Il suolo rossocrociato può essere utilizzato come base logistica o come Paese di transito. Ma i servizi di intelligence collaborano a livello internazionale
LOSANNA - È di ieri la notizia di dieci arresti nell’ambito di un procedimento antiterrorismo. In manette anche una colombiana di 23 anni residente su suolo svizzero e un 27enne confederato che si trovava in Francia. Secondo "Le Parisien", gli indagati partecipavano a un gruppo di discussione del servizio di messaggistica istantanea Telegram, in cui pianificano un attentato a Nizza.
Non è la prima volta che le tracce del terrorismo islamico portano alla Svizzera. Gli attacchi a Barcellona, Berlino, Turku e Rouen hanno coinvolto persone che avevano transitato nel nostro Paese. Nel rapporto TETRA sulla lotta al terrorismo di matrice jihadista in Svizzera di aprile si legge: «La minaccia è destinata a perdurare. E la Svizzera può essere utilizzata come base logistica per la preparazione di attentati all’estero o come Paese di transito».
«La frequenza degli arresti aumenta» - Sono diversi gli esempi di relazioni tra militanti jihadisti e la Svizzera: nel mese di giugno di quest’anno tre arresti si sono verificati nel canton Vaud. Il procuratore generale ha confermato che c’era il pericolo che diventassero in breve tempo «attivi». In febbraio nell'ambito di una vasta operazione di polizia - che ha coinvolto più di un centinaio di funzionari - sono finite in manette due persone. Alla fine del 2016 - come confermato dal "Tages-Anzeiger" - due terroristi erano a Zurigo per acquisire competenze sugli esplosivi. E in gennaio Anis A., che ha ucciso dodici persone ai mercatini di Natale di Berlino, ha trascorso indisturbato due settimane in Svizzera.
Peter Regli, ex capo dei servizi segreti svizzeri, ha spiegato: «Gli arresti continueranno ad aumentare. Molti jihadisti sfruttano i flussi migratori dalla Siria. La nuova Legge federale sulle attività informative aiuterà molto in questo senso, ma è in vigore solo dal 1. settembre e non ci si può aspettare miracoli. Tuttavia, il servizio di intelligence lavora a stretto contatto con quelli stranieri. Se ti trovi sul radar delle autorità francesi, stai pur certo di essere anche su quelli svizzeri».
«Un’organizzazione mobile e dinamica» - Alexandre Vautravers, esperto di sicurezza e responsabile del nuovo Master in Global Safety presso l’Università di Ginevra, tenta di rassicurare: «Non si può dire che la Svizzera funge da hub (apparecchio per connettere più dispositivi a una rete e più reti fra loro, ndr) per i terroristi in Europa. Il fatto che si possa stabilire un collegamento con la Svizzera in tutti gli attentati che hanno colpito l’Europa, ha a che fare con la posizione geografica e la vicinanza con Francia e Germania. L’intera organizzazione è molto mobile e dinamica: cambia ogni sei mesi».
La cooperazione internazionale tra i servizi di intelligence resta fondamentale. Per Vautravers è importante che la Svizzera si aggiorni alla tecnologia più moderna.