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MONDOA chi giova il crollo del petrolio?

02.12.14 - 09:25
GianLuigi Mandruzzato, Fixed Income & Forex
A chi giova il crollo del petrolio?
GianLuigi Mandruzzato, Fixed Income & Forex

Nel meeting del 27 novembre, l’OPEC, il cartello dei paesi produttori di petrolio, ha deciso di confermare le attuali quote di produzione. Malgrado le avvisaglie delle settimane precedenti, culminate con le indicazioni di mantenimento dello status quo emerse da una riunione straordinaria con paesi non appartenenti all’OPEC, quali Russia e Messico, gli investitori sono stati colti di sorpresa. Il prezzo del greggio ha ceduto un ulteriore 6% in poche ore, scendendo sotto $71 per il Brent. La decisione dell’OPEC è giunta in un momento in cui il petrolio era già abbondantemente sotto pressione, con il Brent a prendere la via discendente già a partire da giugno di quest’anno ed oramai in evidente “bear market” a causa soprattutto di un eccesso di offerta.

Il calo del greggio e la mancata volontà, o incapacità, da parte dell’OPEC di giocare il suo ruolo storico di regolatore - non si tratta peraltro di una novità assoluta - sono probabilmente da collegare anche al significativo incremento della produzione americana, a sua volta conseguenza di nuove tecnologie per lo sfruttamento delle risorse “shale”. La decisione dell’OPEC riflette probabilmente il timore di cedere quote di mercato a favore proprio dei produttori di energia alternativa proveniente dagli USA.

L’effetto dello shock a livello globale non è simmetrico, ne dal punto di vista economico ne da quello geopolitico. La prima osservazione è che, a livello geografico, il crollo dei prezzi dell’energia favorisce i paesi consumatori, tipicamente industrializzati, a scapito di quelli produttori, dal Medio Oriente, all’America Latina, Russia ed Asia Minore, ed Africa. Anche i paesi emergenti asiatici dovrebbero trarne un beneficio, essendo loro importatori netti di materie prime, anche se l’evoluzione degli ultimi anni ha evidenziato una correlazione positiva tra mercati azionari dell’Asia emergente e prezzo delle commodities.

Tale trasferimento di potere d’acquisto è benefico, a parità di altre condizioni, per le prospettive di crescita mondiale in virtù della più elevata propensione al consumo dei paesi importatori rispetto ai paesi esportatori di petrolio. Di fatto, il calo della bolletta energetica avrà sui paesi importatori di petrolio lo stesso effetto di una politica fiscale espansiva, liberando reddito disponibile in termini reali. Abbiamo provato a quantificare l’effetto sulle economie USA ed UEM nell’ipotesi che il calo dei prezzi energetici sia permanente, cioè che i prezzi rimangano invariati ai livelli correnti per i prossimi trimestri. Ebbene, nella prima metà del 2015 l’impatto benefico sul reddito disponibile reale ammonterebbe allo 0.6% in media negli USA ed allo 0.4% nell’UEM. Tenuto conto delle diverse propensioni al consumo e del peso di questo sul PIL nelle due economie, stimiamo che l’impatto benefico diretto sulla crescita economica ammonterebbe allo 0.35% negli USA ed allo 0.19% nell’UEM. A ciò si dovrebbero aggiungere gli effetti derivanti dalla maggiore redditività aziendale e, quindi, da un maggiore flusso di investimenti.

Negli USA questo impatto andrebbe ad aggiungersi ai segnali favorevoli che giungono dai dati congiunturali; nonostante il rallentamento del tasso di inflazione headline dovuto al calo dei prezzi dell’energia, ciò potrebbe rassicurare la Federal Reserve sulla sostenibilità della ripresa anche se lo stimolo monetario iniziasse ad essere prudentemente ridotto. Più complicato, invece, il quadro per la BCE. Nonostante lo shock positivo per domanda domestica migliori le prospettive per la stabilità dei prezzi nel medio termine, nel breve termine l’inflazione rimarrà pericolosamente vicina allo 0%, e non si può escludere che scenda temporaneamente in territorio negativo; il rischio che ciò venga scambiato per una conferma di uno scenario deflazionistico corrosivo non è trascurabile, e, molto probabilmente, giustificherà nuove misure espansive da parte della banca centrale nei prossimi mesi.

Per quanto riguarda i comparti azionari, la vittima sacrificale appare il settore energetico, sempre più orientato a riduzione di capex e ottimizzazione del proprio portafoglio di attività. L’anello più debole è rappresentato dalle società di Oil Services ed Exploration & Production, ma in questo contesto anche le altre società legate alle materie prime, quali compagnie minerarie e chimiche, dovrebbero restare sotto pressione, mentre per Consumer Discretionary, Consumer Staples e tecnologia è vero il contrario.

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