Una decina di interventi al mese: ecco il tecnico informatico che si schiera contro la corsa all’ultimo modello e un’azienda che tende a trasformare il guasto in nuovo acquisto.
STABIO - All'inizio è stata tentazione. «Mi occupavo già dei Mac, ogni tanto qualcuno mi portava il suo iPhone». Poi è diventata scelta. «Ho capito si trattava di un settore che aveva qualcosa da dare». Infine sfida. «Con me stesso. Davanti al problema, mi ingegno per trovare la soluzione». E con il mondo, il consumismo che impone la corsa all'ultimo modello: specie quando l'azienda è Apple e fa il possibile affinché il guasto conduca a un nuovo acquisto.
Batterie integrate perché non vengano sostituite dal cliente; sistema audio che dà il meglio con gli auricolari della casa; connettore di carica che non si confonde con gli altri sul mercato. Sebastiano Ceppi, 42 anni di Stabio, non si lascia spaventare. Cerca il pezzo sulla piazza cinese, attraverso i siti di brokeraggio che ha imparato a conoscere. «Dubbi sull'autenticità? Certo. Ma fa parte del gioco». Li riceve per posta all'indirizzo del laboratorio, apre la cover e tenta un intervento a buon fine: il più delle volte con successo. Ogni mese una decina: sarebbero di più se non accettasse solo iPhone. «Per la qualità superiore dei materiali, le caratteristiche dell'assemblaggio. Così ho deciso». Senza autorizzazione alcuna se non quella del proprietario che gli chiede di aggirare Apple, «società che tende ad accentrare tutto», si assume ogni rischio e ogni pericolo. «Se sbaglio, pago».
Sul tavolo adesso ha quattro iPhone: uno l'ha ereditato da un muratore che voleva glielo sistemasse. «Si è rotto nell'aprirlo. L'ho rimborsato». Ma ne vale la pena. Non per gli importi, «si va dagli 80 ai 200 franchi: Apple non lascia margini di guadagno ai riparatori», ma per una forma di competizione professionale che lo porta a imparare quel che fino a ieri era materia sconosciuta. Lui si sminuisce, come chi non ha la presunzione di considerar se stesso qualcosa in più dell’ovvio. «Non sono l'unico», si schermisce. Più unica che rara però resta la specializzazione: Apple, ribadisce, solo Apple. Facile intuire la ragione. Lui non la nasconde: la dichiara. «Per me è una sfida»: in un mondo dove il bisogno è indotto, le aziende stabiliscono la durata dei loro prodotti, le riparazioni sono cosa anacronistica. «Non siamo più in grado di riparare per davvero. Non c'è la volontà politica di renderlo possibile: e in futuro sarà sempre peggio. Vale anche per me, pensateci: io in fondo non riparo: sostituisco pezzi».