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Se al potere c'è l'ultradestra

In Europa e nel mondo i partiti socialdemocratici allo sbando, crisi politica o di valori? Le ragioni, e la storia, di una svolta epocale.
In Europa e nel mondo i partiti socialdemocratici allo sbando, crisi politica o di valori? Le ragioni, e la storia, di una svolta epocale.

Nel mentre che ci si perde in dibattiti storici e analisi sociologiche, la realtà dei fatti è che l'estrema destra governa in molti Paesi europei, tra cui Italia, Ungheria e Svezia, mentre in Germania è appena stata candidata al cancellierato la leader del partito dell'ultradestra Afd Alice Wiedel che, in caso di vittoria, ha già promesso di blindare i confini tedeschi e di espellere in larga scala i richiedenti asilo presenti nel Paese.

In Austria, invece, Herbert Kickl, leader del Partito della Libertà dell'Austria, ha ricevuto l'incarico di formare un nuovo governo e il suo eventuale cancellierato pone dei dilemmi storici notevoli dato che, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale non vi è mai stato un governo di estrema destra al potere. Il partito Fpö, infatti, è un partito nazionalista e ultra conservatore, e tra i tanti progetti che coltiva vi è quello di rimpatriare i migranti austriaci per formare una società più omogenea.

Negli Stati Uniti, poi, questo lunedì 20 gennaio si assisterà al ritorno alla carica presidenziale di Donald Trump, esponente del partito repubblicano le cui idee sono ormai note ai più, e cavalcano il populismo più spinto, promettendo, di volta in volta, la deportazione in massa delle persone migranti o una serie di guerre commerciali a colpi di dazi.

IMAGO/photonews.atHerbert Kickl, leader del Partito della Libertà dell'Austria.

Più poverta, migrazione e instabilità - È circa un decennio che si assiste al prepotente ritorno al successo dei partiti di estrema destra, ma mai come lo scorso anno questi ultimi hanno raccolto un così ampio consenso popolare. Alcuni studiosi riconducono tale successo allo scoppio della crisi finanziaria del 2007-2008, e alla drammatica ondata migratoria che ne è conseguita, oltre che al problematico quadro geopolitico attuale dominato dalla guerra in Ucraina e dall'instabilità del Medio Oriente e del Nord Africa.

I Paesi europei si sono trovati a fare i conti con l'aumento del fenomeno migratorio e l'impoverimento delle casse statali, e il mix di entrambi questi fattori ha fatto sì che, come sempre accade in periodi di crisi, la popolazione spaventata e insicura abbia serrato le fila intorno a coloro che si sono proposti di risolvere i loro problemi.

IMAGO/ANPL'olandese Geert Wilders, leader del Partito per la Libertà.

La questione migratoria è storicamente l'argomento fondante delle correnti politiche di estrema destra per trovare un comodo capro espiatorio alla crisi corrente e convincere i propri elettori che «sia tutta colpa dei migranti» se il proprio Paese non riesce più a garantire certi standard di occupazione o di sostegno sociale, e non è un caso che tutti i partiti della destra radicale abbiamo in cima alla lista dei propri programmi proprio la lotta all'immigrazione e la chiusura dei propri confini nazionali.

Tale modo di vedere è stato espresso chiaramente, ad esempio, da Geert Wilders, fondatore e leader dl Partito per la Libertà in Olanda, il quale ha più volte dichiarato che «le persone indigene vengono ignorate a causa dell'immigrazione di massa. Ora dobbiamo pensare per primo alla nostra gente. Confini chiusi. Zero richiedenti asilo».

Imago/Zuma Press WireViktor Orban a Bruxelles nel 2015.

Orbán il primo, ma non l'ultimo - Quando nel 2010 venne eletto Viktor Orbán, leader di Fidesz, partito ultra conservatore di estrema destra, l'Europa democratica guardò con preoccupazione alla situazione ungherese, ma forse si convinse troppo velocemente che certi concetti, quali quelli di “razza mista”, non potessero trovare terreno fertile nella società liberale moderna.

Eppure, secondo un sondaggio del 2022, il 57% degli ungheresi “approva fortemente” l'operato di  Orbán il quale, lo stesso anno, in occasione di un suo discorso in Romania sostenne che gli ungheresi non fossero e non volessero diventare una razza mista, appunto, mentre i Paesi che accettavano questo stato di cose «non sono più nazioni ma un mero agglomerato di popoli».

Anche nei Paesi del nord Europa, da sempre considerati un modello di società democratica, i partiti politici di estrema destra hanno mietuto successi e se la Svezia ha un governo di coalizione che comprende anche i Democratici Svedesi, lo stesso può dirsi della Finlandia con il partito Veri Finlandesi.

Anche in Norvegia e in Danimarca, si assiste a un crescente consenso popolare nei confronti dei partiti ultra conservatori, dovuto, secondo Susi Meret, professoressa associata all'università danese di Aalborg, «all'idea che la cultura sia minacciata dalla diversità culturale».

