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L'armata dei blogger che combatte a fianco di Putin

Armati di smartphone i soldati dei social che fanno da megafono per lo Zar (e che qualche volta entrano in rotta di collisione con lui)
Armati di smartphone i soldati dei social che fanno da megafono per lo Zar (e che qualche volta entrano in rotta di collisione con lui)

«Anche il cancro può essere curato, ma l'essere ucraini no. È come un tipo di satanismo che può essere distrutto solo con una cosa: il fuoco. Fuoco che consuma tutto e che pulirà questo sporco». Autore di questa forte dichiarazione è Yuri Kotenok, che forte dei suoi migliaia di seguaci su Telegram, è uno dei più famosi blogger di guerra russi, ossia quel gruppo eterogeneo di persone che rientrano nella definizione di 'milblogger' e costituiscono una parte molto importante e attiva della propaganda putiniana a favore della guerra in Ucraina.

Imago/SNAIl milblogger, esperto ed osservatore bellico russo Yury Podolyaka, a una conferenza.

Nonostante vengano chiamati blogger, si tratta di fatto di individui che utilizzano perlopiù i sui social media e Telegram che informano, commentano e sostengono l'operato dell'esercito russo. Molto spesso sono essi stessi militari, oppure hanno una qualche competenza militare, ma più spesso sono semplicemente delle persone di spicco che si spendono come dei corrispondenti di guerra svelando, in anteprima, notizie tenute riservate dal Cremlino.

I milblogger sono fortemente nazionalisti ed esprimono idee molto più estreme e violente rispetto alle posizioni ufficiali, anche se non risparmiano critiche durissime alla condotta degli alti gradi dell'esercito, rei di aver adottato strategie militari spesso risultate deleterie per l'agognata vittoria della Russia .

IMAGO / SNASoldati russi impegnati in Ucraina.

In guerra, armati di tastiera - Il fenomeno dei blogger di guerra, in russo “voenkory”, ossia corrispondenti di guerra, non è nuovo, ma risale all'autunno del 2001 quando il giornalista Matt Welch aprì il suo 'War Blog' pochi giorni dopo l'attacco alle Torri Gemelle a New York. Sulla scia di Welch, molti altri opinionisti, quali Glenn Reynolds con il suo 'Instapundit' o Charles Johnson con 'Little Green Footballs' aprirono dei war-blog, o convertirono i propri, concentrandosi sulla situazione militare del momento e dando sostegno all'intervento dell'esercito degli Stati Uniti in Afghanistan e Iraq.

Nel 2005, Jean Paul Borda, soldato di stanza in Afghanistan con la Guardia Nazionale dell'Esercito americano, decise di ampliare il proprio blog militare denominato 'The National Guard Experience', usato prevalentemente per restare in contatto con famigliari e amici, e creare, con grande successo e riscontro di pubblico e critica, 'Milblogging', un portale web che indicizzava i blog militari di tutto il mondo.

Con lo scoppio della guerra in Ucraina, nel febbraio del 2022, i milblogger sono tornati in auge diventando molto seguiti perché, come detto, spesso forniscono notizie che non vengono diffuse dai media ufficiali. Venti anni dopo le Towers, anche i media utilizzati sono cambiati, niente più blog ma social e servizi di messaggistica. Il panorama è molto variegato e vi sono dei milblogger affiliati ai media statali e quelli più vicini all'operato della Wagner che criticano duramente le alte sfere dell'esercito in azione in Ucraina.

IMAGO / ITAR-TASS/ Sipa USAUn altarino in memoria di Fomin/Tatarsky, ricoperto dalla neve, nei pressi del bar di San Pietroburgo dove ha perso la vita.

Il caso Tatarsky - Tra i milblogger più famosi vi era di sicuro Vladlen Tatarsky, il cui vero nome era Maxim Fomin, nato nel 1982 a Makiivka, in Ucraina, e morto nel 2023 in un attentato dinamitardo allo Street Food Bar di San Pietroburgo. Condannato nel 2011 per una rapina in banca, allo scoppio della guerra in Donbas nel 2014 scappò di prigione e si unì all'esercito della Repubblica popolare del Donetsk sostenuto dalla Russia.

Nel 2017, iniziò a rendere conto delle sue esperienze sul campo di battaglia sotto lo pseudonimo di Vladen Tatarsky, un omaggio al nome di Lenin e allo scrittore Victor Pelevin, il cui più famoso personaggio è il giovane Vavilen Tatarsky.

Molto noto per le sue posizioni nazionaliste e favorevole all'invasione russa dell'Ucraina, il blogger vantava oltre 560 mila followers ed era spesso ospite in trasmissioni televisive dove criticava aspramente la linea definita “troppo morbida” voluta dai comandanti militari, pur mantenendo una sostanziale fedeltà a Putin e alla sua condotta politica. Vicino al Battaglione Wagner, Tatarsky era solito lanciare messaggi d'odio contro l'Ucraina, definito «uno stato terroristico» e si augurava la sconfitta e la morte della popolazione ucraina.

IMAGO / ITAR-TASS/ Sipa USADarya Trepova, a processo a Mosca.

