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VIPLibera da due anni, ma vittima del fanatismo

13.11.23 - 06:30
Due anni fa un giudice ha messo fine alla conservatorship di Britney Spears. Oggi si mostra per chi è, diventando l'ossessione di alcuni fan
Imago - Deposit
Libera da due anni, ma vittima del fanatismo
Due anni fa un giudice ha messo fine alla conservatorship di Britney Spears. Oggi si mostra per chi è, diventando l'ossessione di alcuni fan
Dell'invadenza nella sfera privata degli artisti ne abbiamo parlato con Paolo Meneguzzi, divenuto famoso nello stesso periodo dell'ex icona pop

MENDRISIO / LOS ANGELES - Il suo nome è tante cose. È la hit di fine anni Novanta e primi Duemila. Quello che si cita, come battuta, per sottolineare la forza di una personalità. È la costruzione ad arte di una persona che per 13 anni è stata sminuita, riducendola all’essere solo musica per il pubblico e soldi per il padre. È Britney Spears. Solo che non è, appunto, la cantante di “Toxic”, né quella di “Baby One More Time”. Ma una donna. Che balla in casa, davanti al suo telefono. E che nel corso della sua vita, come lo ha ricordato lei stessa nel suo memoir di recente pubblicazione, è stata fatta a pezzi tante volte in nome dello show business e per mano della sua stessa famiglia.

Per lei, dall’inizio della lunga battaglia legale che è culminata nella fine della sua conservatorship durata 13 anni e di cui ieri ricorreva l’anniversario, si sono mossi mare e monti. Con manifestazioni fuori dai tribunali, appelli sui giornali e via social. Solo che lungo la strada c’è chi, pur non conoscendola, ha preso tanto a cuore la sua situazione da invadere la sua sfera privata. Chiamando la polizia perché si recasse a casa sua dopo un video con dei coltelli, o segnalando che era scomparsa o ancora morta. Solo quest’anno, almeno tre volte sui social sono circolate notizie false sull’ex icona e cantante pop.

Un problema a cui non è soggetta solo Britney Spears. L’invadenza dei fan caratterizza la quotidianità di numerosi artisti, con atti che possono andare dalla condivisione di informazioni false, pedinamenti, fino alla vera e propria messa in pericolo. Ricordiamo, per esempio, il trend social della scorsa estate, con numerose persone che per un secondo di fama nello scroll infinito di TikTok si erano messe a lanciare oggetti contro gli artisti mentre questi si esibivano sul palco. È successo ad Adele, che prontamente ha reagito, minacciando di morte il sedicente fan se avesse tentato nuovamente il gesto. Com’era scattata subito Cardi B, bersaglio di un cocktail, lanciando il suo microfono contro la persona che la stava aggredendo - sulla vicenda sono state spese molte parole, resta che stava lavorando e che è stata interrotta da un’azione potenzialmente pericolosa. A Bebe Rexha, finita in ospedale dopo essere stata colpita in volto da un cellulare. A Harry Styles, raggiunto anch’esso da un oggetto in faccia. Ava Max è stata schiaffeggiata da uno spettatore salito sul palco. Sarebbe invero parlare di un fenomeno a senso unico, perché di artisti che a loro volta lanciano oggetti contro la folla - causando anche dei ferimenti - o umiliano i propri fan perché li stavano “filmando troppo”, ne è pieno il mondo. E per questo vi rimandiamo a un’analisi del Guardian di alcuni mesi fa.

Dell’invadenza dei fan abbiamo voluto parlarne con Paolo Meneguzzi, che ha conosciuto l’apice del suo successo negli stessi anni in cui Britney Spears faceva capolino nelle nostre vite, diventando particolarmente famoso in Italia e in America Latina.

Hai seguito il caso Spears?
«Sì, diciamo da lontano e distrattamente. Considerando che oggi si strumentalizzano le cose più che mai ai fini dello show, non mi sono soffermato più di tanto e non ho approfondito. Sicuramente spero che non abbia sofferto come scrivono. Sono quelle notizia che sembrano così assurde da suonare false o così complicate, delicate e piene di sfaccettature e dinamiche che vai a sapere cosa c’è realmente sotto. Conoscendo l’ambiente, o sai cosa è successo perché sei amico della persona o non vale la pena nemmeno provare a capire».

