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Non dire gay in Florida

«Discriminatoria e retrograda» o «a tutela del ruolo dei genitori»? L'opinione pubblica statunitense è spaccata in due sulla normativa
«Discriminatoria e retrograda» o «a tutela del ruolo dei genitori»? L'opinione pubblica statunitense è spaccata in due sulla normativa

'Don't say gay', in Florida, o rischi il posto di lavoro. Sembra una affermazione che stride con l'idea di modernità che lo Stato americano, tutto sole e palme, ci suggerisce, eppure è proprio il governatore della Florida Ron DeSantis ad aver firmato, nel marzo dello scorso anno, una legge che faceva divieto, tra le altre cose, di affrontare tematiche riguardanti l'orientamento sessuale e l'identità di genere nelle scuole primarie e fino alla terza elementare.

La normativa, prontamente ribattezzata 'Don't say gay' dal partito democratico, ha diviso, fin da subito, l'opinione pubblica americana tra coloro che ne colgono la natura retrograda e discriminatoria e chi, invece, ne rivendica il legittimo fondamento, affermando che tuteli il diritto dei genitori di affrontare tali temi quando lo ritengano più opportuno. Durante la conferenza stampa indetta prima della firma del testo normativo, DeSantis ha dichiarato che «insegnare ai bambini dell'asilo che possono essere quello che vogliono è inappropriato per i bambini stessi» aggiungendo che «è qualcosa che non è adeguato in nessun posto ma specialmente non in Florida». Avendo utilizzato un linguaggio volutamente vago e nebuloso, i sostenitori della legge rifiutano l'idea che si tratti di censura e lo stesso Joe Harding, colui che ha presentato la legge, ha affermato che «si tratta solo di mantenere i genitori al corrente e di coinvolgerli su quanto sta succedendo con l'istruzione dei propri figli».

«Non chiamatela censura», ma...
Nel mirino di DeSantis è finito 'The Genderbread Person', creato da Sam Killermann, un progetto che spiega in maniera molto semplice concetti importanti quali l'identità sessuale, e termini quali 'non-binary' e 'gender fluid'. Per il governatore della Florida, però, tale tipo di prodotto «sta cercando di seminare dubbi nei bambini sulla loro identità di genere». È di pochi giorni fa la notizia che, nonostante le proteste della società civile, e le manifestazioni di piazza da parte degli studenti, il ministero dell'istruzione della Florida abbia approvato un provvedimento che estende ulteriormente il divieto previsto dalla legge 'Don't say gay' a tutte le classi di ogni ordine e grado. Gli insegnanti che non si adeguano al nuovo provvedimento, che non richiede approvazione legislativa, andranno incontro alla sospensione della licenza d'insegnamento. Il commissario per l'istruzione della Florida Manny Diaz Jr ha scritto, sul suo profilo Twitter, che «gli studenti dovrebbero dedicare il loro tempo a scuola all'apprendimento delle materie accademiche di base, non essere nutriti con la forza di genere radicale e ideologia sessuale».

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L'idea sottesa a tale tipo di legge è quella che sia in atto un vero e proprio indottrinamento, a opera della società radical-democratica a danno dei giovani, che li spingerebbe a mettere in discussione la propria identità sessuale e ad abbracciare il movimento LGBTQ+. D'altra parte, a fronte di una società che cerca di modificarsi a favore di una maggiore inclusività, vi sono tantissime persone che credono all'esistenza di una lobby gay che lavorerebbe per minare la famiglia tradizionale, cancellare le differenze tra uomo e donna e convincere i bambini che il mondo possa fare a meno di leggi ritenute naturali come la contrapposizione binaria uomo-donna. Questo senso di pericolo è avvertito non solo negli Stati Uniti, come dimostrato dalle numerose leggi apertamente ostili al mondo LGBTQ+, ma in tanti altri Paesi, anche europei, dove, in questi anni, sono state emanate leggi simili a quella voluta da DeSantis.

