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PROCESSO DI DAROIl ruolo del minorenne, le sue contraddizioni, il "cambiamento"

31.07.12 - 13:20
Il legale di Mitra Djerdjovic si sofferma sulla figura del minorenne che ha ucciso Arno Garatti
Ti-Press (archivio)
Il ruolo del minorenne, le sue contraddizioni, il "cambiamento"
Il legale di Mitra Djerdjovic si sofferma sulla figura del minorenne che ha ucciso Arno Garatti

BELLINZONA -  "Un ragazzo senza padre che ha riversato tutto l’affetto nei confronti della madre. Un rapporto complicato il loro, D.D. rimproverava la madre di essere stata severa, ma ha disatteso le sue indicazioni". Pietro Pellegrini, nella sua arringa difensiva al processo per il delitto di Daro (in cui il 1° luglio scorso fu ucciso Arno Garatti), si sofferma sulla personalità del giovane reo confesso.

Pellegrini ritorna sul quello che è stato il comportamento di D.D. in aula: "Un'atteggiamento di totale chiusura, di sfida. Altro che persona succube di sua madre. È lui a schiacciarla. Non ha paura di niente e di nessuno. Come si può parlare di rapporto di sudditanza nei confronti della madre?"

Pellegrini prosegue accennando al problema della credibilità delle parti. "Ci troviamo di fronte a dichiarazioni discordanti, a partire da quelle della madre e del figlio". Per quanto concerne il comportamento di Mitra, durante gli interrogatori, l'avvocato evidenzia il fatto che non si è mai avvalsa della facoltà di non rispondere, ma ha avuto un atteggiamento collaborativo. Imprecisioni e indeterminatezze sarebbero per l’avvocato riconducibili invece a uno stato mentale non ottimale, riferito alle sue deficienze mnemoniche confermate dal responso medico. "E' vero - continua l'avvocato - Mitra potrà avere un carattere forte, ma se non fosse stata consapevole della sua innocenza, dopo un anno di carcere sarebbe crollata".

Pellegrini passa poi alle diverse perizie psichiatriche di D.D., in cui emergerebbe la sua capacità di mentire, di mostrarsi per ciò che non è. Prima il giovane si assume tutte le sue responsabilità, poi ritratta e accusa la madre. Affermazioni che affievolirebbero la sua credibilità.

Contraddittori sarebbero anche i racconti del giovane circa i rapporti all'interno del nucleo familiare. D.D. il 7 luglio parla di un rapporto tra madre e patrigno senza violenze, poi cambia versione, dicendo che Arno era violento con la madre, in seguito ritratta e dice che la madre non gli aveva mai detto di essere stata picchiata dal marito. Poi cambia ancora versione. Un susseguirsi di dichiarazioni che minano la credibilità del ragazzo.

I motivi dell'omicidio - Anche per ciò che concerne le motivazioni che avrebbero spinto D.D. ad uccidere, emergono versioni contrastanti. Il ragazzo riferisce prima di averlo ucciso dopo un litigio, poi perché era ubriaco, o ancora perché non sopportava più Arno, perché beveva e si comportava male con la madre. Per poi ritrattare, qualche settimana dopo, dicendo che i due andavano d'accordo, che uscivano insieme a bere.

Le dinamiche che avrebbero generato l'omicidio - Un fatto senza interventi esterni, come ritiene Pellegrini, o invece indotto da qualcuno come ritiene la pubblica accusa? D.D. era un allievo modello, timido, con ottimi voti. Il cambiamento è avvenuto in Serbia, con il rientro in Patria, dove sono subentrate difficoltà scolastiche ed ha allacciato contatti con ambienti violenti. Rientrato nel 2011 la sua situazione non è migliorata. Il seme della violenza era presente nel ragazzo, diventato incapace di dominare le sue pulsioni.

Sarebbe quindi la rabbia accumulata e inespressa che sarebbe esplosa quella notte del 1° luglio. Il minore, già in precedenza, aveva pensato di uccidere il patrigno. Di questo Pellegrini ne è convinto. "Avrebbe ucciso comunque Arno, anche se la madre non gliel'avesse detto", spiega.

La confessione - La confessione, come riferisce l'avvocato - è avvenuta attraverso una lettera vergata a metà settembre. "Un testo essenziale, senza sbavature". "Ho ucciso Arno Garatti perché non riuscivo a sopportare lui come persona". Nella sua lettera D.D. dice che Arno beveva e che aveva appetiti sessuali nei confronti della sorella. Non sopportava i suoi scatti di rabbia e temeva per l'incolumità della madre. "Tutte queste cose mi facevano soffrire e mi dispiace di avere messo in mezzo altre persone, erano troppe le cose che mi facevano arrabbiare – aveva scritto - Lo dico ancora e lo diro' per sempre, sono stato io a progettare e a decidere di uccidere Arno Garatti".

Secondo Pellegrini le perizie prodotte sarebbero quindi lacunose e unilaterali e poco convincenti in quanto "dissonanti e discordanti". Perizie che riferiscono dapprima di un minore impulsivo, che poi diventa schiavo del volere della madre".

Le telefonate e gli sms – Pellegrini, in merito alla questione su telefonate e sms riferisce di un aspetto "ingarbugliato". Il procuratore pubblico dà molta importanza ai colloqui telefonici avuti tra la madre e il figlio. Importanti perché mostrano una madre che vuole accertarsi di come stia il figlio. Telefonate i cui contenuti non possono essere provati.

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