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STATI UNITILe star della musica contro l'intelligenza artificiale nelle canzoni

03.04.24 - 18:00
Oltre 250 hanno firmato una petizione: da Billie Eilish a Nicki Minaj, da Stevie Wonder ai Pearl Jam
Depositphotos (phonlamai)
Le star della musica contro l'intelligenza artificiale nelle canzoni
Oltre 250 hanno firmato una petizione: da Billie Eilish a Nicki Minaj, da Stevie Wonder ai Pearl Jam

LOS ANGELES - Sono più di 250 le star del mondo della musica che hanno firmato la petizione pubblicata lunedì dall'Artists Rights Alliance e che vuole sensibilizzare sul pericolo per l'industria di un uso scriteriato della tecnologia generata dall'intelligenza artificiale.

«Noi, sottoscritti membri delle comunità di artisti e cantautori, chiediamo agli sviluppatori di AI, alle aziende tecnologiche, alle piattaforme e ai servizi di musica digitale di cessare l'uso dell'intelligenza artificiale per violare e svalutare i diritti degli artisti umani», è il paragrafo iniziale del documento che ha raccolto le firme di uno schieramento di stelle intergenerazionale: si va da Billie Eilish a Stevie Wonder, da Katy Perry ai Pearl Jam, passando per Nicki Minaj, Jonas Brothers, Camila Cabello, Jon Bon Jovi, Zayn Malik, Smokey Robinson, Imagine Dragons, Billy Porter, Sheryl Crow e così via.

«Non fraintendeteci: crediamo che, se usata in modo responsabile, l'IA abbia un enorme potenziale per far progredire la creatività umana e in modo da consentire lo sviluppo e la crescita di nuove ed entusiasmanti esperienze per gli appassionati di musica di tutto il mondo». Succede però che «alcune piattaforme e sviluppatori utilizzano l'IA per sabotare la creatività e minare artisti, autori, musicisti e titolari di diritti».

La petizione si conclude così: «Chiediamo a tutti gli sviluppatori di IA, alle aziende tecnologiche, alle piattaforme e ai servizi di musica digitale di impegnarsi a non sviluppare o distribuire tecnologie, contenuti o strumenti per la generazione di musica IA che minino o sostituiscano l'arte umana di autori e artisti o che ci neghino un giusto compenso per il nostro lavoro».

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