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La bomba che non c'è

Parte del programma nucleare dell'Iran è avvolto nel mistero. Ufficialmente i suoi obiettivi sono pacifici, ma secondo molti la Repubblica Islamica avrebbe già un ampio arsenale di armi nucleari
Parte del programma nucleare dell'Iran è avvolto nel mistero. Ufficialmente i suoi obiettivi sono pacifici, ma secondo molti la Repubblica Islamica avrebbe già un ampio arsenale di armi nucleari

Nella notte del 13 giugno, Israele ha dato via all'operazione 'Rising Lion', leone nascente, contro l'Iran, danneggiando diversi obiettivi strategici militari e siti di produzione nucleare, e uccidendo anche il comandante delle Guardie Rivoluzionarie Hossein Salami, il capo dello Stato maggiore delle forze armate iraniane Mohammad Bagheri, e il consigliere politico di Ali Khamenei Ali Shamkani. Nell'ambito delle operazioni militari israeliane sono stati uccisi, come riportato dal New York Times, anche due scienziati nucleari iraniani, Fereydoun Abbasi, ex capo dell'Organizzazione dell'Energia Atomica iraniana, e Mohammad Mehdi Tehranchi, fisico teorico e presidente dell'Università islamica Azad a Teheran.

La reazione dell'Iran ai pesanti attacchi subiti è stata immediata, e la tensione nella regione mediorientale, già fortemente scossa dalla situazione di Gaza, è divenuta ancora più alta. Il nome 'Rising Lion' scelto per l'operazione militare contro l'Iran ha un significato preciso, e fa riferimento all'effige del leone presente nella bandiera iraniana prima della rivoluzione religiosa del 1979 che vide la destituzione dello scià e l'instaurazione della Repubblica Islamica. L'intento del governo israeliano, quindi, è quello dichiarato di fermare l'ascesa nucleare del Paese, ma anche quella di rovesciare il regime degli ayatollah, già fortemente criticato in questi anni dalla popolazione iraniana in cerca di una maggiore libertà di espressione e di partecipazione democratica.

AFPLe rappresaglie iraniane all'operazione Rising Lion; i missili lanciati da Teheran squarciano i cieli sopra Gerusalemme.

A parte questo, però, la motivazione primaria dell'operazione israeliana resta quella di frenare la produzione nucleare dell'Iran per scopi non civili dopo che l'Aiea, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, ha prodotto lo scorso 31 maggio delle prove scientifiche comprovanti l'esistenza di un programma nucleare militare segreto iraniano attivo fin dai primi anni del Duemila. Come ricordato da Wired, infatti, il Paese «possiede già materiale fissile sufficiente per costruire una decina di ordigni nucleari», e ciò costituisce una grave minaccia per lo Stato di Israele, da sempre stretto tra Paesi a lui ostili. «Non possiamo lasciare queste minacce alla prossima generazione - ha dichiarato Netanyahu - perché se non agiamo ora non ci sarà una prossima generazione».

Atomi a stelle e strisce
Del programma nucleare iraniano si discute da decenni, ma, come tutte le cose perse nel tempo, spesso si parla senza tenere a mente dei fatti storici fondamentali per capire meglio anche la situazione presente. Nel caso in esame, ad esempio, è bene ricordare che, negli anni Cinquanta del Secolo scorso, furono proprio gli Stati Uniti a sostenere la nascita di un programma nucleare in Iran grazie all'iniziativa 'Atoms for peace' voluta dal presidente americano Dwight Eisenhower. La scelta degli Stati Uniti di fornire all'allora Persia il primo reattore di ricerca e il combustibile nucleare fu giustificata dalla volontà di contenere, in epoca di Guerra Fredda, l'espansione dell'Unione Sovietica nella regione e rafforzare i rapporti diplomatici ed economici con la Persia dello scià Reza Pahlavi all'epoca allineata con i Paesi occidentali.

Nel 1970, l'Iran accettò che il suo programma nucleare a uso civile fosse oggetto di ispezione da parte dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, mentre nel 1975, la neo costituita Aeoi, Atomic Energy Organization of Iran, diede avvio alla costruzione della prima centrale a uso civile a Byshehr, con l'aiuto dell'allora Germania Ovest. Con il sopraggiungere della Rivoluzione islamica del 1979, i rapporti tra Occidente e Persia si ruppero, portando l'ayatollah Ruhollah Khomeini a interrompere i rapporti con quei Paesi che, a suo dire, rappresentavano il male assoluto, con la loro sbandierata corruzione dei costumi, e gli Stati Uniti, visti come il “Grande Satana”. A peggiorare ancora di più la situazione intervenne la guerra scoppiata tra l'Iraq e l'Iran, tra il 1980 e il 1988, che indusse quest'ultimo a ritenere che i tempi fossero maturi per dare ulteriore slancio al proprio programma nucleare per scopi militari.

