turcomanne.

Il presidente del Parlamento iracheno Salim al Juburi, ha fatto appello oggi ad una «risoluzione della crisi attraverso il dialogo» con i curdi, dopo avere incontrato ieri il presidente della regione autonoma del Kurdistan Massud Barzani.

Juburi si è recato in Kurdistan per cercare di favorire un negoziato con le autorità di Erbil, dopo il referendum sull'indipendenza del 25 settembre che ha visto prevalere i "sì" con oltre il 90 per cento.

«La mia visita in Kurdistan - ha detto Juburi davanti al Parlamento - è una delle tante importanti per mostrare che c'è la possibilità di risolvere la crisi invece che innalzare muri e barriere».

Nel frattempo il Consiglio ministeriale per la sicurezza nazionale iracheno ha annunciato che presenterà denuncia contro gli impiegati statali che hanno collaborato alla tenuta del referendum sull'indipendenza del Kurdistan, il 25 settembre scorso.

Il Consiglio ha sottolineato che l'iniziativa si è svolta in violazione della decisione della Corte federale, che aveva disposto la sospensione della consultazione in attesa di una sentenza sul merito della questione.

L'organismo ministeriale, in un comunicato, afferma che le denunce non sono da intendere come «una punizione contro i cittadini curdi, ma nel loro interesse».

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