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Intelligenza artificiale? «Decuplicato il consumo energetico e in 10 anni possiamo aspettarci di tutto»

Con lo scienziato Federico Cabitza cerchiamo di capire di più sull'interazione uomo-macchina, presente e futura, chiedendoci: è sostenibile?
Con lo scienziato Federico Cabitza cerchiamo di capire di più sull'interazione uomo-macchina, presente e futura, chiedendoci: è sostenibile?

Se non hanno ancora preso il sopravvento nella vita quotidiana poco ci manca. Sì perché, le applicazioni dotate d'intelligenza artificiale (IA) sembrano ogni giorno interessare sempre più aspetti della nostra giornata. Macchine pensanti che, nel mondo del lavoro e del tempo libero, immagazzinano dati, li rielaborano e le restituiscono migliorate.  

Ultima notizia in ordine di tempo è quella relativa al leader assicurativo Helvetia, che ha lanciato l'utilizzo di Clara, un assistente virtuale basato sulla tecnologia ChatGPT di OpenAI, che di fatto consente agli utenti di accedere alle informazioni sui prodotti assicurativi e previdenziali semplicemente conversando con un Chatbot.

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Con Federico Cabitza*, ingegnere e professore associato presso l'Università di Milano-Bicocca, dove è titolare di diversi insegnamenti, tra cui interazione uomo-macchina, sistemi informativi e supporto decisionale, ci chiediamo dove ci sta portando e che giudizio dare a questo nuovo modello d'interazione uomo-macchina.

«Lo giudico positivamente ma con cautela - spiega lo studioso, da due anni nel novero degli scienziati più influenti al mondo, secondo un ranking pubblicato da Stanford - È in corso un'evoluzione continua ed accelerata  e c'è chi paventa anche in un futuro non troppo lontano che non ci sarà più bisogno di formare programmatori perché si potrà programmare le macchine semplicemente descrivendo loro cosa vogliamo che facciano, in linguaggio naturale. Allo stesso modo c'è chi pensa anche i nostri computer non dovranno più avere un sistema operativo ma al loro posto ospiteranno modelli linguistici sempre più potenti». 

C'è però chi intravede dei rischi in tutto questo.
«Il rischio è quello di considerare le macchine capaci di capirci veramente. E quindi quello di fidarci troppo, affidando loro dati sensibili, dimenticando che non sono tenute al segreto professionale e ritenendo questi sistemi erroneamente del tutto simili a noi, perché apparentemente empatici e molto affabili».

Prof. Ing. Federico Cabitza

E per quanto riguarda l'Intelligenza artificiale applicata alle economie domestiche, a cosa fare attenzione?
«È necessario regolamentare il mercato all’interno del quale i consumatori si muovono. Mi riferisco alla profilazione che i sistemi di intelligenza artificiale fanno dei dati raccolti dall'utente, per poi ad esempio elaborare offerte commerciali così profilate e tempestive che, di fatto, sono in grado d'imporre un prezzo in assenza o quasi di concorrenza. È innegabile il rischio di assistere a posizioni dominanti quasi assimilabili a forme di monopolio, basti pensare a Apple, Microsoft, Google, e ai grandi colossi cinesi. Quanto alla salute, sì c'è un rischio di delegare eccessivamente alle macchine attività fisiche ma questo lo vediamo già ad esempio con i monopattini elettrici, che ci tolgono anche la fatica di percorrere a piedi l'ultimo miglio di strada dall'auto alla destinazione finale».

Uno studio Plos One - che ha interpellato 65 esperti d'intelligenza artificiale di Regno Unito e Giappone - stima che nei prossimi dieci anni il 39% delle faccende domestiche verrà svolto - al posto nostro - dai robot e il 60% del tempo che dedichiamo alla spesa verrà svolto da macchine. È credibile?
«È bene precisare che sistemi come Alexa di fatto non creano contenuti particolarmente complessi ma sono sistemi di interpretazione di comandi vocali. Al contrario, per IA si intendono sistemi, come ChatGPT, capaci d'intrattenere una conversazione anche complessa e che è facile prevedere troveranno sempre più spazio nelle nostre case. Detto questo è difficile fare previsioni, in dieci anni possiamo aspettarci di tutto».

In effetti, nel 1991, con l'avvento del Web, in pochi avrebbero immaginato che in 10 anni avremmo letto giornali o ricevuto newsletter online.
«Esattamente, nel 1996, con l'arrivo di Amazon, chi avrebbe potuto prevedere le modalità in cui oggi possiamo fare le nostre spese? E ancora, nel 2007, data del primo iPhone, come immaginare i modi in cui ora rimaniamo in contatto con le persone?