Ti è capitato di avere dei fan estremamente invadenti?
«Per due volte uscì la notizia che ero morto. Una volta in Italia e una volta in Sudamerica. Molti fan sono invadenti se sei un teen idol, una donna sicuramente lo può subire di più. Poi con i social si è moltiplicato tutto a dismisura. La gente che non sa cosa fare si attacca alla tastiera o al giudizio. Ma è sempre stato così in fondo. E sono cose che metti in conto quando hai successo e ci devi fare il callo. In Sudamerica nel 1998 precipitai in un ascensore durante il festival internazionale di Vina del Mar. Rischiammo di farci molto male. Si diffuse subito la notizia che fossi morto e che non avrei più partecipato al festival. Noi andammo a mangiare al ristorante e ricordo che di fuori arrivarono centinaia di troupe che mi chiedevano delle dichiarazioni. Il mio manager si mise del ketchup su un tovagliolo bianco del ristorante e se lo mise intorno al braccio. Io mi misi degli occhiali da sole e con un’aria tristissima dichiarai che ero in shock ma che avrei cantato per i miei fans. Fermarono il concerto dei Backstreet Boys per mandarmi in diretta».

Sei già stato oggetto di teorie o di gossip non veritieri?
«Per tutta la mia carriera hanno detto che fossi gay, quasi come se fosse discriminatorio. Questo ha sicuramente influito sulla mia credibilità di autore e compositore dei propri brani e di un ragazzo che amava e che aveva avventure con ragazze, come scrivevo io nelle canzoni. Non ho voluto a quei tempi arrabbiarmi o crearne un caso e appunto farla diventare la notizia. C’erano i primi casi di outing, veri e molto sofferti e ho semplicemente voluto rispettare l'ondata che stava permettendo di risolvere dei problemi che erano molto più gravi e importanti. Dato che, personalmente, non l'ho mai ritenuta un'offesa, e non ci soffrivo più di tanto. Ho preferito, dato che ero molto famoso, non intromettermi in un percorso che avrebbe solo creato confusione a un tema che era prioritario per l'umanità».

Ti sei mai dovuto preoccupare della tua sicurezza personale?
«Una volta invasero un aeroporto in Cile e c'erano migliaia di fans che mi correvano dietro e noi scappavamo per i corridoi dell'aeroporto. Ma a noi faceva ridere. Non paura. Ero sempre circondato da guardie del corpo a cui dicevo sempre di non adoperare maniere forti e di mettere via manganelli. A volte si presentavano con manganelli a scarica elettrica. Ricordo che mi arrabbiavo da morire e li mandavo via se vedevo un comportamento inappropriato, esaltato o esagerato verso delle fan, perlopiù ragazze giovanissime. Ma ovviamente la notizia era sempre “Caos e paura per Meneguzzi all'aeroporto” di non so dove».

La tua immagine è stata sfruttata a profitto di altri?
«Ancora oggi lo fanno. Mi segnalano ogni giorno account finti miei che cercano di adescare fan e scopro articoli di gente che non conosco che dice di aver lavorato con uno che conosce uno che ha lavorato con me. Figurati quando sei super famoso. Poi, oggi, scrivi in un post che lavori con Britney Spears, ci sarà sicuramente qualcuno che ci crede. Quanti inviti riceviamo ogni giorno, o mail per hackerare gli account, o richieste di solidarietà per chissà quale caso umanitario. Qualcuno, forse fragile, in quel momento, ci cade sempre dentro».

Rispetto a 10-20 anni fa noti un cambiamento nell'invadenza di fan o media nella vita privata degli artisti?
«C'è molto meno fanatismo e meno attaccamento verso un artista pop. Quello che ha vissuto Britney piuttosto che io, nel mio piccolo, aveva tutto un altro approccio. Oggi vanno ai concerti di chiunque cambiandosi la sciarpa del cantante. Una volta il tuo cantante preferito era una religione. Se amavi Britney non potevi amare Christina Aguilera. Se amavi Meneguzzi non potevi amare i Backstreet Boys, e lo stesso fan dei Backstreet Boys non poteva amare i Boyzone. C'era la rivista “Cioè”: mettevi il poster del tuo cantante o della tua cantante preferita sul muro sopra il letto, non lo guardavi in un telefonino in mezzo ad altri cento, e non potevi andare sul suo profilo. Era molto più misterioso e irraggiungibile. Questo creava il fanatismo perché quando ti vedevano impazzivano davvero».

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COMMENTI
 

IoMeMoi 5 mesi fa su tio
Meneguzzi non sa più come cercare visibilità, presto nei salotti italiani come opinionista...
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