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#NOISIAMOILFUTUROUn progetto pilota dalla Svizzera occidentale per rendere più sostenibile il vino

12.03.24 - 11:00
Pontus Wallstén
Bottle Back è un’iniziativa di alcuni viticoltori del Canton Vaud che mira a rendere riutilizzabili le bottiglie di vino. In questa foto sono presenti quasi tutti: (da sinistra) Ilona Thétaz, Catherine Cruchon-Griggs, Jean-Daniel Portat, Laura Paccot, Noémie Graff, Lionel Widmer e Vincent Chollet.
Bottle Back è un’iniziativa di alcuni viticoltori del Canton Vaud che mira a rendere riutilizzabili le bottiglie di vino. In questa foto sono presenti quasi tutti: (da sinistra) Ilona Thétaz, Catherine Cruchon-Griggs, Jean-Daniel Portat, Laura Paccot, Noémie Graff, Lionel Widmer e Vincent Chollet.
Un progetto pilota dalla Svizzera occidentale per rendere più sostenibile il vino
Protezione delle risorse in viticoltura? Otto viticoltori vodesi hanno avviato un progetto pilota per contrastare la causa principale delle emissioni: le bottiglie.

In breve:

    • Dal 30 al 40 per cento dell’impronta ecologica di un prodotto viticolo svizzero è causata dalle bottiglie.
    • Al giorno d’oggi, le bottiglie di vetro vengono frantumate e riciclate. Se venissero invece lavate e riutilizzate sarebbe possibile risparmiare l’85 per cento delle emissioni generate dal processo di riciclaggio.
    • Otto viticoltori del Canton Vaud hanno deciso di avviare un progetto pilota chiamato «Bottle Back» per testare e implementare il riutilizzo delle bottiglie di vino.

In Svizzera, il 97 per cento del vetro viene riciclato. Questa cifra incorona la Svizzera campione mondiale di riciclaggio. Una cosa buona ed esemplare, almeno a una prima occhiata. Una seconda occhiata rivela invece la verità: il riciclaggio del vetro non presenta un bilancio ecologico particolarmente buono. Una verità che ha colpito dolorosamente Catherine Cruchon-Griggs mentre osservava il calcolo dell’impronta ecologica della sua impresa viticola «Domaine Henri Cruchon». Da poco ha rilevato l’impresa familiare per la terza generazione insieme alle sue due cugine e alla sua compagna.

Catherine Cruchon-Griggs, perché ha deciso di far valutare l’impronta ecologica del «Domaine Henri Cruchon»?
Già dalla generazione dei nostri padri, i nostri prodotti sono certificati bio e Demeter. Per noi è molto importante essere un’impresa viticola sostenibile. Volevamo vedere dove potevamo migliorare e abbiamo dovuto riconoscere che le bottiglie di vino sono responsabili della maggior parte delle nostre emissioni, ossia del 30-40 per cento.

È davvero una percentuale elevata.
Abbiamo deciso di cercare un’alternativa e la migliore opzione è puntare sulle bottiglie riutilizzabili. Se laviamo e riutilizziamo le bottiglie invece di frantumarle e riciclarle, possiamo risparmiare l’85 per cento delle emissioni generate dalle bottiglie perché il lavaggio richiede molta meno energia.

Il sistema delle bottiglie riutilizzabili esisteva anche in passato.
È vero che già in passato le bottiglie di vino venivano utilizzate più volte. Alcune cose erano effettivamente migliori un tempo, almeno dal punto di vista del bilancio del CO2. Esistono già bottiglie riutilizzabili da 1 litro e da 0,5 litri ma vogliamo rendere riutilizzabili anche le classiche bottiglie da 0,75 litri.

È davvero fattibile?
Stiamo lavorando proprio ora per scoprirlo. Insieme ad altri sette viticoltori vodesi abbiamo fondato «Bottle Back». Siamo attualmente nella fase pilota della durata di due anni che servirà a capire in che modo possiamo introdurre in Svizzera le bottiglie riutilizzabili. Ma siamo fiduciosi: la Svizzera è perfetta per un‘iniziativa come la nostra.

Perché?
Per prima cosa, la Svizzera è un Paese piccolo con distanze di trasporto brevi. Questo rende più semplice organizzare la logistica. Secondo: i vini svizzeri non vengono esportati e le bottiglie restano quindi in Svizzera. E terzo: gli svizzeri sono campioni mondiali di riciclaggio. Il tema è quindi molto importante per i cittadini.

In cosa consiste la fase pilota?
La fase pilota di due anni ci permette di ottimizzare tutti gli aspetti logistici (dalla restituzione delle bottiglie fino al lavaggio industriale) e di testare la portata economica del progetto. Ci dà inoltre il tempo di sviluppare uno standard per le etichette e le colle per far sì che siano adatte al processo di riutilizzo. In totale, durante la fase pilota abbiamo messo in circolazione 80 000 bottiglie.

Chi sostiene il vostro progetto?
Lavoriamo a stretto contatto con Changins, l’alta scuola di viticoltura ed enologia del Canton Vaud, per analizzare l’igiene e la stabilità delle bottiglie durante il processo di lavaggio. Collaboriamo anche con il politecnico di Montréal per studiare il ciclo di vita delle bottiglie lavate in confronto a quelle monouso. E il Canton Vaud ci sostiene finanziariamente.

Mirate quindi a introdurre Bottle Back in tutta la Svizzera?
È sicuramente l’obiettivo finale: far sì che le bottiglie di vino svizzero siano riutilizzabili in tutta la Svizzera.

Le seguenti otto imprese viticole del Canton Vaud hanno fondato Bottle Back: Domaine Henri Cruchon, Domaine la Colombe, Domaine la Satyre, Cave du Signal, Domaine de Marcelin, Domaine Porta, Domaine Mermetus, Château d’Eclépens. Il gruppo è alla ricerca di altri produttori interessati a unirsi al progetto pilota.

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