La Florida non è la prima
Nel 2021, come è noto, il parlamento ungherese ha approvato una legge che proibisce di trattare tematiche inerenti l'identità di genere nelle scuole o l'adozione di testi a uso scolastico che parlino della comunità LGBTQ+ e ciò «in difesa dei più giovani». In una nota, il governo ungherese ha poi chiarito che «ci sono contenuti che i bambini sotto una certa età possono fraintendere e che possono avere un effetto dannoso sul loro sviluppo». La legge in questione, prevede anche che le lezioni di educazione sessuale nelle scuole possano essere condotte solo da organizzazioni elencate in un registro ufficiale, per evitare l'accesso a «organizzazioni con dubbia formazione professionale, spesso volte alla rappresentazione di specifici orientamenti sessuali». Contro tale legge si era espressa la Commissione di Venezia, l'organo del Consiglio d'Europa che si occupa di tutelare i diritti umani e il primato del diritto, che sostiene che negare «le legittime espressioni di orientamento sessuale e identità di genere», violi la Convenzione europea dei diritti dell'uomo che riconosce «l'identità di genere come una componente dell'identità personale, rientrante nel diritto al rispetto della vita privata” e che “né il genere né l'omosessualità possono essere considerati contrari alla morale dalle autorità pubbliche».

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Appare evidente che, in presenza di disposizioni di questo tipo, si venga a creare «un ambiente minaccioso in cui i bambini della comunità LGBTQ+ siano soggetti a rischi per la salute, bullismo e molestie». Nel 2022 anche la Polonia ha adottato una nuova riforma dell'istruzione il cui punto focale è il divieto di «propaganda LGBTQ+». Di fatto, viene fatto divieto di parlare di tematiche riguardanti l'orientamento sessuale e identità di genere, dando facoltà ai presidi di ritirare qualsiasi materiale didattico extrascolastico che le tratti. Anche in questo caso, come in Florida, l'insegnante giudicato colpevole di tale tipo di «propaganda» verrebbe licenziato, perdendo la facoltà di insegnare. L'anno successivo è stato il turno della Russia di allinearsi all'Ungheria e alla Polonia, emanando una nuova legge che proibisce la cosiddetta «propaganda delle relazioni od orientamenti sessuali non tradizionali, della pedofilia e del cambio di sesso».

In effetti, una legge simile esisteva dal 2013, quando venne introdotto l'articolo 6.21 del Codice delle violazioni amministrative che puniva la «propaganda gay» nei confronti dei minori di 18 anni, mentre adesso, con la nuova normativa, il divieto viene esteso alle persone di tutte le età e comprende anche il «diniego dei valori della famiglia» e la «promozione di orientamenti sessuali non tradizionali». Nonostante il governo russo abbia sempre sostenuto che la legge contro la propaganda «non discrimini le persone gay», la Russia è stata condannata sia dalla Corte europea dei diritti dell'uomo che il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite che hanno dichiarato che «rafforza lo stigma, incoraggia l'omofobia e danneggia i bambini».

Un tratto caratteristico delle leggi fino a ora esaminate è il mettere sullo stesso piano l'omosessualità con la pedofilia, come se si intendesse suggerire, non tanto velatamente, una sorta di pericoloso parallelismo tra due realtà che nulla hanno da spartire. L'elenco dei Paesi intenzionati a emanare disposizioni legislative simili si allunga in maniera preoccupante, e risale allo scorso marzo la notizia che Milorad Dodik, leader serbo-bosniaco e presidente delle Republika Srpska, la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, voglia emanare una legge per proibire agli appartenenti della comunità LGBTQ+ di avvicinarsi ed entrare in asili, scuole e università. «Non ho nulla contro la popolazione LGBT ma non voglio che si avvicinino a me» ha affermato il leader serbo-bosniaco, che si dice intenzionato «a preservare nella Republika Srpska i valori tradizionali e della famiglia».

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Un "cuore d'ambra" contro la discriminazione di genere
Non tutti si ricorderanno che, a fare da apripista nella lotta alla «propaganda gay», era stata la Lituania, il cui parlamento, nel marzo del 2010, aveva approvato una legge che vieta «la promozione delle relazioni omosessuali nei confronti dei minori». A tal proposito, è bene citare il caso del libro 'Cuore d'ambra', della scrittrice lituana Neringa Macatè, la cui vendita è stata sospesa nel 2014, poco dopo la sua pubblicazione, in quanto ritenuto dannoso per i minori di 14 anni a causa dei riferimenti alle relazioni omosessuali. Quest'anno la Corte europea dei diritti dell'uomo si è espressa sul caso, affermando che scrivere storie per bambini con personaggi LGBTQ+ contribuisce a promuovere «l'uguaglianza e il rispetto reciproco per le persone di diverso orientamento sessuale» e stabilendo che la censura operata dal governo lituano viola l'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che tutela la libertà d'espressione. Una piccola ma significativa vittoria, di cui la scrittrice non ha potuto godere perché deceduta anni prima, per tutti coloro che credono in una società non discriminatoria.