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CANTONEAccordo fiscale, il 35% fa paura: 'Clienti italiani a Lugano sull'orlo di una crisi di nervi'

21.11.12 - 19:32
Tiziano Galeazzi (UDC): "Perché nessuno ci difende?"
Foto d'archivio (Tipress)
Accordo fiscale, il 35% fa paura: 'Clienti italiani a Lugano sull'orlo di una crisi di nervi'
Tiziano Galeazzi (UDC): "Perché nessuno ci difende?"

BELLINZONA -La Lega minaccia il referendum e Tiziano Galeazzi presidente distrettuale dell'UDC luganese, sta già affilando le armi per iniziare la raccolta firme. Le notizie rimbalzate sui media italiani riguardanti l'aliquota forfettaria che permette ai correntisti italiani in Svizzera di regolarizzare la propria posizione, sta creando apprensione e smarrimento nella piazza finanziaria luganese.

E a raccontarci dell'aria che si respira tra i bancari luganesi è Tiziano Galeazzi, direttore finanziario di una fiduciaria luganese e acerrimo nemico degli accordi fiscali italo-svizzeri. A farlo imbestialire è quel 35% di aliquota liberatoria che, secondo Galeazzi, significherebbe "la fine della piazza finanziaria luganese". 

Per Galeazzi questi sono veri e propri giorni di fuoco: "Ci chiamano i clienti italiani imbufaliti. Hanno paura e se la prendono con noi, accusandoci di essere dei traditori e fuori di testa". "I clienti sono spaventati - continua Galeazzi - e i consulenti si trovano in difficoltà, perché non sanno cosa rispondere a quelli che arrivano arrabbiati e chiedono informazioni su degli accordi di cui noi non possiamo dare risposta".

Il nocciolo della questione, che più spaventa e delude l'esponente politico dell'UDC ticinese è "l'assoluto silenzio dei nostri esponenti politici a Berna e delle associazioni di categoria". "Mentre in Italia si parlava del 35% e i nostri clienti ci tempestavano di chiamate, da noi il silenzio assoluto. Mi chiedo perché in Svizzera nessuno sia intervenuto pubblicamente per smentire".

Un silenzio che secondo Galeazzi non fa bene alla Svizzera e alla sua piazza finanziaria: "Forse non ci si rende conto ancora in Svizzera che ci troviamo nel bel mezzo di una guerra economica internazionale. Noi, invece, ci ostiniamo ad andare avanti come se nulla fosse. In Svizzera la nostra politica si ostina a perseguire quella metodologia discrezionale che ormai non ha più ragione di essere. Anche perché ricordiamoci che nel solo Ticino è gestito l'80% dei patrimoni di clientela italiana di tutta la Svizzera e dobbiamo difendere la nostra piazza". 

Una piazza che, secondo Galeazzi, con questo accordo, trascinerebbe nella morsa della crisi anche il settore della vendita e della ristorazione. E per non cadere nel baratro, Galeazzi si sta già muovendo per trovare appoggi e alleanze anche fuori cantone per la raccolta firme a favore di un referendum. "Nel solo Ticino raccoglieremmo 30mila firme. Firmerebbero tutti, anche le commesse della Manor. Perché se magari non ce ne fossimo accorti, qui in Ticino, la concorrenza dei frontalieri e la crisi ci stanno mettendo in ginocchio e la gente è sempre più arrabbiata".

E intanto i primi clienti italiani, che siano piccoli risparmiatori o grandi investitori, starebbero già per cominciare ad andarsene. "I piccoli aprono le cassette di sicurezza, mentre i grandi investitori da 30-40 milioni di euro se ne vanno a Dubai, Singapore, Bahamas, Macao, Hong Kong".

L'Associazione Bancaria Svizzera ha fatto sapere qualche giorno fa che la percentuale dei capitali di cittadini tedeschi in Svizzera fuggiti sono solo dello 0,4%, ma Galeazzi non ci crede. La cifra non lo consola. Anche perché, secondo il presidente dell'UDC luganese, gli italiani non sono come i "panzer" tedeschi: "L'italiano il 35% al fisco non lo vuole dare. In nessun modo. Piuttosto prende tutto e se lo mette sotto il materasso".

"La forchetta massima accettabile è quella del 12-15% al massimo. Non di più. Perché queste percentuali potremmo ammortizzarle in tre anni a rendite del 4-6%. Ma sarà dura convincere il cliente a restare con una percentuale del 26% o del 35%. Anche perché è difficile calmare il Brambilla di turno che bussa allo sportello per chiedere informazioni e prende e chiude il conto perché ha letto sul Corriere della Sera che l'aliquota sarà del 35%. Convincerlo che noi stiamo trattando il 12% è impresa impossibile se nessuno ci aiuta". 

E se l’aiuto arriverà da Berlino venerdì con il voto del Bundesrat? C’è già chi scommette che se dovesse saltare l’accordo con la Germania, Rubik non sopravviverà.

(p.d'a.)
 

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