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LUGANO“Io vescovo poco presente? Ma il mio compito non è facile”

23.12.14 - 06:52
Piace per la sua cultura, ma c’è anche chi lo accusa di essere un fantasma. A un anno dalla sua entrata in carica, Monsignor Valerio Lazzeri non si sottrae alle domande più scomode
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“Io vescovo poco presente? Ma il mio compito non è facile”
Piace per la sua cultura, ma c’è anche chi lo accusa di essere un fantasma. A un anno dalla sua entrata in carica, Monsignor Valerio Lazzeri non si sottrae alle domande più scomode

LUGANO - Un uomo tranquillo, riflessivo, dotato di grandi conoscenze, maturate durante anni di studi. Monsignor Valerio Lazzeri è un vescovo intellettuale. Lo ha dimostrato sin dal primo giorno del suo mandato. A distanza di un anno, il 51enne di origini bleniesi parla a ruota libera dei suoi primi 365 giorni a capo della Diocesi di Lugano. Con il suo stile pacato e diplomatico, ma non sottraendosi alle domande più scomode.

È già passato un anno dalla sua ordinazione come vescovo. Qual è il suo bilancio?

"Non sono solito fare molti bilanci. Di solito, quando cerco di fare un po' di ordine nel mio cuore, mi metto davanti al Signore. Cerco di lasciarmi raggiungere dal suo sguardo misericordioso. Davanti a Lui, provo ad accogliere le cose che non mi sono piaciute per dare loro comunque la possibilità di insegnarmi qualcosa di nuovo".

Ecco. Cosa non le è piaciuto? E cosa invece le è piaciuto?

"In questo anno ho fatto ancora più l'esperienza di una cosa che sapevo già, ma che mi diventa ogni giorno più chiara. Essere pastore non significa mettere la mia umanità tra parentesi, ma viverla ancora più intensamente, sia nei suoi aspetti più facili, sia in quelli più difficili, e lasciarsi cambiare dagli incontri, che sono stati tanti. Non ho mai conosciuto tante persone nuove e interessanti come in questo primo anno da vescovo".

Quali sono i problemi concreti della Diocesi che più l'hanno colpita in questo anno?

"I problemi concreti sono in gran parte quelli che si vivono in quasi tutti gli ambiti della nostra vita sociale in generale. La frammentazione delle esperienze, difficili da fare convergere in un cammino comune. Ho spesso l'impressione di una grande mancanza di fiducia che inaridisce e paralizza i cuori, determinando aggressività e disprezzo dell'altro. Però…"

Però?

"Ho anche la convinzione, a partire da tanti piccoli segnali, che ci sia molta voglia di uscire da questa prigione. E che cominci a rinascere, in molti ambiti, il gusto di respirare aria fresca".

Di lei piacciono la cultura e la pacatezza. Sono doti che l'hanno aiutata in questi 12 mesi?

"Ho sempre pensato che ad aiutarci di più nella vita non sono tanto le doti che abbiamo o non abbiamo, ma la disposizione del cuore con cui affrontiamo i compiti a noi affidati. Per quel che mi riguarda, il mio desiderio rimane quello di servire. Quanto i miei tratti caratteriali possano essere utili allo scopo, saranno altri a doverlo stabilire".

Secondo alcuni, tuttavia, la sua pecca è legata all'eccessiva burocrazia. Tempi lunghi per dare risposte ai quesiti dei parroci e impossibilità di reperirla in tempi brevi. Si trova in difficoltà da questo punto di vista?

"Non posso evidentemente escludere che ci sia qualcuno che abbia questa percezione. Ogni volta che questo accade e mi viene segnalato, cerco di intervenire. Tuttavia, le richieste e le sollecitazioni d'incontro sono moltissime e di tipo molto diverso. Non è sempre facile distinguere, da una parte e dall'altra, quello che appare urgente da quello che è veramente importante e prioritario. Il mio intento è quello di fare il meglio possibile perché comprendo perfettamente il desiderio di un accesso immediato e costante al vescovo. Tuttavia i limiti non mancano, oggettivi e soggettivi".

