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TargetTravel blogger e influencer: che cosa fanno e quanto sono efficaci nel promuovere il territorio

18.11.21 - 18:16
«Non vendiamo: raccontiamo e siamo credibili. Così influenziamo gli utenti». Ne abbiamo parlato con Veronica Crocitti
Freepik / Annie Spratt / Veronica Crocitti
Travel blogger e influencer: che cosa fanno e quanto sono efficaci nel promuovere il territorio

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«Non vendiamo: raccontiamo e siamo credibili. Così influenziamo gli utenti». Ne abbiamo parlato con Veronica Crocitti

I social network e i blog da tempo hanno assunto un ruolo sempre più centrale nel settore del travel. Blogger e influencer di settore che raccontano destinazioni, mete, esperienze che possono motivare utenti e follower a scegliere un luogo piuttosto che un altro, ma anche una struttura o uno specifico itinerario. Sono esperti, punti di riferimento che possono influenzare le dinamiche di percezione di un territorio da parte dei viaggiatori, incidendo sulle loro scelte. Travel blogger e travel influencer hanno sostituito la logica spicciola della “promozione” con la potenza del racconto dall’esperienza: una leva di marketing che crea empatia e poi fidelizza. Noi, qui su Target, abbiamo scelto di parlarne con Veronica Crocitti, che si occupa di comunicazione digitale e da anni gira il pianeta per raccontare le sue meraviglie in Scorci di Mondo.

Veronica, che cosa fanno esattamente i travel blogger e i travel influencer?

«Travel Blogger e Travel Influencer sono figure che raccontano, attraverso differenti linguaggi, un luogo, un’esperienza, un itinerario, un viaggio vissuto, con un punto di vista prettamente personale. Nello specifico, il travel blogger – lo dice la parola stessa – racconta attraverso il proprio blog di viaggi, ossia un sito internet. Il travel influencer, invece, attraverso i propri canali social. Le due figure possono sovrapporsi, sì, ma non succede sempre».

Qual è stato l’impatto della pandemia su chi, come te, viaggia per promuovere luoghi, destinazioni e strutture?

«Devastante. La pandemia ha messo in ginocchio tutte le figure professionali che ruotano attorno al mondo del turismo. L’impossibilità di spostarsi, unita alla totale chiusura di molti Paesi e frontiere, ha davvero provocato danni enormi anche a noi.

Non solo era impossibile viaggiare ma addirittura era fuori luogo e inopportuno parlare di viaggi. Tra il primo e il secondo lockdown, quando c’è stata la possibilità di fare qualcosa, tutti noi travel blogger abbiamo cercato di fare rete promuovendo il turismo di prossimità.

Adesso sembrerebbe che si stia nuovamente tornando alla normalità. Personalmente, confido in un 2022 più florido».

Ci sono degli elementi di novità apportati da queste contingenze?

«Sicuramente sì. La pandemia ha comunque offerto a tantissimi addetti ai lavori – in maniera estrema, certo, e forzata – la possibilità di fare un balzo in avanti nella digitalizzazione, nella vendita online, nella promozione attraverso i social, e di aprirsi ad un mondo che va ben oltre il passaparola o la fisicità di un punto vendita, di un’agenzia, di una pubblicità fatta su un cartellone.

Molte aziende di settore che, strano ma vero, non possedevano né un sito internet né degli account su piattaforme terze – o che comunque non li utilizzavano in maniera efficace – hanno capito che, in realtà, l’utilizzo corretto di questi strumenti è ormai necessario, praticamente irrinunciabile».

Perché aziende e associazioni del territorio dovrebbero puntare su travel influencer e travel blogger per aumentare l’interesse su specifiche destinazioni?

«Innanzitutto perché queste figure possono contare su community molto ampie e settoriali. Chi legge un blog di viaggi o chi segue un influencer che narra di viaggi è tendenzialmente un viaggiatore pronto a prenotare e partire. Non si tratta di un pubblico ad ampio raggio, con differenti interessi che, per sbaglio, cambia canale alla tv e si ritrova dinanzi aduna pubblicità. Il follower o lettore di chi si occupa di viaggi è colui che cerca quei determinati contenuti perché si vuole lasciare ispirare per le sue prossime mete e destinazioni. La comunicazione è quindi mirata e targettizzata.

