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CANTONEBimba maltrattata: nuovi inquietanti retroscena

07.11.13 - 07:27
La madre affidataria aveva avuto esperienze come mamma diurna e come consulente per l’allattamento al seno. Ma che qualcosa in casa non quadrasse lo avevano capito anche altre persone
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Bimba maltrattata: nuovi inquietanti retroscena
La madre affidataria aveva avuto esperienze come mamma diurna e come consulente per l’allattamento al seno. Ma che qualcosa in casa non quadrasse lo avevano capito anche altre persone

MENDRISIO – Emergono nuovi particolari inquietanti sul caso della bambina maltrattata nel Mendrisiotto e tolta dalle autorità alla famiglia affidataria. La mamma affidataria, in particolare, avrebbe fatto parte dell’Associazione famiglie diurne del Mendrisiotto e, per un breve periodo, anche della Leche League, associazione che si occupa di consulenza per l’allattamento al seno. A scoprire che qualcosa in famiglia non funzionava erano stati i docenti della scuola elementare che la bimba frequentava. Alcuni lividi sulla piccola rappresentavano un indizio preoccupante. Ma in realtà, stando ad alcuni testimoni, sembra che altre segnalazioni erano già giunte in precedenza all’Ufficio competente. Da parte di persone che avevano capito che in quella casa non tutto andava per il verso giusto.     

Donna in gamba - Destino beffardo per questa bambina di soli 8 anni e mezzo. Perché era già stata tolta ai suoi genitori naturali, tossicodipendenti, dopo essere stata costretta ad assistere a scene di violenza. La bambina aveva vissuto per alcuni periodi presso la Casa Santa Elisabetta di Besso e, successivamente, presso la Culla Arnaboldi di Molino Nuovo. Nel 2010, con l’affidamento a una famiglia del Mendrisiotto, il suo calvario sembrava essere finito. La madre affidataria, già mamma di tre figli, era da molti ritenuta una donna in gamba e portata per la cura di bambini. Invece, qualcosa è evidentemente andato storto.

Misura temporanea - In Ticino sono circa 140 gli affidi famigliari. “Per definizione – spiega Roberto Sandrinelli della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie – si tratta di una misura temporanea. Lo scopo dovrebbe sempre essere quello di fare in modo che il bambino ritorni, se possibile, nella propria famiglia naturale. Nel 30-40% dei casi ci riusciamo. Per quanto riguarda le altre situazioni, o si procede a un affido a lungo termine, oppure, in seguito, a un’adozione. Pochissime volte si è costretti a fare dietrofront e a revocare un affidamento”.

Verifica di idoneità - È successo però nella famiglia del Mendrisiotto, coinvolgendo una bambina che aveva già diverse sofferenze alle spalle. Sandrinelli, pur non sbilanciandosi sulla questione spiega: “Una famiglia per prendere un bambino in affidamento deve essere autorizzata. Ci devono essere delle condizioni quadro e la verifica viene fatta da assistenti sociali, psicologi, esperti. Se la famiglia è idonea, occorre in seguito abbinarla a un bambino. Il tutto avviene in maniera mirata, considerando le caratteristiche di entrambe le parti in causa”.

Controlli regolari - Dal momento che il minore è affidato a una nuova famiglia, scatta la procedura di vigilanza. “Tutti gli affidi famigliari – fa notare Sandrinelli – sono sottoposti a vigilanza da parte dell’ufficio competente. Nelle situazioni in cui ci arrivano segnalazioni particolari, si cerca di andare a fondo, di capire come mai le cose non vanno. Lo ripeto, sono rarissimi i casi in cui le cose non vanno e l’affidamento cade”.

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