Strano destino quello di Fabio Stefanini e della sua famiglia. Un viaggio di lusso in Kenya si trasforma in una lunga avventura umanitaria.
LOCARNO - Una vacanza di lusso. Due settimane in un hotel a cinque stelle, con mare, piscine e mangiate da nababbi. È quanto si era prefissato Fabio Stefanini esattamente nove anni fa, quando con la moglie Chantal e le figlie Veronica e Arianna, era partito alla volta del Kenya. Due settimane da sogno. Invece nel Paese africano il locarnese, oggi 49enne, scopre la fame, la povertà, la miseria. E così un viaggio sfarzoso si trasforma in una lunga avventura umanitaria. Nel 2017 l’associazione “Amici del Kenya”, fondata proprio da Stefanini, compirà 10 anni. «E a gennaio ci sarà una grande festa a Watamu – spiega il 49enne di Locarno –. Forse sarà presente anche il Governo locale».
L’impegno - Decine di spedizioni. Ben diciassette nell’entroterra, per portare cibo e medicinali alle popolazioni del posto. L’attivazione di otto microcrediti per dare la possibilità agli indigeni di creare attività indipendenti. La costruzione di 3 pozzi d’acqua destinati a 1500 persone che ne possono usufruire quotidianamente. «E poi, ancora, una scuola costruita con le nostre stesse mani, l’acquisto di 4 taxi per il trasporto dei bimbi da casa a scuola. Grazie al nostro impegno finora 230 ragazzini hanno potuto avere un’istruzione».
Voglia di fare - Senza contare i sostegni a distanza. «In Ticino abbiamo creato una rete di 180 padrini e madrine che sostengono, da lontano, finanziariamente l’istruzione di uno, due o tre bambini alla volta. È stato tutto emozionante. Quella vacanza ha cambiato la vita a me e alla mia famiglia. E c’è stato tanto entusiasmo anche tra i nostri amici. Oggi l’associazione conta tanti membri, c’è una grande voglia di fare».
Ragazzi pericolosi - Stefanini, che per lavoro fa il rifornitore di distributori automatici, racconta qualche aneddoto della sua incredibile Odissea. E si guarda alle spalle. «Me li ricordo bene i giorni di quella vacanza. L’hotel era fantastico. Tutto a misura di turista. Al cancello d’entrata, subito al nostro arrivo, un sacco di ragazzini che ci chiedono di andare a trovarli. Poco più tardi, al meeting di benvenuto dell’albergo, ecco la raccomandazione dei responsabili: “Qui fuori e sulle spiagge troverete ragazzini del posto. Evitateli, sono pericolosi”.
Un mondo sconosciuto - Dopo il drink e la doccia, la famiglia ticinese esce dall’hotel. «E scopriamo un mondo che non conoscevamo, fatto di allegria, curiosità e spontaneità. Quelle persone “così pericolose” ci proponevano di fare un safari, ci facevano domande sulla nostra terra, sui nostri vestiti. Erano così diversi da come ce li avevano descritti quelli dell’albergo…» Tra quei ragazzi, ne spicca uno in particolare. Si chiama Jumaa, ma da tutti oggi è conosciuto come Lolo. «Se ne stava in silenzio e ci fissava. Ancora adesso è così. Lui oggi è il nostro responsabile sul posto».
Quel silenzio surreale - La famiglia Stefanini trascorre la vacanza tra la gente keniota. In albergo va praticamente solo per dormire. «A un certo punto però la vacanza finisce. Si torna in Ticino. Una sera, in casa nostra, c’è un silenzio surreale. Mia moglie a un certo punto mi dice: “Certo, che ci mancano i ragazzi kenioti”. E in quel momento accade qualcosa. Io mi alzo ed esclamo: “Dai, promesso, ad agosto ci torniamo”. Ricordo ancora la gioia delle mie figlie dopo quelle parole. È lì che abbiamo deciso di fondare gli “Amici del Kenya”».
La seconda patria - Tra la famiglia Stefanini e il Kenya oggi il filo è diretto. «Sull’arco di un anno, in almeno 8 mesi c’è qualcuno di noi presente. Io stesso partirò per l’ennesima volta tra qualche giorno. E una delle mie figlie resterà laggiù fino a novembre. Per noi è un po’ come una seconda patria. E ogni volta la trasferta la paghiamo di tasca nostra. Giustamente». Poi spunta un aneddoto simpatico. Quasi struggente. «Di recente abbiamo portato in Ticino due kenioti che non erano mai usciti dal loro Paese. Guardavano tutto quanto con un’aria stupita, si sorprendevano per ogni cosa. È stato commovente».
Pazzo dell’Africa - Stefanini lo ammette: «Per me oggi sarebbe impensabile una vita senza Africa e senza africani». Parole di un uomo che ha imparato a sconfiggere il pregiudizio. «È vero – conclude –, tanta gente africana si sta riversando in Europa. E si sono create tante discrepanze. Però noi europei abbiamo derubato queste terre e approfittato della gente indigena per tanti anni. Troppi. È ora di alzare i tacchi e di andare ad aiutarli sul posto. In modo che non debbano più scappare dalla loro terra per cercare fortuna altrove».