La bestia sarà abbattuta? Mentre si attende il verdetto del Cantone, Armando Donati, presidente dell’Associazione per un territorio senza Grandi Predatori, si sfoga
BELLINZONA – «Il lupo? Smettiamola di difenderlo. Non è più un animale raro. Ed è diventato più furbo di noi». Mentre il Cantone sta decidendo se abbattere la bestia che nelle scorse settimane ha ucciso decine di pecore in Leventina, ecco lo sfogo di Armando Donati, presidente dell’Associazione per un territorio senza Grandi Predatori. Che non si illude. «La situazione è senza precedenti – dice –. Ma qualsiasi cosa decida il Cantone, andrà per le lunghe».
Eppure c’è chi sostiene che sia ormai questione di giorni. Non è così?
Macché. Prima di tutto bisogna capire se quello che ha colpito in vari episodi diversi è lo stesso animale. Perché se questa teoria non dovesse essere confermata, l’ipotesi dell’abbattimento cadrebbe. Per procedere all’uccisione del lupo occorre avere la prova che lo stesso esemplare ha abbattuto almeno 25 capi di bestiame.
Gli indizi portano a questo però. Cosa la frena?
Può arrivare l’autorizzazione dal Cantone. Magari anche in pochi giorni. Ma poi ci sarebbero comunque dei ricorsi. La questione rischia di scivolare a primavera.
Non le sembra che, a volte, ci sia un po’ di vittimismo da parte degli agricoltori?
No. Anzi. Mi dà fastidio chi banalizza la situazione. La gente vuole mangiare il capretto e i formaggini, vuole passeggiare su prati puliti in montagna. Ma non capisce i sacrifici che ci stanno dietro. E non si rende conto che gli agricoltori, di fronte al lupo, sono in ginocchio.
Perché non tutti i contadini si dotano di cani da protezione, come ad esempio i pastori maremmani?
Sappiamo che questi cani di base proteggono il gregge. Ma non tutti lo fanno bene. Non in tutti casi l’operazione funziona. Ci sono state situazioni in cui il cane mordeva le capre o azzannava i turisti. Per avere un cane da gregge ci vuole il permesso del Cantone. Non tutti gli agricoltori sono in grado di ottenerlo.
E per quanto riguarda le recinzioni? Come è possibile che in parecchi casi non superino i 90 centimetri di altezza?
Prima di tutto bisogna dire che capre e pecore non vivono bene il fatto di essere recintate. Per impedire al lupo di entrare nel recinto occorrerebbe avere reti di almeno un metro e mezzo. Molto costose e più difficili da piazzare. Inoltre, ci sono molti luoghi in cui è impossibile recintare. Perché magari ci troviamo in alta montagna, con rocce, boscaglia, scoscendimenti, muretti.
È la stessa Confederazione a sostenere, tramite sussidi, questa conformazione del territorio. Non è paradossale?
Sì. È un paradosso. Ma è chiaro che dal punto di vista paesaggistico tutto risulta più bello con questo genere di mantenimento dei terreni.
Insomma, sta dicendo che i contadini non hanno margini di manovra per difendersi dal lupo?
Ne hanno pochi. Il lupo si è emancipato. Non è più quello di una volta. Ora riesce a colpire anche in presenza dei cani da protezione, sfruttando la nebbia e l’oscurità. Una ricerca realizzata in Francia ci indica che, mentre anni fa il lupo assaliva soprattutto alpeggi non custoditi, oggi colpisce anche quelli custoditi.
Gli animalisti sostengono che il lupo fa parte della natura e che ha diritto di vivere. Come dare loro torto?
Il problema è che il lupo entra in conflitto con la nostra attività. Bisogna fare una scelta politica. La presenza del lupo non è conciliabile con l’allevamento di montagna.
Una volta i contadini, il lupo, lo potevano uccidere. E chi lo uccideva riceveva pure un premio. Quando ci pensa, come si sente?
Nell’ ‘800 c’era addirittura la taglia sul lupo. Poi nel 1979 è arrivata la Convenzione di Berna. Si è stabilito che il lupo appartiene a una razza protetta e non può più essere toccato. Il problema è che oggi questa convenzione non ha più senso. La diffusione del lupo è in espansione in tutta Europa. Lo ripeto. Il lupo non rappresenta più una rarità. Dobbiamo svegliarci. Altrimenti sarà sempre peggio.