Lo storico Andrea Mammone critica il risultato del voto popolare e la «tendenza generale» che percorre un'Europa «orientata ai soli interessi nazionali»
BRUXELLES - La vittoria dell'iniziativa "Prima i nostri!" nel voto di domenica nel canton Ticino è la conferma «di una tendenza generale» che percorre l'Europa e l'Occidente, quella di un ritorno prepotente delle forze che «guardano esclusivamente agli interessi nazionali». E per i partiti progressisti, cristiano-democratici o socialdemocratici che siano, la battaglia politica si è fatta molto difficile, anche alla luce della diffusa «ignoranza» che pervade le nostre società, favorita dai tagli all'istruzione propugnati dalle politiche neoliberali e dai media, che «per vendere qualche copia in più» cavalcano le tematiche care alle forze populiste. Andrea Mammone, storico dell'Europa Moderna della Royal Holloway University of London, studioso dei movimenti di estrema destra, legge così dalla capitale britannica, con l'agenzia Adnkronos, l'esito della consultazione popolare fra Airolo e Chiasso.
E avverte: in Europa tendiamo a dare la democrazia per scontata, ma in realtà dimentichiamo che per molti Paesi è iniziata solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. E per altri, che stavano al di là della Cortina di Ferro, la democrazia è spesso un fatto molto recente, non un'acquisizione che si possa considerare eterna. Il risultato nel Ticino, dice Mammone, «è un esempio di un trend generale. Abbiamo visto negli ultimi anni una crescita di movimenti nazionalisti, antieuropei, anti-tutto, solamente pro-Nazione e cittadini della propria nazione». E si tratta ormai di un fenomeno generalizzato.
«E' evidente che ormai non c'è grande differenza tra Paesi ricchi e Paesi poveri, tra Nord e Sud, tra Est ed Ovest. Il referendum svizzero conferma che gli Stati nazionali riiniziano a guardare dentro se stessi: ci sono forze che sempre di più sembrano prevalere e guardano esclusivamente agli interessi nazionali».
«Una grande ignoranza di base» -La cause di questo fenomeno politico sono molteplici. Una delle principali, spiega Mammone, è che «c'è una grande ignoranza di base. E qui anche noi che lavoriamo nell'istruzione dobbiamo cominciare a porci delle domande: come è possibile che si generi tanta ignoranza nella società? E non parlo tanto dei giovani: se guardiamo al referendum sulla Brexit, vediamo chi si è bevuto tutte quelle fesserie non sono stati certamente i giovani. C'è un'ignoranza di base nella società, cui i media contribuiscono in maniera forte, per vendere qualche copia in più, o forse per ignoranza stessa di alcuni giornalisti e commentatori».
Oramai in Europa, e non solo, continua lo storico, «siamo a un livello in cui la demagogia vince su tutto. In Svizzera hanno preferito credere di più a campagne stampa in cui un bancario italiano, che magari da venti anni fa quel lavoro in Svizzera, viene definito un ratto, un ladro che ruba il lavoro agli svizzeri. È un fenomeno non solo europeo, ma occidentale. L'ascesa di Donald Trump mostra che questo discorso anti élite è ormai tipicamente occidentale», non più solo europeo. Di fronte a questa ondata, che cosa possono fare le élite cristiano democratiche o socialdemocratiche?
«Fondamentalmente - secondo Mammone - dovrebbero ricominciare daccapo. Anzitutto non inseguire questi pifferai magici sul loro terreno, come invece alcune volte si fa. Dovrebbero contribuire a ricostruire quello che hanno contribuito a smantellare, un sistema di istruzione. Ormai è evidente: l'ignoranza genera anche questo».