In secondo luogo, travel blogger e travel influencer “ci mettono la faccia”, sempre, e questo crea fiducia e vicinanza assoluti con chi li segue. Ciascuno di noi ha un determinato modo di raccontare, un linguaggio, un particolare filtro di foto, una predominanza di video, stories o quant’altro, e le nostre community sanno che siamo e saremo sempre coerenti con questo. Si fidano di quello che raccontiamo perché lo andiamo a vivere noi stessi, lo vediamo coi nostri occhi e poi ne parliamo in prima persona. Una sorta di TripAdvisor, ma con più esperienza nel settore e uno storytelling immersivo, efficace e puntuale».

Come si possono valutare e coinvolgere quelli giusti?

«Purtroppo non sempre è oro quel che luccica e di millantatori ce ne sono tantissimi in questo ambito. La selezione deve sempre essere accurata e minuziosa, oltre che pertinente. Innanzitutto è necessario individuare quei blogger o influencer che hanno un target in linea con il pubblico e gli obiettivi che si vogliono raggiungere, monitorare i loro profili al di là dei numeri (che possono tranquillamente essere “gonfiati”, se non comprati), vedere il tasso di coinvolgimento (engagement), chiedere sempre analytics e media kit, così da avere un quadro completo e dettagliato su followers, interessi, portata dei post e delle stories, numero di lettori del blog. Spesso addirittura le aziende si rivolgono ad agenzie che fanno esattamente questo lavoro di selezione».

Come prepara il racconto di una destinazione un Travel Blogger / Influencer?

«Bisogna anzitutto avere una strategia e un piano di comunicazione ben definiti ancor prima di partire per la destinazione, una programmazione dettagliata di quali contenuti devono essere realizzati e dove (che includa, e in modo diversificato, Instagram, Facebook, YouTube, TikTok, Blog). In base a quella si definiscono i punti-chiave e le parole-chiave su cui si deve puntare nel racconto. Ad esempio, se sto per partecipare a un wine tour in Toscana, so già che la mia narrazione dovrà principalmente ruotare attorno a tutto ciò che concerne il vino. Contestualizzazione (dove sono, che faccio, che itinerario seguo, che cosa vuol dire Toscana), storytelling sulle esperienze vissute (cantine, visite, degustazioni), raccolta di materiale quali foto, riprese (con massima attenzione ai diversi formati necessari), stories per creare immediatezza e portare letteralmente con sé chi ci segue e poi, una volta rientrata a casa, la stesura di articoli per il blog ottimizzati SEO affinché vengano trovati i motori di ricerca».

Che tipo di narrazione e di contenuti consigli di “utilizzare” alle realtà ticinesi che vogliono promuovere e valorizzare le peculiarità di questo territorio?

Il valore aggiunto di chi ha un blog (quindi un sito) è la durata potenziale di un contenuto realizzato, che è per sempre. Al contrario dei post sui Social – che hanno una vita massima di 48 ore – gli articoli sono potenzialmente eterni e, se ben indicizzati, portano con sé un enorme potenziale di lettori, nel lungo termine.

A dipendenza del viaggio che si vuol promuovere –con bambini o di coppia sul lago, o di totale avventura o di montagna o di trekking – consiglierei poi di selezionare profili di influencer che rispecchino i consumatori tipo dell’esperienza in questione, con cui questi ultimi si possano identificare. Sarebbe controproducente chiamare un family travel blogger, ad esempio, per promuovere un’esperienza che esclude i bambini o un travel blogger che tratta solo di luxury per raccontare un’esperienza volutamente low cost».

Che cosa si aspettano di vedere e leggere, di solito i tuoi follower?

