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Angeli della morte, infermieri che uccidono i pazienti

Il caso di Lucy Letby che ha scioccato il Regno Unito è l'ultimo di una lunga serie che ha toccato anche la Svizzera.
Il caso di Lucy Letby che ha scioccato il Regno Unito è l'ultimo di una lunga serie che ha toccato anche la Svizzera.

Li chiamano “angeli della morte”, in riferimento ai biblici messaggeri alati incaricati da Dio di distribuire castighi, punizioni, se non la morte, agli uomini peccatori. Si tratta di medici e infermieri che uccidono i pazienti nello svolgimento della propria professione. Persone, quindi, che si trasformano, e da figure salvifiche diventano dispensatori di morte.

Tale epiteto venne utilizzato per la prima volta in riferimento a Josef Mengele, il famigerato medico nazista reo di aver condotto esperimenti disumani, e quasi sempre mortali, su un numero altissimo dei prigionieri del campo di concentramento di Auschwitz.

Da allora, vi sono stati diversi altri casi di medici e infermieri assassini, e tutti suscitano nell'opinione pubblica un misto di orrore e paura proprio per il contrasto tra la natura stessa della professione medica e il sadico istinto omicida delle persone coinvolte in vicende simili. 

Imago/Zuma WireUn'agente della polizia durante la perquisizione della casa di Letby

Letby, il «diavolo» che uccideva i bimbi - Lucy Letby, per la giustizia inglese, rientra nella categoria dei serial killer denominati in questo modo, e attualmente si trova in carcere dove sta scontando quindici ergastoli per l'uccisione di sette bambini, tra il giugno 2015 al giugno 2016, e il tentato omicidio di altri sei bambini nello svolgimento della professione di infermiera presso l'ospedale Countess of Chester, nel nord-ovest dell'Inghilterra.

La donna, «con una malevolenza che rasentava il sadismo», come affermato dal giudice che l'ha condannata, ha provocato la morte ai suoi piccoli pazienti iniettando loro insulina o altre sostanze, come latte. La donna, dopo aver conseguito la laurea in Scienze infermieristiche presso l'Università di Chester, iniziò a prestare servizio presso l'ospedale Countess of Chester nel 2012, dicendosi felice «di prendersi cura di una vasta gamma di bambini e vederli progredire e sostenere le loro famiglie».

In verità, nel giugno del 2015 si verificarono i decessi di ben quattro bambini ricoverati nell'Unità di neonatologia dove la Letby prestava servizio, a fronte di un numero molto più esiguo di morti stimato nell'arco di un intero anno. Nonostante tali eventi si fossero verificati tutti quando la Letby era in sevizio, per molto tempo la dirigenza dell'ospedale ha pensato a una mera coincidenza, non ritenendo opportuno indagare in maniera più approfondita su quanto accaduto ai neonati ricoverati.

Nonostante poi fosse stato fatto un tentativo di trasferire l'infermiera ad un'altra struttura, il tutto si era concluso con una lettera di scuse da parte del direttore dell'ospedale nei confronti della Letby che aveva presentato formale ricorso contro la procedura.

Imago/Zuma WireLucy Letby, nella sua foto all'arresto.

«Li ho uccisi perché non sapevo prendermi cura di loro» - Rimossa definitivamente dal suo incarico nel 2016, a seguito del ricevimento di una lettera del Royal College of Nursing che le comunicava di essere sotto inchiesta per la morte di numerosi bambini, la donna venne arrestata nel 2018 presso la sua abitazione, dove la polizia trovò un biglietto con scritto «li ho uccisi di proposito perché non sono abbastanza brava da prendermi cura di loro. Sono una persona orribile e malvagia».

Nonostante il suo team di difesa abbia sempre sostenuto che le morti e il peggioramento delle condizioni cliniche dei suoi pazienti fossero dovuti ad errori di gestione dell'Unità neonatale, e che lei fosse «la vittima di un sistema che voleva attribuire la colpa quando sbagliava», la donna è stata condannata al massimo della pena prevista dal codice penale inglese.

Secondo le risultanze processuali, come riportato dalla Stampa, la Letby avrebbe compiuto questi omicidi per attirare l'attenzione di un medico di cui si era invaghita, e tale ossessione è emersa con evidenza da diversi biglietti trovati nella sua abitazione nei quali era scritto «per favore aiutatemi, mi sono fidata di te. Ti amavo» o «non ce la faccio più», oltre la confessione scritta prima citata in cui la donna stessa confessava di aver ucciso volontariamente i suoi  pazienti.

«Ogni giorno mi sedevo in reparto e pregavo Dio di salvare mia figlia - ha raccontato in udienza il padre di una bambina uccisa dalla Letby - Dio l'ha salvata ma il diavolo l'ha trovata».

Lo scorso agosto, il New York Times ha dato la notizia che un gruppo di medici esperti, tra cui Peter Elston del Royal Statistical College e Gillian Tully, esperta in scienze forensi al Kings College di Londra, hanno firmato una lettera destinata all'attuale segretario alla Salute, Wes Streeting, e alla Giustizia, Shabana Mahmood, perché, nell'esame del caso, venissero anche presi in considerazione «il sovraffollamento nel reparto, la carenza di personale, le attrezzature scadenti e i problemi di gestione» quali cause della morte dei pazienti attribuite invece alla Letby.

