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REGNO UNITO / CANTONEDa "Giselle" a "Coppélia": una ticinese finisce sul Times

10.02.23 - 06:30
Carolina Valsangiacomo è entrata a far parte di una rinomata compagnia di ballo bulgara e, più di recente, è partita in tournée
Carolina Valsangiacomo
Da "Giselle" a "Coppélia": una ticinese finisce sul Times
Carolina Valsangiacomo è entrata a far parte di una rinomata compagnia di ballo bulgara e, più di recente, è partita in tournée

OXFORD - Un giorno Coppélia e l'altro Giselle. La vita di una ballerina è un turbine di ruoli, che possono cambiare anche nel giro di poche ore. Ce ne parla Carolina Valsangiacomo, ticinese 23enne, che da ottobre dello scorso anno fa parte della compagnia dell'Opera statale di Varna, in Bulgaria. Recentemente è partita alla volta dell'Inghilterra e, insieme alla compagnia, propone sui palchi inglesi quattro grandi classici del repertorio, tra cui anche il "Lago dei Cigni" e "Lo schiaccianoci" che le sono valsi anche una pagina sul Times.

Qual è il tuo ruolo?
«Essendo una tournée molto lunga e impegnativa e avendo ben quattro spettacoli molto diversi tra loro, i ruoli sono veramente tanti e cambiano di continuo, cambiamo i cast quasi ogni giorno in base alle esigenze. E poi ci sono le sostituzioni, quelle programmate e quelle all’improvviso, ogni giorno può capitare che un collega sì faccia male o non si senta bene e mentre ti stai preparando scopri che devi portare in scena un ruolo completamente diverso. All’inizio è stressante ma poi si prende il ritmo e tutti imparano i ruoli di tutti».

Avevi già fatto dei tour?
«Ho fatto qualche mese fa un piccolo tour di una settimana in Egitto, ma nulla di comparabile a una tournée come questa. Quindi in poche parole sì, è la mia prima volta. È sicuramente un esperienza stupenda e unica, piena di emozioni, sfide e soddisfazioni. Si sono create molte amicizie, un aspetto che trovo fondamentale per lavorare bene quando si è insieme 24 ore al giorno. Ma è anche molto dura. Abbiamo ritmi molto serrati, due spettacoli al giorno ogni giorno, più lezione e prove quotidiane, c’è sempre da lavorare e quando non lavori sei in viaggio verso la prossima città, non esiste la domenica o il giorno di riposo».

Non è tutto rosa e fiori, insomma...
«Quando finisce uno spettacolo e il tendone si chiude, seguono subito le correzioni e si ricomincia a provare quello che è andato storto per non ripetere gli errori nello spettacolo successivo. Per non parlare del fisico, il corpo è messo costantemente sotto pressione e i dolori sono all’ordine del giorno. Alcuni giorni credi di non farcela, il tuo fisico ti chiede riposo, ma sorridi e prosegui. Come si sul dire: "The show must go on", a prescindere dalla stanchezza o dai dolori. Ci vuole molta concentrazione e consapevolezza per affrontare un tour del genere, è senz’altro un esperienza bellissima ma bisogna affrontarla con la testa, gli obiettivi sono tanti, ma il primo di tutti è: tornare a casa vivi».

Per quanto resterete fuori?
«Siamo partiti da Varna il 15 di dicembre e rientreremo il 16 marzo. Ho sempre viaggiato molto da quando sono piccola. Per la danza ho cambiato case varie volte e ho sempre viaggiato anche per svago. Ma non avevo mai affrontato prima d’ora la vita con la valigia in mano, vivere in hotel per tre mesi e cambiare ogni tre giorni città».

Come ti sei formata come ballerina?
«Ho iniziato a 4 anni, come tante bambine, in una scuola amatoriale: la "Vivere ballando". Lì ho trovato un’insegnante magnifica, Yvonne Jakobi, sicuramente una delle persone che più devo ringraziare, in primo luogo per avermi trasmesso l’amore, la passione per la danza insieme a dedizione e disciplina - fondamentali ma difficili da trovare in una scuola amatoriale. È stata proprio lei, quando avevo circa 11 anni, a parlare con i miei genitori per farmi fare le audizioni per delle scuole professionali».

