Colpisce indiscriminatamente tutte le nazioni e non risparmia nessuno, facendoci anche ammalare. Ma c'è chi prova a combatterla.
C'è una epidemia in corso, silenziosa e strisciante, ma pericolosa per la salute al pari di fumare quindici sigarette o bere sei bicchieri di un forte alcolico ogni giorno. Si tratta della solitudine, i cui effetti negativi si stanno propagando su di una fetta sempre più ampia della popolazione mondiale.
Secondo l'Oms la solitudine è una emergenza sanitaria globale, e per tale motivo ha voluto istituire una Commissione internazionale, presieduta da Vivek Murthy, ex Chirurgo Generale del Ministero della Salute statunitense, di cui fanno parte esperti e rappresentanti politici. L'inviato giovanile dell'Unione africana Chido Cleopatra Mpemba ha dichiarato, al Guardian, che «la solitudine trascende i confini degli Stati e sta diventando una preoccupazione globale per la salute pubblica che colpisce ogni aspetto del benessere e dello sviluppo. L'isolamento sociale non conosce età o confini».
Ricchi, poveri, giovani e vecchi - Il senso di solitudine, ossia la condizione soggettiva di sentirsi soli pur tra tanta gente, e l'isolamento sociale, quando cioè si è oggettivamente ai margini della vita comunitaria, riguarda i cittadini dei Paesi più industrializzati come quelli dei Paesi in via di sviluppo.
Secondo l'Oms, nelle persone più anziane la solitudine concorre ad aumentare del 50% il rischio di sviluppare la demenza senile e del 30% di andare incontro a problemi cardiaci o ictus.
Secondo una indagine congiunta, condotta da Meta e dall'Istituto di statistica Gallup in più di centoquarantadue Paesi al mondo, nel 2023 il 27% dei giovani ha vissuto momenti di profonda solitudine, e lo stesso può dirsi del 15% degli adolescenti, anche se si tratta di stime sicuramente al di sotto della realtà dei fatti.
In Africa, il 12,7% degli adolescenti dichiara di soffrire di solitudine, e ciò è dovuto, secondo l'esperta Mpemba, agli alti tassi di disoccupazione, oltre che alle gravi emergenze sanitarie e sociali che affliggono una società molto giovane come quella africana, quale la crisi climatica e i fronti di guerra tutt'ora aperti. L'isolamento sociale, quindi, può colpire ciascuno di noi, a prescindere dalle condizioni economiche, sociali, e dalla fascia d'età anche se le persone anziane sono più esposte a questa problematica, in parte per la loro limitata mobilità e l'inevitabile peggioramento delle condizioni fisiche.
Il senso di solitudine attanaglia, in particolar modo la società americana: il 21% degli adulti statunitensi si sente esposto al problema dell'isolamento sociale e disconnessi dai famigliari, amici e dal mondo esterno in generale.
Un'emergenza sanitaria pubblica - Nel febbraio dello scorso anno, la contea di San Mateo, in California, ha approvato una risoluzione che ha dichiarava la solitudine dei suoi cittadini «un'emergenza sanitaria pubblica«, così come precedentemente fatto da Paesi come il Giappone e il Regno Unito. Nel primo, che vanta il maggior numero di centenari al mondo, nel febbraio del 2021 è stato nominato un ministro per il problema della solitudine che, dopo lo scoppio della pandemia da Covid-19, ha provocato più morti per suicidio che per la malattia stessa.
In Gran Bretagna, invece, nel 2018 Tracey Crouch, all'epoca ministro dello sport e della società civile, venne nominata a capo del ministero per la solitudine in un Paese che, da oltre un decennio, si trova a dover fare i conti con delle statistiche che indicano i ragazzi di età compresa tra i 16 ed i 24 anni afflitti da un senso di isolamento sociale persino maggiore di quello vissuto dai pensionati di età compresa tra i 65 ed i 74 anni.
Anche in Svizzera il problema della solitudine delle persone mature è particolarmente sentito, e secondo il Monitoraggio nazionale dell'anzianità, una persona su quattro di età superiore ai cinquantacinque anni soffre di solitudine. Le persone maggiormente afflitte da questa condizione sono le donne, coloro che hanno perso il proprio partner, per morte o separazione civile, o chi si trova ad affrontare un periodo di ristrettezze economiche.
Sono inoltre colpiti da una profonda solitudine anche le persone migranti che vivono una condizione di isolamento sociale molto maggiore rispetto ai cittadini elvetici.