Il 2 aprile del 2023anno, durante un evento organizzato in un caffè di San Pietroburgo, Tatarsky è stato ucciso dall'esplosione di un ordigno che ha provocato il ferimento di una trentina di persone, e la Russia e l'Ucraina si sono rimbalzate a lungo la colpa dell'attentato dinamitardo. Darya Trepova, 26enne che ha portato la bomba nel locale, è stata condannata nel gennaio nel 2024 a 27 anni di carcere.

Se da una parte, infatti, l'uccisione di Tatarsky poteva essere strumentale per il Cremlino per mettere in guardia gli altri milblogger da non prendere posizioni troppo critiche nei confronti della politica statale, dall'altra parte l'uccisione del blogger potrebbe essere anche un monito al Cremlino stesso sulla vulnerabilità dei suoi strumenti di propaganda.

IMAGO / Russian LookPegov incontra Putin, ricevendo una medaglia d'onore.

Una voce al servizio del Cremlino - Molto noto per le sue posizioni oltranziste è il giornalista televisivo Semyon Pegov, che è stato corrispondente sul campo durante la guerra russo-georgiana e la guerra in Ucraina del 2014. Nel 2017, Pegov ha aperto il suo canale “War Gonzo” nel quale ha più volte pubblicato false notizie e diffuse false immagini per orientare l'andamento della guerra in corso.

Nel 2022, ad esempio, la notizia, diffusa tramite video, su di un presunto attacco terroristico dei servizi speciali ucraini a danno di un leader dei ribelli della Repubblica popolare di Donetsk è stata utilizzata come una delle ragioni poste a giustificazione dell'invasione militare dell'Ucraina da parte della Russia.

Lo stesso anno, il blogger ha diffuso le immagini di soldati ucraini morti, sostenendo che l'esercito russo avesse ucciso dei sabotatori del Reggimento Azov mentre è stato appurato che si trattava di semplici soldati ucraini freddati con un colpo di pistola alla testa.

Andrew Butko/CC BY-SA 3.0Morozov, in un evento pubblico del 2020.

La guerra di Murz - Il 23 febbraio di quest'anno si è tolto la vita il quarantaquattrenne Andrey Morozov, il blogger russo noto come 'Murz', che aveva preannunciato il suo suicidio sul suo canale Telegram scrivendo «non vedo il motivo di combattere ulteriormente» e chiedendo che i soldi guadagnati dalla vendita del suo appartamento fossero destinati all'acquisto di droni e fucili per l'esercito russo.

Nel 2014, Morozov aveva deciso di combattere a fianco dei separatisti del Donbas, divenendo amico del leader ultra nazionalista russo Igor Girkin, che si definisce «un sostenitore ideologico della monarchia assoluta in Russia e dei principi dell'Armata Bianca». Dopo l'invasione dell'Ucraina nel 2022, Murz aveva aperto un suo canale Telegram dal nome 'Ci stanno scrivendo da Ioannina', dal nome della città greca, utilizzanto anche per sostenere le truppe russe attraverso delle raccolte di fondi.

Il 18 febbraio di quest'anno, il milblogger era diventato noto per aver svelato il numero di soldati russi caduti durante gli scontri per la conquista della città ucraina Avdiivka: ben sedici mila soldati russi risultavano morti o dispersi a seguito della battaglia, trecento carri armati russi erano stati distrutti, e un intero battaglione ucciso dall'esercito ucraino.

A seguito delle pressioni esercitate dal Cremlino, il blogger era stato costretto a cancellare tale contenuto dalle «prostitute politiche guidate da Volodymyr Solovyov», il conduttore televisivo filoputiniano che aveva ospitato nella sua trasmissione due noti propagandisti russi che avevano definito Morozov «un disfattista che usa falsità e diffama il Ministero della Difesa della Federazione russa».

Qualche giorno dopo dallo scoppio dello scandalo, come detto, il blogger si è tolto la vita nell'autoproclamata Repubblica di Lugansk nel Donbass sparandosi un colpo di pistola alla testa e aprendo una serie di riflessioni sulla mancanza di libertà di espressione anche per coloro che si dichiarano sostenitori di Putin e a favore dell'invasione dell'Ucraina.

Il non completo allineamento con le scelte operate dal Cremlino, infatti, mette in pericolo anche coloro che si dichiarano nazionalisti convinti e sostenitori di Putin ma che osano criticare le alte sfere gerarchiche o svelano dati tenuti nascosti dalle autorità politiche per tenere all'oscuro i russi sulla reale portata della guerra che stanno combattendo.


Appendice 1

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IMAGO / ITAR-TASS/ Sipa USA

IMAGO / ITAR-TASS/ Sipa USAUn altarino in memoria di Fomin/Tatarsky, ricoperto dalla neve, nei pressi del bar di San Pietroburgo dove ha perso la vita.

IMAGO / ITAR-TASS/ Sipa USADarya Trepova, a processo a Mosca.

IMAGO / Russian LookPegov incontra Putin, ricevendo una medaglia d'onore.

Andrew Butko/CC BY-SA 3.0Morozov, in un evento pubblico del 2020.

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Imago/SNAIl milblogger, esperto ed osservatore bellico russo Yury Podolyaka, a una conferenza.

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