Come detto dalla docente su International Press Agency «la socialdemocrazia danese ha cooptato diverse delle posizioni che dieci o quindici anni fa erano dei partiti di destra radicale, le ha portate all'interno del Parlamento europeo e le ha sdoganate come Socialdemocrazia».

IMAGO / Andre LentheAlice Weidel, co-presidente del partito Alternative für Deutschland (Afd)

«Hitler? Era un socialista» - L'idea, quindi, è quella di dare ai partiti della estrema destra una nuova immagine più al passo con i tempi, fornendo una nuova legittimazione a dei messaggi politici che, di fatto, si riferiscono a idee illiberali e conservatrici. Da qui anche l'elezione di donne a capo dei partiti di destra che, sempre secondo la Meret, «sono state usate ovunque in modo strategico per avvicinarsi all'elettorato con una facciata rispettabile».

Non è un caso che Elon Musk, nel sostenere la candidatura di Alice Weidel abbia fatto leva proprio sull'immagine pubblica della stessa, compagna di una donna originaria dello Sri Lanka e mamma di due figli adottivi, interrogandosi con fare ironico se tutto ciò fosse “una cosa alla Hitler” e rispondendosi ovviamente di no.

Un tentativo, anche questo, di promuovere una nuova immagine della destra radicale nonostante la stessa Weidel, proprio in collegamento con Musk su X, abbia definito “Hitler un comunista” sostenendo che “il più grande successo dopo quell'epoca terribile della nostra storia è stato quello di etichettare Hitler come di destra e conservatore mentre era l'esatto opposto (…) un comunista, un socialista e noi siamo l'opposto”.

IMAGO/Zuma PressGiorgia Meloni ed Elon Musk, in una foto scattata a Palazzo Chigi nel giugno 2024.

Resistere al sovranazionalismo - Sul tema dell'avanzata della destra radicale nei Paesi occidentali, è stata pubblicata sul Tages Anzeiger un'interessante intervista ad Oliver Zimmer, professore all'Università di Oxford fino al 2022 e direttore di ricerca presso l'Istituto privato svizzero a Crema.

Secondo il ricercatore, il cambiamento politico in atto in Europa ha reso «ampiamente riconosciute» delle posizioni politiche che, fino a qualche anno fa, sarebbero state liquidate come «razziste o fasciste», come la richiesta di espulsione degli stranieri rei di aver commesso dei reati penali. Zimmer indica come molto pericoloso il fatto che “il pensiero dei partiti politici più consolidati stia diventando sempre più omogeneo”.

Secondo lo studioso, la recente ondata populista in Europa si pone come una sorta di resistenza a quella che lui chiama “il sovranazionalismo”, ossia una sorta di politica comune determinata dai tribunali e dagli accordi internazionali. La mancanza di una visione politica chiara e contrapposta da parte dei maggiori partiti politici, ha allontanato le persone da questi ultimi perché disillusa dalla «mancanza di alternative».

IMAGO/Sipa USASupporter di Donald Trump a un comizio elettorale a Phoenix, Arizona.

Quel sottoproletariato bianco emarginato - Zimmer che ha vissuto a lungo in Inghilterra ritiene che in una società che si definisce multiculturale, come quella britannica, si tratti con disprezzo il cosiddetto sottoproletariato bianco «visto come composto da esseri inferiori e politicamente reazionari», spingendo queste persone, così come capitato negli Usa con i sostenitori di Donald Trump, a radicalizzarsi in posizioni sempre più di estrema destra.

Altrettanto deludente è il ruolo svolto dalle scienze sociali che, sul tema «si limitano a dire che la democrazia è in pericolo senza dire nient'altro» cioè senza chiedersi se uno dei problemi sia proprio la mancanza di una approfondita analisi dei reali motivi per cui esisterebbe tale pericolo che, d'altra parte, fa esso stesso parte di una società realmente democratica.

Secondo Zimmer, infatti, «la democrazia è sempre un rischio e se si vuole eliminare il rischio non si ha più democrazia. Una democrazia liberale e pluralista deve essere anche in grado di tollerare atteggiamenti radicali: ciò comporta un rischio senza il quale non c'è libertà».


Appendice 1

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IMAGO/photonews.atHerbert Kickl, leader del Partito della Libertà dell'Austria.

IMAGO / Andre LentheAlice Weidel, co-presidente del partito Alternative für Deutschland (Afd)

IMAGO/Zuma PressGiorgia Meloni ed Elon Musk, in una foto scattata a Palazzo Chigi nel giugno 2024.

IMAGO/ANPL'olandese Geert Wilders, leader del Partito per la Libertà.

Imago/Zuma Press WireViktor Orban a Bruxelles nel 2015.

IMAGO/Sipa USASupporter di Donald Trump a un comizio elettorale a Phoenix, Arizona.

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