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Angeli della morte con il camicie - Il controverso caso di Lucy Letby, come detto, non è l'unico verificatosi in epoca moderna, e diversi sono gli angeli della morte assurti agli onori della cronaca per la loro efferatezza. 

Arnifinn Nesset, è considerato uno dei più prolifici serial killer norvegesi, avendo avvelenato, secondo la sua stessa confessione, centotrentotto persone. Nel 1981, nella casa di riposo di Orkdal, dove lavorava come infermiere dal 1962, si verificarono un numero impressionante di decessi in un breve lasso di tempo. Venne appurato che l'uomo aveva comprato una ingente scorta di suxametonio cloruro, un miorilassante derivato del curaro che assunto a dosi elevate ha un effetto letale.

Una volta arrestato, l'uomo dichiarò di aver ucciso così tante persone nel corso della sua carriera lavorativa da non ricordare esattamente il numero, e di averlo fatto per alleviare le loro sofferenze e perché traeva godimento dal vederle morire. Condannato a ventuno anni di reclusione, Nesset è uscito dal carcere nel 2004 e si presume viva in una località segreta sotto falso nome.

Harold Frederick Shipman, laureatosi nel 1970 in Medicina a Leeds, ha ucciso un numero imprecisato di persone, si parla di oltre trecento pazienti, iniettando loro dosi massicce di morfina.

Le vittime erano tutte persone molto anziane, e le cause della morte venivano indicate come 'naturali' dal medico che, in un caso, aveva anche provveduto a modificare il testamento della propria paziente per attribuirsi tutta la sua eredità. Condannato a quindici ergastoli, Shipman si suicidò in carcere il 13 gennaio del 2004, giorno del suo cinquantottesimo compleanno impiccandosi alle sbarre della propria cella.

Beverly Gail Allitt, una infermiera britannica, è stata invece condannata nel 1993 a tredici ergastoli per l'uccisione di quattro bambini, e il tentato omicidio di altre tre, tra il febbraio e l'aprile del 1991, somministrando massicce dosi di insulina o di cloruro di potassio.

La donna, che lavorava nel reparto pediatrico a Kesteven nel Lincolnshire, avrebbe causato danni fisici molto gravi ad altri sei bambini sottoposti alle sue cure. Il criterio per scegliere le sue vittime era molto aleatorio e andava dai bambini che bagnavano il letto a quelli che, a suo avviso, l'avevano fatta innervosire per qualche motivo.

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In Italia vi sono stati diversi casi eclatanti di personale sanitario coinvolti in casi di omicidi seriali. 

Sonya Caleffi, una infermiera professionista con pregressi problemi di depressione, tendenze suicide e anoressia nervosa, venne condannata nel 2007 per l'omicidio di cinque pazienti e il tentato omicidio di altri due tramite l'iniezione di aria per provocare una embolia polmonare. «Mi dispiace molto per quello che è successo - dichiarò la donna - io praticavo quegli interventi perché mi piaceva che tutti accorressero in tempo a salvare i pazienti».

L'infermiere Angelo Stazzi, invece, venne condannato all'ergastolo per aver ucciso, tra il gennaio e l'ottobre del 2009, sette pazienti della casa di riposo Villa Alex di Sant'Arcangelo Romano, dove lavorava dal 2008. L'uomo, che aveva ucciso anche la propria ex compagna, aveva indotto alle proprie vittime «una grave ipoglicemia determinata dalla somministrazione di farmaci».

Sicuramente la coppia più famosa di 'angeli della morte' italiani, però, sono Leonardo Cazzaniga e la sua compagna Laura Taroni, aiuto primario di Pronto soccorso e infermiera presso l'ospedale di Saronno, che attuavano il cosiddetto 'protocollo Cazzaniga', un cocktail letale di farmaci che ha provocato la morte di almeno tredici persone tra il 2011 e il 2014. In un delirio di onnipotenza, la coppia assassina si proclamava, con orgoglio, autori di «omicidi perfetti» e in «possesso di menti geniali», avendo ucciso non solo dei pazienti inermi ma anche la madre e il marito della Taroni che, dalle intercettazioni telefoniche, appariva anche disposta a far assassinare i propri figli pur di compiacere il compagno.

Nel 2005, si aprì in Svizzera il processo contro l'unico infermiere killer della storia criminale elvetica, responsabile di aver ucciso ventiquattro pazienti di case di cura a Lucerna, Obvaldo e Svitto, tra il 1995 e il 2001, e di aver attentato alla vita di altri tre.

Le vittime sono morte soffocate o per una overdose di tranquillanti e avevano una età compresa tra i sessantasei e i novantacinque anni. L'infermiere, dichiarato perfettamente capace di intendere e volere, dichiarò di aver agito per compassione e in quanto stressato dall'eccessiva mole di lavoro affidatogli. 


Appendice 1

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Imago/Zuma WireUn'agente della polizia durante la perquisizione della casa di Letby

Imago/Zuma WireLucy Letby, nella sua foto all'arresto.

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