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Migrare per raccontare dove sei nato

LUGANOMigrare per raccontare dove sei nato

12.07.23 - 06:30
Quattro chiacchiere con Carl Brave, in scena il prossimo 16 luglio al LongLake di Lugano.
Ivonne Ucci
Migrare per raccontare dove sei nato
Quattro chiacchiere con Carl Brave, in scena il prossimo 16 luglio al LongLake di Lugano.

LUGANO - Il racconto di 19 viaggi accompagnati da 19 suoni diversi. Un’avventura in giro per il mondo che però parla dei quartieri, dei vicoli, delle strade e del calore della sua città, la sua Roma. Carl Brave, atteso a Lugano il 16 luglio dove si esibirà in occasione del LongLake Festival, ci racconta il nuovo album “Migrazione”. Per la prima volta in Ticino, il cantante italiano non nasconde l’emozione.

Ma iniziamo dalla città che ti ha ispirato, quale è il tuo luogo preferito a Roma?

«L’isola Tiberina, il luogo in cui sono nato. Si trova nel centro di Roma, sul lungotevere, dove vado spesso a scrivere. Quello è il mio luogo sacro. Ma ci sono tantissimi posti, impossibile elencarli tutti».

Cosa ti ha portato lontano dalla tua città?

«Ho deciso di migrare, sono partito e ho viaggiato molto. Ho affittato degli studi di registrazione a Tokyo, a Marrakech, a Lisbona e a Madrid e ho contattato musicisti del posto con cui ho collaborato. Queste esperienze mi hanno permesso di lavorare con sonorità diverse e con strumenti locali. Ho messo tutto quanto dentro questo disco. In parte "Migrazione" si riferisce quindi a questo lato della produzione. Inoltre l'album rappresenta l'evoluzione della mia carriera.  Il disco inizia con “Biscotti”, un brano che ricalca il mio stile vecchio di “Polaroid” e “Notti brave”, le canzoni successive piano piano migrano e attraversano varie fasi della mia scrittura».

La cover del disco è un disegno che hai fatto da bambino, come mai proprio per questo album?

«È un disegno che ho fatto a quattro anni. Raffigura dei gabbiani. Casa mia era tutta dipinta, i muri erano colorati. Nella parte dietro invece ci sono dei sorci, come li chiamiamo a Roma, dei topi. Ricordo che un giorno è entrato un topo in casa spaventando me e mia mamma. Siamo scappati e abbiamo lasciato mio padre da solo a catturare l’animale. Una situazione che mi ha scioccato un po’».

In "Lieto fine" parli di intimità: «E mi hai strappato come fossi un cerotto. Che nascondeva tutti i tagli che hai. Solo io sapevo che c’era sotto. C’era un mare di guaI»

«Con la persona che si ha accanto si tende a sfogarsi per i momenti no, mostrando forse quello che siamo veramente. La persona che si ha vicino prende tutto il bello ma sicuramente anche il brutto, che forse le altre persone non vedono».

19 tracce possono sembrare tante, una scelta coraggiosa?

«Volevo fare un disco vario in cui ogni pezzo è diverso. Ho lasciato da parte tanti brani. Volevo dare una sonorità molto ampia e per farlo mi servivano tanti pezzi».

Hai tanti concerti in programma quest'estate, quanto è importante il contatto con il pubblico?

«Importantissimo, siamo in 12 sul palco e viviamo i concerti intensamente. È un bel percorso. Si ride e si piange, è un viaggio pieno di emozioni».

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