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FashionIn questi 40 negozi di Basilea troverete fantastici abiti di seconda mano

20.06.23 - 11:00
I vestiti di seconda mano sono la via più veloce verso un’industria della moda sostenibile.
Foto: Hermes Rivera / Unsplash
Circa 92 milioni di tonnellate di tessili finiscono ogni anno nella spazzatura. Tra il 2015 e il 2030, la quantità di rifiuti tessili prodotta dal settore aumenterà di un ulteriore 60 per cento.
Circa 92 milioni di tonnellate di tessili finiscono ogni anno nella spazzatura. Tra il 2015 e il 2030, la quantità di rifiuti tessili prodotta dal settore aumenterà di un ulteriore 60 per cento.
In questi 40 negozi di Basilea troverete fantastici abiti di seconda mano
I vestiti di seconda mano sono la via più veloce verso un’industria della moda sostenibile.
I negozi che li vendono sono però spesso nascosti e sconosciuti. La community di Fashion Revolution Svizzera condivide con noi i migliori negozi di seconda mano di Basilea e dintorni.

In breve

    • Circa 92 milioni di tonnellate di tessili finiscono ogni anno nella spazzatura. Gli abiti di seconda mano sono l’arma migliore verso un’industria della moda sostenibile.
    • La community di Fashion Revolution Svizzera ha condiviso con 20 minuti dove si trovano i migliori negozi di Basilea per acquistare moda di seconda mano. Troverete la panoramica nella mappa di seguito.
    • «Ognuno di noi può emanciparsi dal consumo scriteriato», spiega Jamil Mokhtar, co‑direttore di Fashion Revolution Svizzera. «Se dessimo il giusto valore ai nostri vestiti, ci renderemmo conto di non poter continuare a recarci sette giorni su sette a fare acquisti nei negozi di fast fashion rincorrendo i prezzi più bassi.»

Qual è l’arma più efficace verso un’industria della moda sostenibile? Secondo Oxfam, la risposta è una sola: gli abiti di seconda mano.

È d’accordo anche Jamil Mokhtar, co‑direttore di Fashion Revolution Svizzera. «La sovrapproduzione è spaventosa», spiega il quarantatreenne. Il settore genera circa 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili ogni anno. Nonostante ciò, la produzione di tessili è raddoppiata dal 2000 e tra il 2015 e il 2030 si stima che i rifiuti tessili generati dal settore aumenteranno di un ulteriore 60 per cento. «Gli abiti di seconda mano riducono il consumo di risorse e aumentano il valore che diamo ai vestiti», spiega Mokhtar.

Il co‑direttore e la community di Fashion Revolution Svizzera hanno ora condiviso con 20 minuti dove si trovano i migliori negozi di Basilea in cui acquistare moda di seconda mano:

 

 
Jamil Mokhtar, quanto è pieno il suo armadio?
È pieno. Di tanto in tanto mi compro qualcosa di nuovo ma quando mi capita faccio in modo che l’abito calzi bene e che sia fatto per durare almeno dieci o quindici anni. La qualità e il design sono molto importanti per me. Sono anche disposto a pagare qualcosina in più ma in fin dei conti grazie a questa strategia non spendo più di quanto faccia chi si reca regolarmente da Zara a comprare vestiti a buon mercato.

Lei evita la fast fashion. È anche per questo che è nata Fashion Revolution Svizzera, giusto?
Fashion Revolution è stata fondata come reazione alla tragedia di Rana Plaza. Nel 2013 in Bangladesh è crollato il palazzo in cui venivano prodotti gli articoli di grandi marche come Benetton, Zara o Mango. Nel crollo sono morte più di 1100 persone tra cui molti lavoratori. Fashion Revolution vuole mostrare in modo positivo che per la moda è possibile produrre senza sfruttare le persone o inquinare l’ambiente. Nel 2018, l’associazione è arrivata anche in Svizzera e oggi contiamo quasi 150 membri.

Il crollo è stato un evento tragico. Ma facciamo un passo indietro. Cosa c’è che non va alla base del settore della moda?
Ci sono due grandi disfunzionalità che sono alla base di tutte le altre. Da un lato, c’è lo sfruttamento sociale causato dall’esportazione della nostra forza lavoro in Paesi dove la corruzione dilaga, dove le persone lavorano in condizioni di quasi schiavitù e vengono spremute come limoni. Dall’altro, c’è l’aspetto ambientale. La Terra e le sue risorse sono limitate ma il sovraconsumo di abiti è immenso. La produzione causa il riversamento di sostanze chimiche nelle acque, il trasporto libera quantità enormi di gas di scarico e per finire si pone la questione di cosa fare di tutti questi abiti alla fine del loro ciclo di vita.

Ce lo dica: che succede agli abiti scartati?
L’abbiamo visto tutti: non molto tempo fa, le immagini delle enormi montagne di rifiuti tessili nel deserto cileno erano su tutti i giornali. Ma questo non succede solo in Sudamerica. Anche in Ghana ogni giorno vengono scaricate 160 tonnellate di vecchi vestiti che arrivano spesso dall’Europa. Molti finiscono gettati tra le enormi montagne di rifiuti che circondano la capitale.

Dalla Svizzera possiamo fare qualcosa?
Noi crediamo di sì. Ognuno di noi può emanciparsi dal consumo scriteriato e capire meglio il valore delle cose. Se diamo il giusto valore ai vestiti, è impensabile recarsi sette giorni alla settimana nei negozi fast fashion a caccia di prezzi stracciati. L’obiettivo è arrivare a un livello in cui la gestione consapevole sia al primo posto. E il bello è che si può comunque continuare a vestirsi alla moda. Se non ancora più alla moda.

Il ragionamento è sensato. Ma come si trasforma un serial shopper in un consumatore consapevole?
Non succede dall’oggi al domani. Per prima cosa, occorre essere consapevoli delle circostanze attuali, occorre sviluppare la giusta empatia per le persone e l’ambiente. E infine si tratta di accettare che siamo noi stessi parte del problema. Solo allora è possibile trarre le giuste conclusioni e modificare il proprio comportamento.

L’ultimo punto è il più difficile.
Ma non è impossibile. Sul nostro sito web mostriamo come sfuggire alla fast fashion. Ad esempio, prima di acquistare qualcosa occorre fermarsi a riflettere e domandarsi: ne ho davvero bisogno? O considerare se non sia possibile riparare i vecchi capi o modificarli.

Così si risparmia anche denaro.
Sì. E così si torna anche al discorso dei vestiti di seconda mano. I prezzi per capi di moda etici e sostenibili sono elevati. Tutte le persone lungo la catena produttiva vengono pagate meglio, le quantità prodotte sono inferiori e i materiali sono di qualità migliore. Al movimento viene spesso rimproverato di essere solo per portafogli ben imbottiti. I vestiti di seconda mano sono invece alla portata di tutti. Comprare abiti nuovi richiede una spesa maggiore ma in ogni negozio di seconda mano si trovano capi di ottima qualità a prezzi ragionevoli.

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