Un'ombra che ti fa ammalare - Un recente studio pubblicato su Nature Human Behaviour ha messo in evidenza la maggiore produzione, in condizioni di solitudine e isolamento sociale, di proteine, quali la Adm o la AsgR1, che causano un aumento del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, una pericolosa resistenza all'insulina, aterosclerosi e forme aggressive di cancro. Il motivo per cui l'Oms ha dichiarato la solitudine «una questione di salute pubblica» trova conferma anche in questi studi nei quali emerge una chiara evidenza tra la correlazione esistente tra la propria qualità di vita e lo sviluppo di malattie spesso mortali.
Il senso di solitudine così diffusamente avvertito ci parla di una società sempre più tecnologica e avanzata, ma molto più povera di relazioni umane solide e concrete. La pandemia da Covid-19, come detto, non ha fatto che peggiorare una situazione preesistente che trova spiegazione nello sfilacciamento dei rapporti famigliari e nella mancanza di una rete di assistenza sociale per le fasce più deboli della popolazione, giovani e anziani.
In questi casi, capita che proprio i tanto vituperati social network vengano in aiuto delle persone in difficoltà, fornendo degli spunti di socialità che possono servire a costruire una nuova rete di affetti e amicizie.
Adottare uno sconosciuto - Nel 2015 Donna Skora, una assistente legale in pensione della Florida, decise di creare su Facebook Surrogate Grandparents Usa per mettere in contatto delle persone anziane, sole ma ancora decise a mettersi in gioco, con persone altrettanto sole e vogliose di allargare il proprio nucleo parentale. Molto spesso si trattava di madri single, senza un compagno o famigliari pronti ad aiutarle nella gestione dei figli, o di persone che si erano volontariamente allontanate dalla propria famiglia d'origine, o erano state allontanate a loro volta trovandosi a vivere da sole.
Come confermato dalla stessa Skora, quello dell'allontanamento dal proprio nucleo famigliare d'origine «è un problema in crescita, non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo».
Di recente, su Wired è stata raccontata la storia di Karen Tautger Malinak, una cinquantottenne allevatrice di capre di Independence, una cittadina a mezz'ora di macchina da Minneapolis, nel Minnesota. La donna è diventata madre surrogata di quattro ragazze conosciute su internet, e nonna surrogata di dodici nipoti con i quali intrattiene quei rapporti d'affetto che non ha più con le sue due figlie naturali che l'hanno accusata di essere in parte colpevole dei problemi psicologici dell'ex marito.
Dopo molti mesi di sofferenza per l'abbandono delle figlie, Karen decise di iscriversi sul gruppo Facebook della Skora insieme al suo secondo marito Dave, con un annuncio che diceva «mi piacerebbe avere un rapporto madre-figlia e speriamo anche in dei nipoti. Abbiamo un allevamento di capre e quindi un sacco di divertimento per i bambini».
La prima a rispondere all'annuncio è stata Michelle, una madre single di due bambini e priva di una famiglia che le stesse vicino, a cui si è poi aggiunta MeLea, orfana di madre per via di un cancro ai polmoni, ed i suoi tre bambini, sua sorella Tanya, una donna sposata e madre di sei figli, che però vive questa nuova relazione in maniera non troppo serena, e Meghan, una giovane donna sposata e madre di un bambino di quattro anni che soffre di autismo.
La donna e il marito hanno una storia di problemi economici e dipendenze alle spalle e, come raccontato da loro stessi, Dave e Karen «sono stati i primi estranei che abbiamo incontrato dopo la disintossicazione essendo diventati molto esigenti su chi fare entrare nelle nostre vite».
Surrogate Grandparents ha svolto, negli anni un ottimo lavoro nel mettere in contatto tra loro persone sole e desiderose di ricostruirsi dei legami famigliari, anche se non tutto è sempre filato liscio, come ammesso dalla sua stessa creatrice. È capitato infatti che le persone abbiano approfittato della gentilezza dei nonni surrogati trattandoli più come babysitter che non come membri di una famiglia o abbiano iniziato a chiedere loro viaggi e regali molto costosi.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi, le esperienze di vita raccontate sono molto positive, e rafforzano l'idea che fornire dei seri strumenti di incontro alle persone che si sentono sole e abbandonate è il mezzo migliore per poter dare loro la possibilità di ricrearsi una rete sociale e famigliare e sconfiggere la solitudine.