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Tra salvezza e condanna, la Svizzera si contraddice

Il rapporto 2022 di Amnesty International punta il dito contro Berna: «"Un peso e due misure" nell'accogliere i profughi».
Il rapporto 2022 di Amnesty International punta il dito contro Berna: «"Un peso e due misure" nell'accogliere i profughi».

Contraddizioni, disparità di trattamento e violenze della polizia, il rapporto annuale 2022 di Amnesty International non risparmia critiche alla Svizzera.

Il documento denuncia in particolare i doppi standard utilizzati da Berna in risposta al dramma dei profughi ucraini. Una risposta rapida ed efficace che ha permesso a molte famiglie in fuga dalla guerra di trovare rifugio in Svizzera. Una procedura che però non viene attuata quando si tratta di altri profughi e altri drammi umani, secondo l’Ong. Per capire il reale impatto di questi rapporti abbiamo parlato con Alexandra Karle, direttrice della Sezione svizzera di Amnesty.

«Un’analisi obiettiva della situazione dei diritti umani è fondamentale per qualsiasi Paese, che sia retto da un regime dispotico o da una democrazia complessivamente ben funzionante. Conoscere gli aspetti di criticità e mettere in rilievo quali sono le aree in cui è possibile apportare dei correttivi permette di aprire una discussione, che sia a livello politico o di società».

Pensando alla Svizzera, «per esempio con l’adesione alla Convenzione di Istanbul relativa alla violenza sulle donne - in vigore dal 2018 - le critiche da parte di ONG, enti internazionali e nazionali hanno portato all’avvio di un importante processo di revisione del Codice penale in materia di reati contro l’integrità sessuale».

A livello di politica ma anche nell’opinione pubblica «il tema è stato al cuore di importanti discussioni nel corso degli ultimi anni e si è arrivati a una proposta che, seppur non ideale dal punto di vista di Amnesty e altre entità coinvolte, rappresenta un importante passo in avanti verso una migliore protezione dell’autodeterminazione sessuale e delle vittime di violenze sessuali».

Reuters

Perché non è possibile e non c’è la volontà di accogliere tutti i rifugiati come sono stati accolti gli ucraini?

«Contestiamo queste disparità nella volontà di accogliere le persone in fuga. L’accoglienza riservata ai profughi ucraini, immediata e con il coinvolgimento della popolazione, è in forte contrasto con la risposta negativa data dal Consiglio federale nel 2020 alla richiesta di 13 città, oltre 50mila persone e 132 organizzazioni di permettere di accogliere profughi che si trovavano nei campi in Grecia, in cui le condizioni di vita sono estremamente dure.

Dal punto di vista della nostra organizzazione l’unica risposta possibile a questa situazione è il rispetto dei diritti umani di tutte le persone, qualsiasi sia la loro origine, appartenenza etnica o religiosa, l’orientamento sessuale.

Viviamo in un periodo storico in cui domina una retorica del "noi contro loro", in cui una parte politica è alla ricerca continua di "nemici" dai quali doversi difendere. In questa logica probabilmente l’accoglienza, fondamentale, delle persone in fuga dal conflitto in Ucraina è stata anche guidata dalla prossimità geografica, dallo choc per la realtà di un conflitto in Europa e dalla sensazione di una maggiore somiglianza - culturale, religiosa ma anche somatica - con queste persone.

Perché i diritti non vengono tutti trattati allo stesso modo, ma come secondo preferenza?

Facendo un paragone tra Svizzera e Italia riguardo la comunità Lgbtiqa+ vediamo delle enormi differenze, penso per esempio al fatto che qui il popolo ha accolto con favore l’articolo di legge contro l’omofobia mentre in Italia una legge in questo senso è stata respinta in Parlamento nel 2021.

Guardando all’estero proprio alcuni giorni fa in Uganda è stata approvata una legge che prevede il carcere a vita per chi si dichiara omosessuale. Non si può quindi generalizzare, ogni paese è una realtà a sé, con sfaccettature al suo interno.

