Per alcuni sono comode. Per altri un problema, soprattutto sul fronte della sicurezza. Ecco le città che hanno deciso di ribellarsi.
Lo scorso novembre, una circolare del Ministero dell'Interno italiano ha vietato l'uso delle key box e la pratica del self-check. È diventata una pratica diffusa nell'ambito delle locazioni turistiche che l'affittuario, servendosi di queste cassette, non provveda a identificare e raccogliere i documenti dell'ospite di persona ma a distanza, servendosi di strumenti di riconoscimento più o meno sofisticati, come WhatsApp o l'installazione di applicazioni appositamente studiate per questo scopo.
Per la consegna delle chiavi, poi, il titolare delle strutture ricettive trasmette un codice numerico da digitare sulla pulsantiera, sbloccando la porta da remoto, e successivamente le chiavi vengono lasciate nella keybox apposita.
Secondo Roma, tale procedura non rispetta gli standard di sicurezza imposti a chi si occupa della gestione di strutture ricettive, dato che appare evidente che chiunque, in mancanza di un riconoscimento de visu, può servirsi di documenti altrui per soggiornare in una determinata struttura, senza che né l'affittuario né gli agenti di pubblica sicurezza siano informati della sua permanenza in quel luogo.
Il dilemma della sicurezza pubblica - Se da una parte, quindi, è innegabile che il check in 'fai da te' costituisca un'indubbia comodità per coloro che offrono ospitalità ai turisti, sgravandoli dall'onere di dover incontrare di persona l'ospite in orari e luoghi spesso scomodi, d'altra parte gli stessi non possono prescindere dai doveri imposti dalla pubblica sicurezza. Per esempio, considerando il caso dell'Italia, la trasmissione dei dati degli ospiti entro ventiquattro ore dal loro arrivo alla Questura di competenza.
A fronte di un intensificarsi del turismo di massa in tutte le principali città d'arte italiane, la presenza di un numero crescente di key box ha sollevato anche problemi di ordine estetico e pratico. Piccole scatole porta-chiavi sono spuntate ovunque, attaccate ai muri, sulle inferriate, sui pali stradali e rastrelliere delle biciclette permettendo, come scritto su Wired, «a migliaia di abitazioni di trasformarsi in micro-alberghi automatizzati e aumentando a dismisura l'offerta di alloggi turistici nei centri storici».
Overtourism, il nuovo nemico delle città d'arte - Si spiega così il fatto che le keybox siano divenute, in breve tempo, l'odiato simbolo dell'overtourism nelle città d'arte italiane, nelle quali sempre più appartamenti, grazie alla loro gestione automatizzata, vengono sottratti al mercato immobiliare classico per essere affittati per brevi periodi di tempo ai turisti.
Secondo i dati forniti dall'Aigab, l'Associazione italiana gestori affitti brevi, oltre seicentomila immobili in Italia sarebbero destinati al mercato degli affitti brevi, gestiti direttamente dai proprietari o da operatori specializzati nel settore, per un totale di oltre due milioni e mezzo di posti letto
Firenze si ribella: L'ulteriore conseguenza di questo stato di cose è la crisi delle abitazioni e lo spopolamento dei centri storici. Firenze, dove si stima che un appartamento su cinque sia destinato agli affitti brevi, è stata la prima città italiana ad essersi ribellata a questo stato di cose, complice anche l'attivismo dell'associazione Salviamo Firenze che ha iniziato a segnalare le keybox presenti sul territorio apponendovi sopra degli adesivi rossi a forma di X.
L'amministrazione comunale, quindi, ha deciso di interdire l'uso di queste cassette in tutta la zona Unesco di Firenze, stabilendo che potessero essere installate solo a due chilometri di distanza dal centro storico cittadino.
Robin Hood delle Key Box - L'esempio di Firenze è stato seguito a breve distanza da Roma, dove gli attivisti hanno coperto le keybox con dei cappellini simili a quello indossato da Robin Hood, a Bologna, Napoli e a Milano, dove queste sono state marcate di adesivi gialli e lilla.
A Venezia le key box sono state coperte da adesivi rossi recanti la scritta 'Tu casa era mi casa', ossia la tua casa un tempo era mia, a segnalare anche nella città lagunare il livello di tolleranza nei confronti dell'overtourism è arrivato ormai al limite.
Vi è da dire che le città d'arte hanno tentato da tempo di frenare questa deriva, ma le limitazioni introdotte hanno trovato una dura resistenza da parte di coloro che hanno fatto di questa attività un business molto redditizio.
Tenaglie e taccuino delle multe - L'azione “dal basso” ha portato, almeno in alcuni centri, a un cambiamento reale. A partire dal 25 febbraio, infatti, è proprio nel capoluogo toscano che è iniziata ufficialmente la lotta delle autorità alle “scatolette”.
Ci sono voluti quindi un paio di mesi prima che il Municipio rendesse legge la direttiva emanata dal Viminale, formalizzando il divieto il 10 febbraio e conferendo 10 giorni ai proprietari di casa per rimuoverle. Dopo di che è iniziata l'azione di rimozione (e sanzione, fino a 400 euro di multa) da parte dei vigili.
