Nell'era della IA il lutto si affronta chattando con il defunto

Fa discutere una delle nuove frontiere del digitale, ovvero la ”grief tech“ che utilizza l'intelligenza artificiale per creare avatar dei cari estinti, con cui interagire.
Arthur Schopenhauer affermava che «il grande dolore che ci provoca la morte di un buon conoscente e un amico deriva dalla consapevolezza che in ogni individuo v'è qualcosa che è solo suo, e che va perduto per sempre».
Le sue parole esprimono una verità universale: quando perdiamo una persona cara, comprendiamo di aver perso la sua unicità, qualcosa che non potrà mai più essere recuperato. La morte interrompe i legami d’affetto e d’amore, che sopravvivono solo nel ricordo ma non più nella concretezza della vita reale.
Oggi, tuttavia, l’idea di una sorta di immortalità digitale non appare più tanto lontana. L’intelligenza artificiale rende possibile la creazione di cloni digitali delle persone defunte, capaci di muoversi, parlare e interagire. Un fenomeno, quello della “resurrezione” via chatbot, che è ormai diffuso a livello globale che ha le sue origini in Asia
Il cantante che riportò in vita sua figlia - Un esempio emblematico è quello del cantante taiwanese Bao Xiabo, che ha fatto rivivere la figlia morta a ventidue anni attraverso l’A.I. In occasione del compleanno della moglie, Bao ha pubblicato un video in cui la figlia “digitale” canta e parla con la madre.
Per il cantante, l’intelligenza artificiale è “uno strumento per esprimere un desiderio, un modo per esprimere la mancanza di qualcuno”. Spinto dal dolore, Bao ha persino conseguito un dottorato di ricerca sull’AI per comprenderne meglio le potenzialità e usarla come mezzo di conforto.
Immagine generata da ChatGPTLe reazioni dell’opinione pubblica - La vicenda ha diviso l’opinione pubblica. Molti hanno visto nella scelta di Bao un modo toccante per superare il lutto, mentre altri hanno denunciato il rischio che tali esperienze impediscano una reale elaborazione della perdita, mantenendo le persone prigioniere del passato.
Bao stesso, consapevole delle critiche, ha dichiarato di sapere che la figlia digitale non è reale e che, pur essendo considerato «pazzo» da alcuni, per lui la cosa più importante resta poterla rivedere e ascoltare ancora.
Cloni digitali e aziende dell’aldilà tecnologico - Il caso di Bao non è isolato. L’interesse per i cloni digitali cresce rapidamente, soprattutto in Cina, dove l’uso dell’A.I. per creare avatar è un mercato in espansione.
Il fondatore di SenseTime, Tang Xia’ou, deceduto nel 2023, è apparso in forma digitale a un’assemblea aziendale, grazie a un modello addestrato su video e registrazioni. Secondo le stime, il valore del mercato degli avatar digitali passerà dai 12 miliardi di yuan del 2022 a quasi 48 miliardi nel 2025.
Aziende come la Fu Shou Yuan International Group offrono già memoriali digitali ospitati su cloud. Un’altra società, Super Brain, è tra le leader del settore: il fondatore Zhang Zewei racconta che tutto è iniziato dalla richiesta di un padre di poter “parlare” con il figlio morto in un incidente. L’azienda oggi riceve centinaia di ordini l’anno, con prezzi che vanno da poche centinaia a centomila yuan per un chatbot personalizzato.
DepositIl boom del settore “del lutto” digitale negli States - Negli Stati Uniti, il fenomeno segue la stessa traiettoria. Il giornalista Jason Fagone ha raccontato la storia di un uomo che, grazie al software Project December, ha creato un chatbot della fidanzata defunta, addestrato sui suoi vecchi messaggi.
Questa esperienza lo ha aiutato a superare gradualmente il dolore. Anche Stephen Smith, CEO di StoryFile, ha mostrato come la tecnologia possa “resuscitare” i morti, videochiamando la madre defunta che, in forma digitale, ha persino salutato i presenti al suo funerale.
Avatar sempre più realistici - Le moderne versioni digitali dei defunti sono sempre più realistiche, grazie a strumenti come ChatGPT, capaci di replicare voci, movimenti ed espressioni.
Aziende come HereAfter AI o StoryFire creano biografie digitali delle persone ancora in vita, raccogliendo dati, racconti e ricordi per generare archivi multimediali che i familiari potranno ascoltare o vedere dopo la loro morte. In questo modo, il ricordo diventa un’esperienza interattiva e potenzialmente eterna.
Il costo di queste operazioni è tutt'altro che contenuto, si parla anche di 200mila dollari per un avatar complesso (in gergo chiamato “legacy avatar”, avatar-eredità) realizzata da quella che ormai viene già chiamata “Grief Tech”, ovvero, letteralmente, tecnologia dell'elaborazione del lutto.
DepositTra conforto e pericolo psicologico - Sebbene molti trovino conforto in questi cloni, altri temono che possano impedire una corretta elaborazione del lutto. Lo psicologo Wang Qiang ha sottolineato che tali esperienze possono creare falsi legami emotivi, con conseguenze negative sulla salute mentale. Uno studio del 2022 sulla rivista Science and Engineering Ethics ha ribadito che accettare la morte implica riconoscerla pienamente, mentre i “deathbots” rendono più difficile farlo.
Anche la psicologa Erin Thompson ha espresso preoccupazione: secondo lei, nella fase acuta del dolore, interagire con cloni digitali può amplificare il senso di irrealtà e impedire la guarigione. In certi casi, il dolore potrebbe trasformarsi in una forma patologica, alimentata dalla continua interazione con una “presenza” che non esiste più.