Una parte importante del nostro lavoro, penso in particolare a quanto viene fatto da Amnesty in Svizzera e altrove con le scuole ma anche con il pubblico adulto, è proprio far passare questo messaggio: i diritti umani sono universali e indivisibili, non ce n’è uno che primeggia sugli altri. 

 

Reuters

"Un peso e due misure" è un cattivo esempio per altri paesi che calpestano quotidianamente i diritti umani. Si tratta di un’incoerenza che incoraggia Paesi come Cina e Arabia Saudita a non rispettare i diritti umani?

L’aggressione russa dell’Ucraina ha, giustamente, suscitato condanne da parte della comunità internazionale e un’azione rapida. Non si è visto da parte della comunità internazionale un intervento altrettanto forte per fermare e indagare i conflitti che uccidono migliaia di persone in luoghi dimenticati quali l’Etiopia, il Myanmar o lo Yemen.

Contemporaneamente violazioni commesse da “stati amici” quali Israele, Arabia Saudita ed Egitto, per fare alcuni esempi, passano sotto silenzio. Anche la Cina è riuscita a sfuggire a una condanna da parte della comunità internazionale per le gravi violazioni commesse nei confronti degli Uiguri e di altre comunità musulmane.

Quando l’equilibrio mondiale è estremamente fragile è fondamentale che la comunità internazionale ribadisca con forza che non esistono violazioni dei diritti umani “prioritarie” mentre altre possono essere ignorate: questo atteggiamento sminuisce l’importanza fondamentale di questi diritti e della necessità di agire insieme a loro difesa e protezione. È necessario rafforzare le regole e mostrare maggiore coerenza per poter garantire un vero e pieno rispetto di diritti e libertà, ovunque nel mondo.

 

Reuters

Sappiamo che istituzioni e polizia tendono ad assumere determinati comportamenti contro le minoranze. Ma perché, benché la cosa ripudi, le cose non cambiano?

La discriminazione è presente in tutte le società, a tutti i livelli, e sarebbe poco realistico aspettarsi che le istituzioni e le forze di polizia possano essere totalmente immuni da questo fenomeno.

Bisogna quindi dotarsi di strumenti adatti a sensibilizzare sul problema e arginarlo – penso ad esempio al divieto esplicito della profilazione etnica, come chiesto alla Svizzera dal Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle persone di origine africana, che denuncia un razzismo sistemico nel nostro paese.

Rispetto ai corpi di polizia c’è il problema, denunciato da anni da Amnesty insieme ad altre organizzazioni della società civile come anche da istanze internazionali, della mancanza in Svizzera misure per garantire delle indagini indipendenti sui comportamenti inadeguati da parte della polizia.

Questo crea un clima di impunità, che certo non aiuta a prendere maggiore coscienza del rispetto dei diritti da parte di chi rappresenta l’autorità. Inoltre, non esistono dati statistici riguardo questi comportamenti inadeguati. È sicuramente necessario fare ancora di più di quanto già viene fatto a livello di formazione degli agenti: un lavoro di educazione al rispetto dei diritti.

 

Reuters

All’inizio della guerra la popolazione svizzera si è mostrata molto generosa verso i rifugiati ucraini. Dopo più di un anno si percepisce un’insofferenza diffusa verso i nostri ospiti. Come mai?

In generale ho l’impressione, questa è la mia opinione personale, che con tutte le situazioni di crisi a un primo momento di reazione emotiva di fronte alla disperazione subentra una forma di "stanchezza": sfuma il sentimento di emergenza anche se nei fatti nei paesi di origine le difficoltà per la popolazione civile rimangono tali se non aumentano.

Stiamo anche vivendo un periodo storico in cui le crisi, da quella sanitaria al conflitto che ha avuto un forte impatto in termini economici, si susseguono senza dare tregua – questo può avere un impatto psicologico molto importante.

Anche questo probabilmente influenza la predisposizione all’accoglienza della popolazione che vive delle difficoltà crescenti nella vita di tutti i giorni e può quindi sviluppare un’insofferenza nei confronti delle persone rifugiate in generale»


Appendice 1

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