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BALERNALa storia di Stefano, licenziato il giorno del suo compleanno

10.06.10 - 15:40
Al mattino la bottiglia di spumante, la sera la lettera di licenziamento: "Dopo 25 anni di servizio alla ditta. Una ferita aperta.". Ora cerca lavoro nel suo settore, quello della logistica: "Nei colloqui mi dicono che con la mia paga prendono due frontalieri. La Leuthard questo non lo sa?"
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La storia di Stefano, licenziato il giorno del suo compleanno
Al mattino la bottiglia di spumante, la sera la lettera di licenziamento: "Dopo 25 anni di servizio alla ditta. Una ferita aperta.". Ora cerca lavoro nel suo settore, quello della logistica: "Nei colloqui mi dicono che con la mia paga prendono due frontalieri. La Leuthard questo non lo sa?"

BALERNA – E’ un compleanno che Stefano non scorderà mai. “Il 29 marzo di quest’anno ho festeggiato i miei 41 anni. Arrivato in ditta mi è stato consegnato il classico regalo aziendale, una bottiglia di spumante. Omaggi dalla ditta, come ogni anno. Alla fine della giornata lavorativa la convocazione in ufficio, la consegna di una busta in cui c’era scritto il mio destino: licenziato per motivi di ristrutturazione aziendale interna. In cinque minuti mi hanno liquidato. Al mattino la bottiglia di spumante, la sera la lettera di licenziamento. Almeno avessi fatto qualcosa per meritarmelo. Hanno bruciato 25 anni di servizio nella ditta dove sono cresciuto con la beffa di aver ricevuto un certificato di lavoro ottimo, quasi fossi stato un alto dirigente”.

"Leuthard venga a vedere cosa succede nel Mendrisiotto" - Mentre parla al telefono, in sottofondo si sentono  voci fanciullesche: “Sono le mie due figlie, di 4 e 8 anni”. Stefano è di Balerna. E’ un padre di famiglia, con due figlie e la moglie a carico. Ci ha voluto raccontare la sua storia.Dopo aver letto le dichiarazioni di lunedì della consigliera federale Leuthard che, rispondendo a un’interrogazione parlamentare del Consigliere nazionale Meinrado Robbiani, ha spiegato che i lavoratori frontalieri non hanno sostituito quelli indigeni, Stefano si è rivolto a noi, esprimendo tutto il suo disappunto: “Che la signora Leuthard venga dalle mie parti. Si faccia un giro tra Chiasso e Balerna a vedere quante auto targate Como entrano ogni giorno da Ponte Chiasso. Venga a toccare con mano la situazione nel Mendrisiotto e poi si renderà conto di quello che sta succedendo qui”. Nella casa di spedizioni di Balerna, una nota multinazionale della logistica per cui ha lavorato “dal marzo del 1985 al marzo del 2010”,  “il 70% degli impiegati è frontaliere”.

"La colpa non è dei frontalieri" - “Ma io non ce l’ho con loro, per carità – ci tiene a sottolineare - La colpa non è loro. Quando i miei colleghi di reparto, svizzeri e frontalieri, hanno saputo del mio licenziamento si sono tutti offerti di lavorare all’80% affinché io potessi essere reintegrato. Ma io non me la sono sentita di coinvolgerli, così come non me la sono sentita di continuare a lavorare durante gli ultimi tre mesi previsti nei termini di disdetta. La delusione è stata troppo forte.

"Con la mia paga ci pagano due frontalieri" - Stefano, però, non si arrende. Continua a combattere, ma non nasconde la sua amarezza: “Non ero mai stato in disoccupazione. Ho cominciato subito a cercare lavoro. In questi mesi ho inviato curriculum dappertutto. Nei due colloqui che ho avuto finora mi hanno detto schiettamente che per la mia funzione con la paga che ricevevo alla casa di spedizione ci avrebbero pagato due lavoratori frontalieri”. In busta ricevevo 3.900 franchi svizzeri. Una signora busta paga, vero? – dice con ironia Stefano che aggiunge: “Sa, dicono che ci sono svizzeri che si accontentano anche di 3.000 franchi al mese. Io, invece, no. E a chi mi rimprovera che dovrei accettare buste paghe simili purché si lavori io dico: no grazie. A parte il fatto che con due figlie e una moglie a carico con 3.000 franchi non ci si vive e poi a questo gioco al ribasso non ci sto. Qui in Svizzera la vita ha un costo, guardi le casse malati, ma anche gli affitti. Se dovessimo accettare paghe simili da fame non faremmo che ridurci tutti quanti proprio alla miseria. Mi sentirei depredato di quel briciolo di dignità che resta a una persona che ha sempre lavorato onestamente e con impegno.”

"La vita da disoccupato è terribile" - La voce di Stefano, ritornando con la mente ai 25 anni trascorsi in ditta, si fa più mesta: “La vita da disoccupato è terribile. Mi sento spaesato. Non si sa più che giorno è, se sabato, domenica o lunedì. E poi il pensiero assillante di quel licenziamento. Una ferita aperta. Cerco di dimenticare, occupandomi delle figlie e della famiglia, coltivando la mia grande passione, la pesca sportiva. Ma è dura, lo ammetto. Dura perché ci si sente abbandonati, da tutti. Anche dai sindacati. Fanno parte di un mondo tutto loro. Mi sono rivolto a loro per denunciare che in ditta i colleghi, con la ripresa dei volumi di lavoro, sono costretti a turni durissimi. Mi hanno risposto che se ne sarebbero occupati, ma fino ad ora, non si è visto nulla. Tutto come sempre”.

"I frontalieri a parlare di viaggi all'estero, noi di come riuscire ad arrivare a fine mese" - E’ dura la vita dell’operaio in Ticino. Forse più che in altre parti d’Europa. “Sa, io Svizzero andavo al lavoro con l’utilitaria, i miei colleghi frontalieri con macchine da 30-40mila franchi. I frontalieri li sentivo parlare spesso di viaggi all’estero, di mutui da pagare, di vestiti firmati. Noi svizzeri di casse malati e di metodi da escogitare per arrivare a fine mese. Ma i politici a Berna, se ne infischiano. L’importante è essere al servizio dell’economia. Poi che noi operai ci facciamo la guerra a nessuno interessa. Se ci fossero delle paghe minime sindacali, dei contratti collettivi, non so, di 4.000 franchi, naturalmente si eviterebbe che per lo stesso lavoro che faccio io, il frontaliere venga pagato la metà. Non è giusto per lui, non è giusto per noi.”   
 

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