AFPUno dei bersagli colpiti da Israele a Shahran, a nord-ovest dalla capitale Teheran.

Un programma non più gradito
Iniziò da allora un lungo periodo di tensione durante il quale i Paesi occidentali, primo fra tutti gli Stati Uniti, cercarono di ostacolare tale programma a colpi di durissime sanzioni economiche che indebolirono l'economia iraniana facendone pagare lo scotto maggiore alla popolazione civile. Il programma nucleare subì una battuta d'arresto per molti anni e poi, negli anni Novanta, riprese grazie all'aiuto della Cina e della Russia. L'Iran, da parte sua, garantì sempre di non aver avviato alcun programma nucleare militare, e nel 2003, l'ayatollah Khamenei emanò addirittura una fatwa, ossia un editto religioso, per vietare la produzione di armi nucleari.

Le prove raccolte nel tempo, però, diedero conferma dell'esistenza di tale programma nucleare per uso non civile: nel 2002, un gruppo di esuli iraniani rivelarono la presenza nel Paese di due impianti nucleari segreti mai indicati all'Aiea: quello di Natanz, recentemente colpito dai raid israeliani e il reattore di acqua pesante di Arak. Nel 2009, inoltre, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia svelarono l'esistenza di un sito di arricchimento dell'uranio in fase di costruzione nel villaggio di Fordow, nascosto a una profondità di oltre ottanta metri nelle montagne vicino alla città di Qom. Davanti a tali evidenze, anche Israele, altro Stato nemico per l'ayatollah, intraprese delle azioni di sabotaggio informatico ai danni del Paese, come Stuxnet nel 2010, e uccisioni, mai rivendicate, di numerosi scienziati iraniani, come nel caso di Mohsen Fakhrizadeh, freddato da una scarica di mitragliatrice attivata da remoto.

Dopo anni di tensione e recriminazioni reciproche, il 14 luglio del 2015 a Vienna il presidente riformista Hassan Rouhani firmò il Jcpoa act, Piano di azione onnicomprensiva congiunto, una intesa fortemente voluta dal presidente Barack Obama e sostenuta anche dalla Gran Bretagna, Francia, Germania, Cina e Russia, che prevedeva una riduzione delle sanzioni economiche ai danni dell'Iran a fronte della rinuncia a sviluppare un progetto atomico. Sembrava si fosse sulla buona strada per una soluzione pacifica della questione quando, nel 2018, fu il presidente Donald Trump a ritirarsi dall'accordo, tornando ad applicare nei confronti dell'Iran delle pesanti sanzioni e isolandolo sul piano internazionale. A oggi, alla luce degli attacchi israeliani nel Paese, i colloqui sul nucleare in corso tra l'Iran e gli Stati Uniti sono stati annullati e «dichiarati inutilix dalla diplomazia iraniana. Il ministro degli Esteri di Teheran Esmaeil Baqaei ha dichiarato, a tal proposito, «che non è possibile affermare contemporaneamente di stare negoziando e parlando per raggiungere un'intesa su una questione, mentre si permette a un regime razzista di violare l'integrità territoriale dell'Iran».

AFPDonald Trump, Ali Khamenei e Benjamin Netanyahu: un triangolo pericoloso.

Un arsenale nucleare segreto?
Alla luce dell'attuale scenario internazionale, la soluzione a un problema così complesso appare sempre più lontana. Gli esperti valutano molto negativamente la possibilità che l'Iran possieda degli armamenti nucleari perché ciò destabilizzerebbe fortemente la regione e indurrebbe anche altri Paesi mediorientali a cercare di avere una capacità nucleare simile in risposta a questo stato di cose. Vi è inoltre il potenziale pericolo di un trasferimento di tecnologia nucleare a Stati radicali o a delle organizzazioni internazionali.

Nello scenario descritto, però, non può non notarsi una contraddizione: l'Iran è membro dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica e, nonostante il loro rapporto di collaborazione sia spesso difficoltoso e complesso, viene sottoposto ai controlli previsti da tale organismo internazionale. L'Iran, inoltre, ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare, Tnp. Anche Israele aveva aderito all'Aiea nel 1957, per poi cessare ogni collaborazione formale nel 1969 con riguardo al sito nucleare di Dimona, e non ha mai aderito al Trattato di non proliferazione nucleare per cui non può essere sottoposto agli stessi controlli degli altri Stati firmatari, potendo tenere in tal modo il proprio programma nucleare al di fuori dei controlli dell'Aiea. Per Riccardo Pennisi, analista di geopolitica per l'Aspen Institute, intervistato sul Fatto Quotidiano si stima che Israele possa avere «dalle novanta alle duecento testate nucleari» oltre a «sottomarini nucleari comprati dalla Germania, aerei che possono portare armi nucleari arrivati dagli Stati Uniti e missili terra-terra di fabbricazione israeliana” motivo per cui “imporre all'Iran che Israele sia l'unico Paese con le armi nucleari della regione è insostenibile».


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