Istituzione centenaria dello sport americano costretta a fare i conti con il suo passato razzista e maschilista.
Nell'immaginario collettivo, il golf è uno sport d'élite per annoiati ricconi in pantaloncini e maglietta. La battuta di Groucho Marx «non mi sento bene, ho bisogno di un dottore. Telefona al più vicino campo da golf» riassume bene l’idea di esclusività che per anni ha circondato questa disciplina.
Se oggi qualcosa è cambiato, sopravvivono ancora molte vestigia di quel passato. Una su tutte è l’Augusta National Golf Club, nella città omonima della Georgia, considerato il golf club più esclusivo al mondo. Fondato nel 1932 da Bobby Jones e Clifford Roberts, ospita il prestigioso Masters Tournament.
Un'élite del green - Inizialmente penalizzato dalla Grande Depressione, l’Augusta Golf Club ha conosciuto una crescita costante fino a diventare simbolo di prestigio. Dal 1948 è stato frequentato anche dal presidente Dwight D. Eisenhower, al quale fu dedicata una residenza privata all’interno del club. Con circa trecento membri ammessi solo su invito, non esiste un processo di candidatura aperto. Le regole sono rigide: non si può correre né parlare ad alta voce, pena l’espulsione. Il livello di cura e lusso delle strutture è maniacale, con cantina pregiata, studi TV e ristorante per la stampa.
I membri sono riconoscibili dalla celebre giacca verde con il logo del club sul bavero sinistro, obbligatoria durante la permanenza. Essere invitati a far parte dell’Augusta National è un privilegio riservato a pochissimi. Fino a tempi recenti, l’accesso era limitato a uomini bianchi, ricchi o celebri. Attualmente, tra i soci figurano nomi come Bill Gates, Warren Buffett e Roger Goodell. La quota d’iscrizione oscilla tra i 40.000 e i 500.000 dollari, con tasse annuali comprese tra i 10.000 e i 50.000 dollari.
L'ombra di un passato razzista - L’esclusività del club è stata per decenni accompagnata da un chiaro razzismo. Il co-fondatore Clifford Roberts è noto per aver detto: «Finché io sarò in vita, tutti i golfisti saranno bianchi e tutti i caddie saranno neri». Solo nel 1975 un uomo di colore, Lee Elder, partecipò al Masters. Anche se eliminato subito, la sua presenza fu un punto di svolta in un’epoca in cui la PGA escludeva i neri con una «clausola caucasica». Il primo socio nero, Ton Towsend, fu ammesso solo nel 1990.
Nel 1983, il golfista di colore Calvin Peete dichiarò al New York Times quanto fosse offensiva la domanda sulle “tradizioni” dei Masters, paragonandola al chiedere a uno schiavo come si sentisse riguardo ai suoi antenati. Sebbene Tiger Woods abbia riconosciuto i progressi del club verso una maggiore diversità, molte sue pratiche rimangono ancorate al passato.
Nel 2008, il giornalista Kenton Makin osservò che al torneo gli spettatori erano quasi tutti bianchi e il personale di colore. Anni dopo, definì il Masters «una ideologia legata alla supremazia bianca».
Un bastione esclusivamente maschile - Anche per le donne l’Augusta National ha a lungo rappresentato un bastione inaccessibile. Solo nel 2012 furono ammesse le prime due socie: Condoleezza Rice e Darla Moore.
Dieci anni prima, la denuncia pubblica di Martha Burk contro il presidente del club, Hootie Johnson, aveva sollevato un caso nazionale. Johnson difese il club come “privato” con diritto morale e legale a scegliere chi ammettere. Dal 2019, è stato introdotto anche un torneo femminile amatoriale, ma il passato sessista resta una macchia visibile.
Davvero alla portata di tutti? - Secondo Il Post, molte persone credono che l’Augusta sia alla portata di tutti perché i biglietti del Masters hanno prezzi accessibili e il cibo è economico. In realtà, i biglietti vengono assegnati tramite lotteria con probabilità minime di vincita. Chi non riesce ad aggiudicarseli, deve pagarli migliaia di dollari sul mercato secondario. Tutto è costruito ad arte: il prato viene tinto, i laghetti colorati, la sabbia realizzata frantumando quarzo bianco purissimo.
Anche i giornalisti sono trattati con attenzione strategica: il New Yorker racconta di un edificio stampa sontuoso e banconi con cibo gourmet per influenzare i reportage. L’Augusta rinuncia volutamente a incassi milionari per mantenere un’aura di esclusività, scegliendo cosa mostrare e a chi. Secondo Forbes, nel 2002 rinunciò a 270 milioni di dollari da sponsor e diritti TV per mantenere il controllo dell’immagine.