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Perché il tuo sito web “perfetto” non converte

Quando il bello diventa nemico dell'utile: il paradosso delle pagine web troppo curate che fanno scappare i clienti e che dimostrano come, a volte, sia proprio l'eccesso di attenzione estetica ad uccidere le vendite
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Perché il tuo sito web “perfetto” non converte

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Quando il bello diventa nemico dell'utile: il paradosso delle pagine web troppo curate che fanno scappare i clienti e che dimostrano come, a volte, sia proprio l'eccesso di attenzione estetica ad uccidere le vendite

Il tuo sito ha vinto un premio di design e il grafico te l'ha mostrato orgoglioso: animazioni fluide, palette studiata nei minimi dettagli, typography che sembra uscita da un manuale svizzero degli anni '60. Bellissimo, davvero.

E le conversioni? Beh, quelle sono un capitolo a parte. Anzi, dall'ultimo redesign sono pure calate. Ma il sito è oggettivamente più bello, quindi il problema dev'essere da un'altra parte. Forse il target, forse il prezzo, forse la concorrenza. Sicuramente non il sito, che è perfetto. Ne siamo certi? E se invece il problema fosse proprio il sito? O meglio, il problema potrebbe essere quel concetto di perfezione estetica che negli ultimi anni ha convinto mezza internet che una pagina web debba essere prima di tutto bella, e solo dopo funzionale. Che l'estetica sia un valore in sé, a prescindere da quanto vendi. tenetevi forte: nella maggior parte dei casi, un sito brutto ma chiaro converte di più di uno bello ma confuso. E questo manda a quel paese vent'anni di dogmi sul web design che ci hanno fatto credere che l'aspetto fosse tutto.

L'utente non è venuto ad ammirare il tuo portfolio

Gli utenti arrivano sul tuo sito con un problema da risolvere o un prodotto da comprare. Vogliono capire subito se sei tu la soluzione, quanto costa e come procedere. Tutto quello che non risponde a queste tre domande è, nei fatti, un ostacolo. Quel video in autoplay che parte in homepage? E un ostacolo. L'animazione parallax che rallenta lo scroll? Ostacolo. Il menu hamburger minimalista che nasconde le voci di navigazione principali? Un ostacolo (che impedisce ai clienti di trovare quello che cercano). Gli utenti web, si sa, hanno la pazienza di un criceto sotto caffeina: se non capiscono cosa offri nei primi cinque secondi, chiudono. Non tornano, non ci ripensano, non ti danno una seconda possibilità. Se ne vanno dal competitor, che magari ha un sito oggettivamente più brutto, ma è lì che hanno trovato subito l'informazione che cercavano. Uno studio su 2.400 e-commerce ha confrontato i tassi di conversione tra siti con design "essenziale" e siti con design "elaborato". I primi convertivano al 3,2%, i secondi all'1,8%. Quasi la metà. Non perché il design elaborato fosse brutto - era anzi tecnicamente superiore - ma perché nascondeva le informazioni cruciali dietro layer di bellezza inutile.

Il peso invisibile della perfezione

Poi c'è il problema tecnico che i designer preferiscono ignorare: quel sito bellissimo pesa come un macigno: immagini ad alta risoluzione, font custom scaricati da chissà dove, animazioni CSS che fanno lavorare il processore come se stesse renderizzando un film Pixar, video di sfondo in 4K. Tutto questo ha un costo in termini di velocità.

Google ti penalizza se il sito è lento, certo. Ma il vero problema è che oltre i tre secondi di caricamento, metà degli utenti se ne va. Non "alcuni utenti sensibili alla velocità": la metà. E non gli importa niente di quanto sia bella la pagina che stanno aspettando, perché non la vedranno mai. E così, spesso sono le piccole aziende, quelle che più avrebbero bisogno di convertire ogni singolo visitatore, a caricarsi di elementi estetici ridondanti. Vogliono "fare bella figura" rispetto ai brand più grandi, e finiscono per costruirsi siti che sembrano campagne Nike. Solo che Nike può permettersi di perdere qualche conversione per fare branding, non può farlo invece buona parte delle PMI, che invece hanno bisogno che quel visitatore diventi cliente, non che si ricordi quanto fosse accattivante il sito.

Esempi noti a tutti

Booking.com è un sito che sembra progettato più di qualche anno addietro…e mai più aggiornato. Colori che urlano, banner ovunque, pop-up che ti inseguono, quella sensazione di "troppo" che farebbe rabbrividire qualsiasi designer moderno. Eppure è uno dei siti di prenotazione più usati al mondo e converte come una macchina da guerra. Perché? Perché ogni singolo elemento, per quanto magari possa essere esteticamente discutibile, ha uno scopo preciso: mostrarti le camere disponibili, i prezzi, le recensioni, il pulsante per prenotare. Zero fronzoli: solo la massima chiarezza su quello che conta davvero.

Zalando è l'altro caso emblematico. Il sito non vincerà mai premi di design: layout standard, griglie di prodotti che sembrano cataloghi digitali, niente di particolarmente emozionante o innovativo. Ma funziona perfettamente. Trovi subito quello che cerchi, filtri intuitivi, checkout veloce, informazioni chiare su spedizioni e resi. Non hanno speso milioni per renderlo "bello", hanno investito per renderlo efficiente..

Questi non sono casi isolati, anzi, ma di certo sono la dimostrazione che l'estetica deve stare al servizio della funzione, non il contrario. Un sito può essere elegante, veloce, minimale, chiaro, curato, funzionale. Ma quando ti trovi a scegliere tra un elemento che "sta bene visivamente" e uno che "serve concretamente all'utente", la risposta dovrebbe essere ovvia. Solo che troppo spesso non lo è, perché ci siamo convinti che il “bello” venda da solo. No, non accadrà mai: un sito vende quando il processo di acquisto è talmente semplice che un cliente può completarlo anche distratto, di fretta, sullo smartphone mentre aspetta il tram. Tutto il resto è vanità. A volte, addirittura, mascherata da strategia di marketing.

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Articolo a cura di Linkfloyd Sagl, agenzia di marketing e comunicazione in Ticino.


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