Dunque, più che sul futuro, ci si deve concentrare sul presente.
«Sì, perché oltre al rischio di posizioni dominanti, privacy, e misinformazione non dobbiamo dimenticare il vero grande problema e cioè che non sappiamo ancora veramente relazionarci con questa tecnologia, basti solo considerare il numero di utenti che vi si stanno avvicinando. Ad esempio dal 30 novembre 2022, data dell'introduzione di ChatGpt, questo sistema ha raggiunto 1 milione di utenti in soli cinque giorni, 100 milioni in 2 mesi, mentre solo a Febbraio ogni giorno si sono contati circa 20 milioni di utenti attivi».

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L'assenza di una giusta preparazione la preoccupa?
«Certamente utilizzare un agente conversazionale, in campi dove l'essere umano è più vulnerabile, può essere pericoloso. Ad esempio, può influenzarci proprio là dove siamo più sensibili, sui sentimenti. Ed è molto probabile che assisteremo anche a un supporto da parte di questi interlocutori anche in queste sfere. Possiamo però mitigare il rischio investendo in informazione per sviluppare nelle persone la consapevolezza di cosa stiamo utilizzando, sensibilità nel capire dove possiamo essere vulnerabili e competenze per interagire con questi strumenti al meglio».

Quando si parla di formazione è inevitabile pensare alla scuola.
«La formazione è da perseguire anche nella formazione scolastica, che dovrà essere non più di natura problem solving ma problem framing, cioè di descrizione e comprensione dei problemi. Questo per andare oltre agli elaborati scritti, come compiti in classe o a casa con problemi da risolvere, e farci invece sviluppare un nuovo rapporto dinamico insegnante-studente, dove si impara a inquadrare e analizzare i problemi, anche complessi. In questo modo si elimina anche il rischio di attingere troppo fedelmente e con poco senso critico alle soluzioni che sempre più frequentemente verranno richieste e fornite dagli agenti conversazionali».

Viviamo nell'incertezza relativa all'approvvigionamento elettrico. Ritiene che l'IA comporti consumi elevati in questo senso?
«Non c'è solo un problema di sostenibilità umana, ossia di erosione delle nostre capacità di giudizio e autonomia, ma anche di sostenibilità ambientale: infatti attualmente i sistemi d'intelligenza artificiale decuplicano la quantità di energia che solitamente usa un normale motore di ricerca come Google. Sono consumi rilevanti e faccio qualche esempio: l'uso di ChatGPT in febbraio ha comportato un consumo di circa 120 tonnellate di Co2e, cioè il quantitativo di energia per ricaricare completamente 15 milioni di cellulari. Mentre due soli accessi (prompt) su ChatGPT4 bruciano l'equivalente dell'energia di cui ha bisogno il nostro cervello in un giorno, ossia mezza carica della batteria del nostro telefono portatile. Immagino però che in 1 - 3 anni, visto anche che sistemi simili a ChatGPT saranno implementati anche nei cellulari (edge AI), assisteremo a una riduzione importante dei consumi associati».

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*Prof. Ing. Federico Cabitza è professore associato presso l'Università di Milano-Bicocca (Milano, Italia) dove è titolare di diversi insegnamenti, tra cui interazione uomo-macchina, sistemi informativi e supporto decisionale in diversi corsi di laurea triennale e magistrale, tra cui anche il nuovo corso di laurea interateneo in Artificial Intelligence for Science and Technology. È responsabile del Laboratorio di modelli d'incertezza, decisioni e interazioni del dipartimento d'Informatica. Dal 2016 collabora con diversi ospedali, tra cui l'IRCCS Ospedale Galeazzi e Sant'Ambrogio di Milano (Italia), con cui ha una affiliazione formale e ha fondato il laboratorio d'Intelligenza Artificiale Medica. I suoi interessi di ricerca riguardano la progettazione e valutazione di sistemi d'intelligenza artificiale a supporto dei processi decisionali, soprattutto in ambito sanitario e giuridico, e l'impatto di queste tecnologie sulle organizzazioni che le adottano. È annoverato da due anni nel novero degli scienziati più influenti al mondo, secondo l'elenco Top 2% Scientists di Stanford. È autore con Luciano Floridi del libro Intelligenza Artificiale, l'uso delle nuove macchine, edito da Bompiani.


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