C'è anche chi ironizza sul fatto che lei sia poco presente nei media e sul territorio. Qual è l'opinione del diretto interessato?

"Ogni volta che ho la possibilità di visitare una parrocchia, una comunità, un'associazione, un gruppo o un movimento, di potere prendere parte a eventi gioiosi o dolorosi della vita della gente, è per me una grande grazia, che cerco di vivere con tutta l'intensità e la presenza che mi sono possibili. Sono stato in molti posti durante questo anno. Una cosa senz'altro vera è che cerco sempre di privilegiare la qualità della presenza, il tempo di salutare le persone, di guardare gli interlocutori negli occhi, rispetto alla quantità degli interventi pubblici".

Sempre meno preti ticinesi formati dal Seminario. È un aspetto che la preoccupa? Come si può fare fronte a questa situazione?  

"Certo, l'invecchiamento e la diminuzione dei presbiteri preoccupa e occorre lavorare per aiutare i giovani che sentono questa chiamata a realizzarla. Mi preoccupa però ancora di più questa ostinazione a volere guardare a tutti i costi i problemi che la Chiesa deve affrontare piuttosto che confrontarsi seriamente con il Vangelo di Gesù Cristo, che, con tutti i suoi limiti storici e le sue povertà, la Chiesa continua ad annunciare".

Lei non ha un passato da parroco. È un aspetto che le è pesato in questo primo anno da vescovo?

"Sono prete da 25 anni, non sono mai stato parroco, ma a Locarno sono stato collaboratore parrocchiale per dieci anni, sono stato cappellano della Clinica S. Chiara, ho confessato molto e accompagnato diverse persone in difficoltà. È vero che ho insegnato alla Facoltà di teologia, ma non ho mai avuto l'impressione che l'aspetto accademico soffocasse o diminuisse il mio anelito pastorale".

Qual è il suo rapporto con il vescovo emerito Grampa?

"È un rapporto che si è costruito negli anni. Sono stato suo vicerettore per due anni al Collegio Papio. È stato il mio Vescovo per dieci anni. Sono stato per tre anni quasi ogni giorno alla sua tavola qui a Lugano. Ho sempre sentito una grande stima e un grande incoraggiamento da parte sua. Caratterialmente siamo molti diversi, ma questo mi rende ancora più prezioso il suo modo di vedere le questioni più importanti, su cui ho sempre cercato di confrontarmi con lui".

Le capita di consultarlo?

"Mi sostiene nella celebrazione delle Cresime o per altre circostanze in cui gli chiedo di aiutarmi. La sua presenza per me è quella di un fratello maggiore, che in tante cose ha molta più esperienza di me".

Parliamo di giovani. Ha qualche idea o progetto per riavvicinare alla fede quei giovani lontani dalla vita cristiana?

"Con i giovani, oltre gli appuntamenti tradizionali, ho cominciato già da diversi mesi un percorso di lettura del Vangelo che mi dà l'occasione di incontrarli e di conoscerli personalmente. Diversi gruppi di cresimandi sono venuti in Curia. In alcune occasioni, ho avuto la possibilità di instaurare un bel dialogo con loro. Non è ancora abbastanza, ovviamente. Sarei contento di avere uno spazio in cui potere ascoltare direttamente, senza filtri, le loro domande e le loro preoccupazioni. C’è ancora molto da fare in questo ambito".

Natale si avvicina. Qual è il suo augurio ai ticinesi?

"Il mio augurio è quello di accogliere con più disponibilità il dono della vita, che ci è dato in abbondanza e gratuitamente, nonostante tutte le difficoltà. Ho l'impressione che tanti nodi si scioglierebbero, se appena osassimo credere che nel cielo e sulla terra c'è molto di più di quanto sta nelle nostre idee e nei nostri pregiudizi. Un sorriso autentico e una stretta di mano sincera fanno di più per risolvere i nostri conflitti interni ed esterni che non una fiumana di argomentazioni più o meno rigorose. Davvero e dal cuore: buon Natale a tutti".

 

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