«Il punto fondamentale è avere una narrazione continua, coerente, pertinente e personale. Per questo, lo ribadisco, non si può far altro che programmare, programmare, programmare. Non si può andare a braccio, poiché il rischio è quello di creare contenuti a macchia di leopardo, che non hanno un filo tra loro, che non suscitano interesse e, cosa ancor più grave, che portano chi ci segue a sentirsi straniato. Ogni storia – di qualsiasi storia si tratti - ha una trama, un inizio, uno sviluppo ed una fine, e si svolge attraverso fasi che portano il lettore ad esser sempre più coinvolto. Secondo questi principi cerco di impostare il mio storytelling, che sia in live (stories) o a posteriori (post/reel/articoli)».

Facebook, Instagram e Tik Tok: in termini di lead generation per i viaggi, quale tra queste piattaforme si sta rivelando più efficace?

«Facebook, Instagram e Tik Tok viaggiano su binari paralleli. Ognuna di loro ha un linguaggio diverso, un target diverso, un’efficacia diversa per obiettivi diversi. Se Facebook è “invecchiato” – nel senso che il target è sicuramente over 40/45 -, Instagram continua a mantenere il primato tra i millennials mentre Tik Tok – con i suoi short video – è in assoluto il social più utilizzato dalla generazione Z e da chi è più propenso a provare nuove esperienze.

A livello di viaggi e di ritorno di investimento da parte degli enti del turismo e delle aziende di settore, è chiaro che i target di Instagram e Facebook risultano più in linea in quanto, tendenzialmente, coloro che hanno la possibilità di spendere di più per le vacanze rientrano in quelle fasce di età. Però Tik Tok ha un potenziale enorme ed un bacino di utenti che, nonostante la giovanissima età, è davvero “influenzato” dai contenuti realizzati. Val la pena approfondirlo e sperimentarlo finché non maturerà ulteriormente a livello di generazione di lead».

La narrazione di un viaggio e di un luogo prodotta da un travel blogger o influencer, secondo te, è più credibile rispetto a una forma “standard” di promozione del territorio?

«Tutti siamo portati a diffidare di qualcosa quando ci viene proposta in termini di acquisto, o come mero spot pubblicitario. Il ruolo del travel blogger o del travel influencer, in primo luogo, è diverso. Noi non vendiamo niente, bensì raccontiamo. Che siano luoghi, sapori, esperienze… noi le viviamo, le mostriamo e le facciamo conoscere a chi ci segue suscitando - se siamo bravi – interesse verso determinate mete o destinazioni. Al massimo diamo consigli su dove dormire, dove mangiare, cosa assolutamente da non perdere. Se veniamo ospitati da una determinata struttura o ristorante, lo scriviamo, nella massima trasparenza, perché è così che il rapporto di fiducia con chi legge/segue si mantiene sempre vivo e costante. Siamo credibili perché ci mettiamo la faccia, sempre, e non nascondiamo nulla, neanche le esperienze meno belle o le difficoltà o i disagi. Siamo trasparenti, coerenti e veri. Si può dire lo stesso di uno spot pubblicitario sul territorio?»

 

Valorizzare una destinazione è un obiettivo che richiede visione strategica, e capacità analitiche e tecniche.

In ambito digitale, soprattutto, si sta consolidando un processo irreversibile che ha sostituito (o a limite ha ampliato) i principi classici del marketing territoriale, ormai in parte inefficaci, con nuove forme di comunicazione che garantiscono performance migliori. Il presupposto del successo di queste frontiere - ormai mature – del marketing digitale è fondamentalmente uno: i racconti prodotti dalle persone, e in particolare dai clienti, o da blogger e influencer di settore, risultano più affidabili, più autentici, più veri.

Queste sono ormai figure centrali del marketing digitale, professionisti con cui la nostra agenzia sviluppa costantemente progetti, finalizzati non solo alla valorizzazione del territorio, ma anche di aziende e professionisti, con l’obiettivo di migliorare la loro presenza online e farne aumentare il fatturato.

Se volete saperne di più, contattateci per una consulenza gratuita personalizzata.


Questo articolo è stato realizzato da Linkfloyd Sagl, non fa parte del contenuto redazionale.
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