Lo stesso sta succedendo, da inizio anno, in quel di Roma con un'azione più “a singhiozzo” che dovrebbe intensificarsi - scrive Repubblica - proprio in questi giorni. Obiettivo dichiarato sono centinaia (le stime ufficiali ne hanno contate più di 400) box anche in location del centro sotto protezione Unesco.
E a Venezia, invece, c'è chi spera che tutto questo possa (presto) diventare realtà anche se - da parte dell'amministrazione della città lagunare - le cose sembrano ancora piuttosto lente.
Un problema anche europeo - Il problema del dilagare delle keybox non riguarda solo l'Italia ma sempre più Paesi europei, dove si stanno adottando delle misure per limitarne, se non proibirne, l'utilizzo. Come riferito dal Post, Dublino è l'ultima capitale europea in ordine di tempo ad aver deciso di rimuovere le key box attaccate un po' ovunque in maniera disordinata.
Se ne trovano, infatti, appese ai cartelli stradali, alle rastrelliere delle biciclette o ai lampioni, motivo per il quale è stato deciso di risparmiare dalla rimozione solo quelle che si trovano all'ingresso dell'immobile da affittare.
L'amministrazione comunale ha deciso di adottare questo provvedimento per ragioni di sicurezza dato che, nelle strade di maggior interesse turistico, si è assistito nel tempo ad un accumulo indiscriminato di cassette vecchie, e non più utilizzate, con quelle più nuove ed in funzione.
«Possono rappresentare un rischio di inciampo - ha riferito al Guardian un membro del consiglio cittadino - le unità sono lasciate a terra senza alcuna protezione, con conseguenti problemi pubblici in quanto potrebbero essere contaminate».
15 scatolette attaccate a un palo - Secondo il consiglio comunale, le keybox dovrebbero essere montate «a parete e situate accanto all'ingresso di una casa o di un appartamento (…) mentre sta diventando sempre più comune, nel centro di Dublino, che siano collocate in luoghi di pubblico dominio, attaccate a supporti per biciclette ai pali della segnaletica stradale».
Lo stesso consigliere comunale Dermot Lacey, che ha guidato la campagna contro le box unitamente all'amministratore delegato del consiglio Richard Shakespeare, ha dichiarato di averne contato quindici appese in un solo palo della luce. Per far fronte a questa situazione, si è quindi deciso di rimuovere le cassette porta-chiavi non rispondenti ai requisiti posti dal consiglio comunale, ossia l'essere apposte nella facciata dell'immobile interessato, lasciando un lasso di tempi congruo agli affittuari degli alloggi turistici per installarle a norma. Le scatolette rimosse nell'arco di questi mesi saranno poi definitivamente distrutte.
Dublino, quindi, a differenza di altre città europee che si trovano ad affrontare questa problematica, non ha deciso di vietarle tout court ma di regolamentarle in maniera che possano svolgere la propria funzione senza pericolo per l'incolumità pubblica. Il diverso atteggiamento della capitale irlandese è dovuto al fatto, come rimarcato dal Post, che la crisi abitativa della città non è stata determinata in maniera preponderante dal proliferare degli affitti brevi che sono disciplinati da regole precise. Il governo irlandese, infatti, obbliga i gestori degli immobili abitativi destinati al turismo a registrarsi, e a dichiarare le entrate derivanti da questo tipo di locazione, oltre che ad assolvere l'obbligo di pagare le tasse relative.
La battaglia di Marsiglia - Lo scorso novembre, l'Indipendent ha dato conto che il sindaco di Marsiglia ha vietato l'utilizzo delle box in città, autorizzando «gli agenti del municipio a smantellare le cassette ormai illegali con smerigliatrici angolati se i padroni di casa non presteranno attenzione all'obbligo di rimuovere il servizio di self check-in».
Secondo il sindaco Benoît Payan, infatti, «i cittadini di Marsiglia non possono più sopportarle e noi stiamo agendo (…) perché bisogna smettere di invadere la città con gli affitti stagionali».
Nel caso in cui, entro il termine di dieci giorni dall'apposizione dell'avviso di rimozione, il proprietario non provveda alla sua rimozione, dovrà poi andare a recuperare le chiavi contenute nella cassetta rimossa al dipartimento degli oggetti smarriti. Anche in questo caso la rimozione delle box rientra in una più ampia strategia messa in campo dal Comune per contrastare la crisi abitativa che affligge la città a causa degli affitti brevi che hanno sottratto un cospicuo numero di unità abitative ai marsigliesi a favore dei turisti che affollano la città.
«Stiamo facendo il possibile perché gli host di Airbnb smettano di fare soldi alle spalle della gente di Marsiglia» ha tuonato lo scorso anno Payan. L'idea del sindaco, così come dichiarato a France Info, è quella di obbligare i proprietari degli immobili locati con affitti brevi a comprare un altro immobile da affittare a lungo termine.