Non solo in Europa... - L'ignoranza non è una prerogativa esclusivamente europea: «Mi è capitato ultimamente negli Usa di essere fermato, dopo una conferenza, da persone che mi dicevano che per l'Europa è impossibile accogliere i rifugiati, che sarebbero mossi da un progetto politico, l'islamizzazione dell'Europa, e che di questo passo si sarebbe arrivati all'islamizzazione anche della Florida», racconta il docente. Le forze progressiste, insomma, per Mammone dovrebbero «ricominciare daccapo, ma il giocattolo gli è sfuggito di mano, questo è il vero problema. Spinte ultra-neoliberali ortodosse hanno portato a tagli, ai mercati concepiti come fonte di democrazia, perché non rispondono a interessi particolaristici ma consentono che 'vinca il migliore'...questo ha portato a tagli su tagli a sanità e istruzione, che tra l'altro sono le cose più facili da tagliare per un governo, portando ad una società in cui c'è un forte ignoranza».
Per chi intende contrastare politicamente queste tendenze che percorrono le società occidentali, «è anche difficile riprendere il bandolo della matassa. La Svizzera ha dimostrato ancora una volta di essere una società molto chiusa e arretrata, ma questo ha anche ragioni storiche ben note».
Un problema che scavalca la Svizzera - Il problema, tuttavia, va ben al di là della Confederazione Elvetica e dei suoi rapporti futuri con l'Ue. Riguarda anche Paesi che sono il cuore stesso dell'Europa: «Con l'ulteriore sconfitta che la Cdu ha avuto alle regionali a Berlino - ragiona Mammone - che cosa farà il partito? Continueranno con una politica di accoglienza, cercando di far capire ai tedeschi perché è importante accogliere queste persone, anche da un punto di vista economico, oppure inseguiranno Afd, di fatto legittimandone il discorso?».
E se le correnti nazionaliste percorrono l'Ovest, a Est hanno già preso il sopravvento, governando grandi Paesi come la Polonia e l'Ungheria, per esempio. In Europa Occidentale e in Italia «sappiamo poco di quello che succede a Est, anche per le barriere linguistiche e per la scarsa copertura dei media. Oggi in Europa ci sono governi che provano a limitare la libertà di stampa. Questi sono Paesi che non sono abituati alla multietnicità, perché fino a poco tempo fa vivevano sotto un regime comunista».
«Quello che tendiamo a dimenticare - sottolinea Mammone - è che la democrazia in Europa non è una conquista millenaria. Per molti Paesi europei parte, o riparte, dal 1945. Per altri, quelli dell'ex blocco sovietico, parte o riparte dopo il 1989. Non stiamo parlando di sei secoli fa. Noi amiamo dirci, e in parte è vero, che noi siamo la vecchia Europa della cultura, delle tradizioni democratiche».
I giovani non parlano - In Europa parlano solo intellettuali novantenni. E gli altri dove sono? Per anni, in Europa, «abbiamo avuto un sistema di educazione pubblica - ricorda Mammone - che ha garantito un'istruzione di massa, ma guardiamo all'oggi: chi sono i grandi intellettuali europei? L'austerità è stata criticata da Paul Krugman, da Joseph Stiglitz, che sono americani. In Europa si sono levate le voci di Zygmunt Bauman, di Juergen Habermas, persone che hanno novant'anni. E dove sono tutti gli altri?».
«Le idee di libertà e di eguaglianza - continua ancora lo storico - partono con l'Illuminismo, non nell'anno Mille. Siamo un Continente, dal '45 in poi, di grandi valori, ma questo non vuol dire che la democrazia e i valori di eguaglianza debbano prevalere sempre e comunque. Non penso che ci sia il rischio di una dittatura, ma non credo neppure che la democrazia sia un valore che rimarrà per sempre nella testa di ogni europeo».
Quanto alla reazione di Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia, pronto a difendere i frontalieri lombardi, minacciati dai 'cugini' ticinesi, per Mammone «è una barzelletta. Anche perché Matteo Salvini dice da un lato che gli svizzeri hanno fatto bene, mentre Roberto Maroni, governatore di una regione che rischia di essere pesantemente colpita, dice che i lombardi non sono clandestini. Sono fesserie - conclude - ma lo dovrebbero dire i politici e i media mainstream».