Coca Cola & co. generano un sacco di PET, ma a gettarlo nell'ambiente sono i consumatori. Che alternative hanno?
ZURIGO - Coca Cola, Pepsi e Nestlé sono alcune delle aziende che producono la maggior parte del PET che finisce nell’ambiente, rivela l'iniziativa "Break free from plastic" di cui abbiamo dato notizia ieri (qui).
In ultima analisi, però, chi lascia bottiglie e imballaggi su prati e spiagge sono i consumatori. All’esperto di sostenibilità Marco Grossmann, dell’azienda di consulenza Ecos, abbiamo chiesto come possono cambiare le loro abitudini.
Signor Grossmann, si può vivere senza polietilentereftalato (PET)?
Sì, ma ci vuole ancora tempo. Esistono alternative al PET, i grandi distributori svizzeri le stanno già testando, ma bisogna verificare che tutto il ciclo di vita dei materiali alternativi sia sostenibile e non comporti altri svantaggi.
I consumatori come possono ottenere informazioni a riguardo?
È ancora molto difficile. Per fare una scelta di acquisto informata bisogna acquisire da soli molte conoscenze.
Come può il singolo ridurre il proprio consumo di PET?
Chi, prendendo un caffè, rinuncia al bicchiere monouso e al cucchiaino in plastica e utilizza invece la propria tazza sta già dando una mano all’ambiente. Ci sono anche start-up che propongono stoviglie riciclabili. Hanno un potenziale anche i negozi di prodotti sfusi, senza imballaggi, che non utilizzano plastica.
Che cosa pensa delle bioplastiche?
Le plastiche biodegradabili costituiscono un approccio interessante. È importante tuttavia che il materiale finisca nel compostaggio e rientri in circolo.
Bisognerebbe riciclare anziché cercare alternative?
Non si può liquidare la plastica come un cattivo materiale punto e basta. Se comparato per esempio al vetro, infatti, presenta dei vantaggi. C’è però bisogno di cooperazione tra società civile, aziende, amministrazione e politica per trovare misure sensate in quanto a sostenibilità, coerenza ed efficienza.