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RUSSIA / UNIONE EUROPASouth Stream, lo stop di Putin gela l'Europa

02.12.14 - 22:24
Putin risponde alle sanzioni europee con l'arma del gas
South Stream, lo stop di Putin gela l'Europa
Putin risponde alle sanzioni europee con l'arma del gas

BRUXELLES / MOSCA - Lo 'zar' Putin ha annunciato in modo unilaterale lo stop a South Stream. La porta però non sembra ancora del tutto chiusa: le reali intenzioni del presidente russo non sono chiare, e finora è stata confermata la riunione di martedì prossimo a Bruxelles per cercare di risolvere il contenzioso sugli accordi del gasdotto che violano le norme Ue.

Il punto debole di South Stream è la sua fonte di approvvigionamento, ovvero la Russia, un dato di fatto sempre più critico dopo lo scoppio della crisi in Ucraina, il degradarsi delle relazioni europee con Mosca e il contestuale rafforzarsi dei legami con Kiev. South Stream era stato concepito proprio per bypassare l'Ucraina mentre ora il suo congelamento la riconferma come primo paese di transito per il gas russo verso l'Ue.

"Non la Russia, ma quelli che hanno di fatto ucciso il progetto dovrebbero valutarne le conseguenze", ha tuonato Mosca accusando la Commissione Ue, che un anno fa con lo scoppio della crisi a Kiev ha bloccato gli accordi intergovernativi tra Gazprom e i paesi Ue ritenendoli in violazione delle norme Ue sulle infrastrutture energetiche (unbundling, prezzi, accesso). Da allora si sono succedute una serie di riunioni guidate da Bruxelles per superare l'impasse, e il 9 è stata confermata quella già in programma.

"La Commissione non è mai stata contro South Stream, ma abbiamo solo detto che deve rispettare le regole Ue", ha respinto le accuse Bruxelles, dove i tre 'big' Federica Mogherini, Maros Sefcovic e Kristalina Georgieva hanno ribadito l'importanza della "diversificazione delle fonti" per garantire la sicurezza energetica Ue. L'Europa guarda infatti al gas azero che arriverà in Europa attraverso Grecia, Albania e Italia con il Tap. L'Europa intanto non dimentica gli Stati Uniti e il potenziale energetico che viene dallo shale gas, di cui discuterà domani a Bruxelles al Consiglio energetico Ue-Usa.

Intanto, per la prima volta dopo 15 anni di crescita ininterrotta sotto la guida di Putin (con la parentesi della crisi del 2008), l'economia russa gela, affossata dal crollo del prezzo del petrolio e del rublo, nonché dalle sanzioni occidentali per la crisi ucraina: il prossimo anno sarà all'insegna della recessione, già dal primo trimestre, ha annunciato il vice ministro dello Sviluppo economico Alexiei Vedev, fornendo una serie di dati allarmanti.

Se per il 2014 il governo spera ancora in una crescita dello 0,6%, per il 2015 Mosca ha drasticamente tagliato le stime sul Pil, portandole da una crescita dell'1,2% a un calo dello 0,8%. Quest'anno l'inflazione dovrebbe raggiungere il 9%, salendo a 10% nei prossimi tre mesi. Tagliate anche le stime sul prezzo medio del petrolio nel 2015, da 100 dollari al barile a 80 dollari, mentre oggi si aggira sui 70.

Le cause della recessione? "L'economia russa - ha spiegato Vedev - è esposta a tre tipi di crisi, o elementi di instabilità: strutturali, speculativi e geopolitici. Quindi è riduttivo pensare che la crescita dell'economia russa si contragga solo a causa dei prezzi del petrolio", il cui crollo costerà al Paese circa 90-100 miliardi di dollari l'anno. I problemi strutturali sono legati ad una economia che dipende per oltre il 50% dall'export di petrolio, gas e materie prime, non essendo riuscita a diversificarsi nella lunga stagione putiniana. Quelli geopolitici, invece, sono connessi alla contrapposizione tra Mosca e Occidente, in particolare alle sanzioni, che hanno isolato finanziariamente il mondo bancario e imprenditoriale russo, esposto con un debito esterno di 614 miliardi di dollari, di cui 31 da pagare entro fine anno ed altri 98 entro la fine del 2015.

I grandi istituti di credito e le major energetiche, a partire da Rosneft, sono costretti a chiedere prestiti di decine di miliardi di dollari allo Stato, che deve aprire i forzieri dei fondi sovrani, come quello per il welfare. Le sanzioni costeranno a Mosca circa 40 miliardi di euro l'anno. Come se non bastasse, nel 2014 la fuga dei capitali raddoppierà, arrivando a 125 miliardi di dollari.

Nel frattempo la Banca centrale - finita nel mirino di alcuni parlamentari, che hanno sollecitato un'inchiesta penale - ha bruciato decine di miliardi di dollari (30 solo a ottobre) per difendere il rublo, prima di lasciarlo libero di oscillare sulle montagne russe: la divisa nazionale non fa che registrare quasi ogni giorno nuovi record negativi su dollaro ed euro, rispetto ai quali ha perso oltre il 40% e il 30% da inizio anno.

Di ieri l'ultimo primato, quello che ha aperto le prime pagine del Financial Times e del Wall Street Journal: 53,29 rubli per un biglietto verde e 66,50 per un euro, dopo un crollo del 6%, il peggiore dal 1998, l'anno del default. Oggi, dopo le previsioni di recessione, la moneta russa ha ceduto oltre 80 copechi, arrivando rispettivamente a 52,45 e 65,27 rubli.

Lucia Sali e Claudio Salvalaggio ANSA

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