Oltre all'emergenza sanitaria ed economica, la pandemia manda in crisi anche la socialità.
Il Partito socialista prevede che la povertà possa espandersi nel nostro cantone e molte famiglie debbano rivolgersi all'assistenza. Per questo ha deciso di proporre sei misure in ambito di casse malati, affitti, lavoro e conciliabilità.
BELLINZONA - Oltre all'emergenza sanitaria ed economica, il coronavirus porta con sé gravi conseguenze sociali. Ne è convinto il Partito Socialista secondo cui «c'è il rischio che la povertà si diffonda ancora maggiormente nel nostro Cantone e che molte economie domestiche siano costrette a rivolgersi all'assistenza». Per scongiurare tutto questo, il PS presenta una risposta sociale costituita da sei proposte in ambito di cassa malati, affitti, lavoro e conciliabilità «che si completano a vicenda».
La prima, specificano i socialisti in una nota, chiede l'istituzione di un fondo sociale cantonale che vada in aiuto alle persone in difficoltà economiche a causa dell'emergenza coronavirus. «Il fondo - precisa il PS - dovrebbe poter erogare prestiti o contributi a fondo perso secondo le necessità per pagare affitto, cassa malati (la parte non sussidiata), fatture mediche o sanitarie, acquisto di beni necessari. Il finanziamento dovrebbe essere garantito da Cantone e Comuni con un riparto del 75%, rispettivamente del 25% degli oneri, come avviene per l'assistenza».
La seconda e la terza proposta socialista riguardano i costi sanitari, necessari per garantire l'accessibilità universale al sistema sanitario. «Chiediamo allo Stato di riversare agli assicurati il corrispondente della franchigia per le visite mediche fino all'ammontare della franchigia minima di 300 franchi e di abolire la quota residua di premio a carico degli assicurati che percepiscono i sussidi, portando il coefficiente cantonale di finanziamento al 100% ». Entrambe le proposte - precisano i socialisti - devono valere per tutta la durata della crisi coronavirus, anche retroattivamente, quindi a partire dal momento che è iniziata.
La quarta proposta interessa il personale domestico a ore, escluso dalla possibilità ricorrere aiuti federali tramite il lavoro ridotto. «Chiediamo d'istituire un aiuto cantonale mirato a chi lavora in questo ambito e al contempo promuovere una sanatoria per combattere il lavoro in nero estremamente diffuso in questo settore professionale».
La quinta proposta, invece, si basa su quanto già implementato nel Canton Ginevra, dove si è trovato un accordo per esentare le microimprese e gli indipendenti maggiormente in difficoltà dal pagamento dell'affitto. «Siamo convinti dell'efficacia di questo accordo - sottolinea il PS - e chiediamo al Cantone di corrispondere ai proprietari degli immobili la metà dell'onere dovuto per l'affitto (spese non incluse) e invita la Camera ticinese dell'economia fondiaria a incoraggiare i proprietari degli immobili a fare un passo a favore di queste categorie di inquilini, rinunciando a loro volta al versamento della metà dell'affitto dovuto».
La sesta proposta riguarda le strutture di conciliabilità lavoro-famiglie, attualmente aperte solo per i figli delle persone che lavorano in quelle professioni ritenute indispensabili. «In questo ambito chiediamo al Consiglio di Stato - conclude il PS - di emanare direttive in cui si sancisce che le rette delle famiglie che a causa del Coronavirus non ne fanno capo non devono essere fatturate e di garantire a tutto il personale che lavora e alle famiglie diurne il reddito completo, al 100%, per la tutta la durata della crisi Coronavirus. Vista l'importanza strategica della rete di accoglienza per la prima infanzia ed extrascolastica e delle famiglie diurne per la società tutta, sia in questo momento che in previsione di un rilancio dell'economia chiediamo pure di garantire, attraverso un contributo straordinario laddove necessario, sufficienti mezzi alle strutture affinché possano continuare la loro attività anche in futuro».