E com'è andata?
«La prima esperienza in accademia è stata nel 2011 alla John Neumeier di Amburgo, ma è durata pochi mesi, non ero pronta per un'esperienza così impegnativa e soprattutto così lontana da casa. Dal 2013 al 2020 ho frequentato la scuola di Balletto Cosi-Stefanescu a Reggio Emilia, rinominata nel 2016 "nuovo balletto classico", dove mi sono diplomata come ballerina professionista».

I primi contratti...
«Subito dopo il diploma ho fatto un anno di alta formazione nella Junior Company di François Mauduit. E arriviamo a oggi, con il mio primo contratto di lavoro qui con l’opera statale di Varna. È stato un percorso lungo e difficile, gli anni della scuola, qualche infortunio e poi il Covid, che ha messo in ginocchio il nostro settore già precario e ha reso ancora più difficile trovare lavoro. Insomma, è un lavoro davvero sudato, in tutti i sensi».

Apparire sul Times che sensazione dà?
«È sicuramente una grande soddisfazione, ma la più grande è la reazione nel pubblico, gli applausi e le grida, i bambini che ridono nelle scene divertenti, la gente che ti aspetta fuori dal teatro o che ti ferma per strada - è abbastanza facile riconoscere un ballerino - per una foto o un autografo. Il pubblico inglese ci sta dando davvero tante soddisfazioni e penso che l’articolo del Times sia la conferma».

Il milieu della danza è molto competitivo?
«È un mondo strano. Sicuramente la competizione è sempre presente in ogni scuola e in ogni compagnia ed è giusto e bello che ci sia, ma dev’essere una competizione sana. Purtroppo in molti posti non è così e troppo spesso la competizione diventa pura cattiveria. Bisogna avere un certo carattere per non farsi schiacciare perché i colleghi, o compagni quando si è in scuola, ma anche gli insegnanti e i coreografi possono diventare un vero inferno se non sai distinguere le critiche costruttive e le cattiverie dette per abbatterti».

Hai mai subito pressioni di qualche tipo?
«Fortunatamente ho sempre trovato ambienti sani nel mio percorso, ma non sono mancati e non mancano tutt’ora momenti in cui sembra di soffocare sotto le pressioni, le critiche e anche, spesso, le brutte parole. Con i colleghi spesso tendiamo a darci consigli più che giudizi, ma ho sempre fatto molta fatica a metabolizzare le critiche, a tratti quasi vere e proprie offese, da parte di maestri e coreografi. Spesso lo fanno per spronarci e per metterci alla prova, per testare il nostro carattere, un insegnante d’altronde ci deve formare anche da questo punto di vista, perché la differenza tra una persona che balla e un ballerino non è la bravura tecnica ma il carattere. Io sto ancora imparando, spesso mi abbatto, poi rifletto, metabolizzo e vado avanti».

Dove ti vedi in futuro?
«Domanda difficile, sicuramente voglio girare un po’ e accumulare esperienza. A Varna mi trovo bene, ma ho 23 anni e voglio sperimentare più compagnie prima di fermarmi in pianta stabile. Ci sono tante compagnie in tante città in cui mi piacerebbe lavorare, e poi più avanti mi piacerebbe trovare la "mia compagnia", ossia quella in cui rimanere stabilmente e poter avanzare di grado per diventare solista. Ma prima bisogna fare un po’ di gavetta e sono contenta così. La carriera di un ballerino purtroppo è breve e piena di imprevisti, può terminare da un giorno all’altro, quindi non ho obiettivi più precisi di questi. Li costruisco giorno per giorno, ma in linea generale questo è il mio piano. Poi ci sono tanti sogni certo, ma ad alta voce li dirò solo e se si realizzeranno».

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