l’Italia cerca una soluzione fiscale, il Ticino resta rigido
Una recente normativa italiana mira a risolvere una questione complessa che coinvolge migliaia di lavoratori frontalieri impiegati in Ticino ma residenti in 72 comuni italiani, recentemente riconosciuti come di confine. Si tratta di persone che lavoravano in Svizzera già prima dell’entrata in vigore del nuovo accordo fiscale bilaterale del 17 luglio 2023, ma che – secondo le autorità ticinesi – non possono essere classificati come “vecchi frontalieri”.
Il nodo della classificazione: vecchi o nuovi frontalieri?
Il nuovo accordo fiscale tra Italia e Svizzera ha introdotto per la prima volta un elenco ufficiale dei comuni italiani considerati di frontiera, includendo 72 nuove località situate entro 20 chilometri dal confine elvetico. Tuttavia, per il Canton Ticino, i residenti di questi comuni – pur lavorando da anni in Svizzera – non rientrano tra i “vecchi frontalieri”, in quanto non abitavano in località riconosciute nelle precedenti liste cantonali.
Questo ha generato un forte malcontento tra i lavoratori coinvolti, che si sono visti esclusi dal regime fiscale più favorevole riservato ai frontalieri storici. Alcuni hanno persino minacciato azioni legali contro i due Stati.
La risposta italiana: imposta sostitutiva per mitigare l’impatto
Per rispondere alle richieste dei lavoratori e ridurre le disparità, il Governo italiano ha introdotto un regime alternativo con il Decreto Omnibus, diventato legge nell’ottobre 2024. La norma prevede la possibilità, per i frontalieri residenti nei nuovi comuni di confine, di optare per un’imposta sostitutiva dell’IRPEF pari al 25% dell’imposta alla fonte già versata in Svizzera.
L’obiettivo è quello di avvicinare la pressione fiscale a quella dei vecchi frontalieri, i quali – secondo una clausola transitoria – continueranno a essere tassati prevalentemente in Svizzera fino alla pensione.
Per beneficiare dell’imposta sostitutiva, il lavoratore deve soddisfare i seguenti requisiti:
La posizione del Ticino: riconoscimento negato
Le autorità ticinesi hanno riconosciuto che l’introduzione dell’imposta sostitutiva è una decisione interna dello Stato italiano, ma hanno ribadito che tale misura non rientra nel perimetro dell’accordo fiscale bilaterale. Secondo una direttiva cantonale, il regime agevolato italiano sarebbe incompatibile con la Convenzione sulla doppia imposizione del 1976, a causa di una clausola espressamente voluta dall’Italia per evitare vantaggi fiscali indebiti.
Il risultato? I lavoratori che optano per l’imposta sostitutiva saranno considerati fuori dall’accordo e quindi soggetti a una tassazione alla fonte del 100% in Svizzera, invece dell’80% applicata ai nuovi frontalieri inquadrati nel nuovo sistema. Fanno eccezione solo quei comuni che figuravano in vecchi elenchi cantonali del Vallese o dei Grigioni.
Come viene individuato il regime fiscale adottato?
Il Ticino non ha accesso diretto alla scelta fiscale del lavoratore italiano. Tuttavia, tramite le nuove tabelle per il calcolo dell’imposta alla fonte, i datori di lavoro svizzeri devono applicare l’aliquota corretta. Se un lavoratore sceglie l’imposta sostitutiva, le autorità fiscali ticinesi potranno, in seguito, eseguire una rettifica automatica e applicare l’aliquota piena del 100%
dall’anno fiscale successivo.
Chi invece non esercita tale opzione, continuerà a essere tassato secondo il regime previsto per i nuovi frontalieri, beneficiando così dello sconto del 20% sulla ritenuta alla fonte.
Conclusione
Il nuovo scenario fiscale rende fondamentale, per i lavoratori frontalieri, una gestione consapevole e informata delle proprie scelte fiscali e finanziarie. In un contesto in continua evoluzione, ottimizzare il cambio dello stipendio in euro diventa ancora più importante.
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