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BREGAGLIA (GR)Sessanta persone fuori casa «per almeno 2 mesi»

04.09.17 - 16:21
Anche le frazioni di Spino e Sottoponte sono state assegnate alla "zona rossa". Le aree sarebbero in grande pericolo in caso di nuove colate
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Sessanta persone fuori casa «per almeno 2 mesi»
Anche le frazioni di Spino e Sottoponte sono state assegnate alla "zona rossa". Le aree sarebbero in grande pericolo in caso di nuove colate

BREGAGLIA -A quasi due settimane dalla frana che il 23 agosto si è staccata dal Pizzo Cengalo, in Val Bregaglia, sono ancora circa 60 le persone che non potranno rientrare nelle loro case almeno per i prossimi due mesi. In particolare Spino, Sottoponte e Bondo sono le cosiddette "zone rosse", ovvero quelle più a rischio in caso di altre colate di fango e sassi.

«Già una prossima colata potrebbe mettere acutamente in pericolo le aree blu e rosse», ha dichiarato Martin Keiser, dell'Ufficio cantonale foreste e pericoli naturali, in una conferenza svoltasi oggi pomeriggio a Promontogno.

Perché queste aree tornino abitabili, spiega una nota del Comune, «è necessario prendere ampie misure di sicurezza: il bacino di ritenzione e il letto del fiume Maira devono essere svuotati per far posto ad altre grosse quantità di materiale e riportare il letto del fiume al suo livello originale».

«Oggi ho dovuto informare gli abitanti di Spino e Sottoponte che per almeno due mesi non potranno far ritorno alle loro case», ha spiegato la sindaca di Bregaglia Anna Giacometti. La misura, ha aggiunto Giacometti raggiunta dall'ats, riguarda circa 60 persone, le quali domani riceveranno informazioni più dettagliate e mercoledì avranno la possibilità di accedere, accompagnati, alle proprie case.

Lavori e viabilità - Accanto ai lavori di messa in sicurezza della vecchia strada cantonale, - ha chiarito il capoprogetto per i lavori di ripristino, Gian Cla Feuerstein, dell'Ufficio cantonale foreste e pericoli naturali - è in atto lo sgombero del ponte sulla nuova strada cantonale, che servirà da accesso al cantiere e al deposito di materiale. Solo dopo si potrà iniziare con i lavori di sgombero del bacino di ritenzione, che dureranno almeno due mesi.

Per quanto riguarda la viabilità, la strada Castasegna–Spino–Soglio è stata riaperta oggi alle ore 14:00, mentre la strada cantonale del Maloja (H3) rimane chiusa a Spino almeno fino a mercoledì 6.9.2017.

Indennità per i frontalieri se la situazione perdura - Anche i numerosi frontalieri italiani che ogni giorni attraversano la dogana per recarsi a lavorare nelle zone colpite dalla frana hanno risentito dei disagi alla viabilità, come ha spiegato all'ats Mirko Dolzadelli, membro del Consiglio generale italiani all'estero (CGIE) presso il Governo designato dai sindacati CGIL, CISL e UIL.

Secondo le cifre fornite da Dolzadelli, sono in tutto 7mila i frontalieri italiani che lavorano ogni giorno in Engadina, di cui 5.500 solo dalla provincia di Sondrio. Oltre 3mila di questi, ha aggiunto, utilizzano il passo del Maloja, attualmente chiuso.

Le strade alternative, ha spiegato Dolzadelli, sono il passo dello Spluga, che oltre ad obbligare a tornare indietro verso il passo dello Julier è comunque chiuso nei periodi invernali, e quello del Bernina, con un allungamento di due-tre ore.

«Se la situazione dovesse perdurare oltre questa settimana, a causa di ulteriori smottamenti, soprattutto in vista della stagione fredda e con un eventuale aumento di piogge, - ha aggiunto Dolzadelli, - ne risentirà l'economia di tutta la Bregaglia e l'Engadina, oltre all'indotto nell'alto Lario, parte della Valtellina e Val Chiavenna».

Per questo motivo, qualora la situazione non si normalizzasse in settimana, si penserà ad avanzare alla Confederazione una richiesta di indennità straordinaria per calamità naturali, ha dichiarato Dolzadelli, per assicurare continuità lavorativa sia ai frontalieri che alle aziende in loco, senza dovere arrivare al licenziamento.

Una richiesta che non avrebbe possibilità di essere accolta, riferisce all'ats Arno Russi, segretario della sezione grigionese del sindacato svizzero Unia, poiché «la Svizzera non dispone di una cassa di indennità straordinaria contro calamità naturali come l'Italia. Tali richieste sono regolate attraverso le assicurazioni dei datori di lavoro».

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