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LUGANOFino in vetta al Kilimangiaro grazie a una protesi di una start-up ticinese

05.02.14 - 07:27
La SwissLeg porta Yasmeen a quota 5895 metri sul livello del mare. La 17enne palestinese aveva perso una gamba quand’era piccolissima.
Foto PCRF
Fino in vetta al Kilimangiaro grazie a una protesi di una start-up ticinese
La SwissLeg porta Yasmeen a quota 5895 metri sul livello del mare. La 17enne palestinese aveva perso una gamba quand’era piccolissima.

LUGANO - Yasmeen Najjar ha 17 anni e viene da Boreen, vicino a Nablus, in Cisgiordania. All’età di 4 anni, la gamba destra le è stata amputata sopra al ginocchio a causa di un incidente d’auto. Nonostante la sua disabilità e grazie a una protesi fornita dalla start-up ticinese SwissLeg, il 23 gennaio scorso è riuscita a scalare il tetto d’Africa, il Kilimangiaro, raggiungendo quota 5895 mslm insieme al 16enne Mutassem Abu Karsh, di Gaza, mutilato da una granata. I due sono stati i protagonisti della “Scalata della speranza”, iniziativa promossa dal Palestine children’s relief fund (Pcrf) e volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sul bisogno di cure mediche adeguate e dignitose per i bambini del Medio Oriente vittime di conflitti. «Spero che quello che Mutassem e io abbiamo fatto dimostri che i giovani possono fare qualsiasi cosa, se viene data loro un’opportunità», ha spiegato Yasmeen.

Seguendo un fil rouge che collega la Palestina, l’Iraq e Lugano, SwissLeg e l’Università della Svizzera italiana sono state parte di questa impresa, non solo fornendo in tempi record una protesi per Yasmeen ma anche sponsorizzando il progetto. “Il Pcrf aveva una necessità: Yasmeen aveva un problema con la propria protesi, non poteva camminare bene”, ci racconta Paulo Gonçalves, co-fondatore della start-up e direttore del Master in Humanitarian logistics and management (Mashlm) all’Usi. A indirizzare il Pcrf verso Lugano è l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Iom), anch’essa divenuta partner dell’iniziativa. “Avevamo già lavorato lo scorso anno con l’Iom in Iraq – continua Gonçalves – quindi mi hanno contattato immediatamente”. SwissLeg si mette così al lavoro: “Il nostro creatore, Mohammad Ismail, ha incontrato Yasmeen in Giordania e in un tempo brevissimo è riuscito a fornirle la nuova protesi”, racconta. L’arto artificiale, come tutti gli altri, è stato prodotto nel laboratorio di SwissLeg nel Regno Hashemita. Da questo Paese arriva appunto Mohammad Ismail, colui che maturò l’idea di produrre protesi a basso costo per i Paesi in via di sviluppo, elaborò la relativa tecnologia e, dopo averla condivisa proprio all’Usi con il prof. Gonçalves e Roberto Agosta, fondò insieme a loro SwissLeg, con sede a Lugano.

La start-up ha visto la luce solo nel settembre 2012, ma ha già aiutato a camminare decine di persone con amputazioni in Medio Oriente: “L’anno scorso abbiamo prodotto circa cento protesi, destinate alla Giordania e all’Iraq e abbiamo risposto a parte della domanda proveniente dalla Siria”, illustra Gonçalves. “In collaborazione con l’Iom, quest’anno lavoriamo a un progetto in Siria per 50 persone amputate, tutte di meno di 21 anni, e a un altro per ulteriori 25 protesi sviluppato con la Commissione per i rifugiati siriani”, ci spiega.
Le protesi di SwissLeg possono costare fino a quanto meno delle comuni protesi in commercio? “In Europa, una protesi di tecnologia standard può costare fra i 5mila e i 10mila franchi. Le nostre protesi per amputazioni sotto il ginocchio costano 700 franchi”, precisa Gonçalves. Nessuna richiesta dal mercato europeo, dunque? “Il nostro focus, al momento, è sui Paesi in via di sviluppo perché il bisogno è smisurato. Sappiamo che potenzialmente potremmo commercializzare anche in Europa, potremmo esplorare tale possibilità in futuro, ma non è nei nostri piani ora”.

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