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TICINOLotta allo smartwatch: il made in Switzerland fa appello alla Cina

22.04.16 - 06:03
Sono i turisti orientali a trainare un comparto in difficoltà: «Basta essere snob, investiamo anche in tecnologia»
Lotta allo smartwatch: il made in Switzerland fa appello alla Cina
Sono i turisti orientali a trainare un comparto in difficoltà: «Basta essere snob, investiamo anche in tecnologia»

LUGANO - Per l'industria orologiera svizzera, si tratta del nono brutto mese consecutivo: e del peggior risultato da cinque anni a questa parte. Esportazioni in calo del 16,1%: fra acciaio (-13,9%) e metalli preziosi (-17%), ad avere la peggio resta il segmento con fascia di prezzo più accessibile, dai 200 ai 500 franchi. Meno 27,1% a marzo: e la ragione è facilmente ipotizzabile.

Sfida alla tecnologia: «Non offre qualità né emozione» - Risponde a un nome: smartwatch. Bene sempre più di consumo, ormai posseduto anche dal 21% dei cittadini elvetici, e pericoloso concorrente della tradizione: che pure, in Svizzera, stenta a esibire turbamento. «Lo smartwatch resta e resterà pur sempre un prodotto complementare: non riuscirà a soppiantare l'orologio svizzero, sinonimo di qualità, di emozione quando lo si indossa al polso», giura Oliviero Pesenti, presidente dell'Associazione orologiera industria ticinese: che da dicembre 2014 a Lugano raccoglie 30 aziende per 3mila addetti.

Un centro di formazione a Giubiasco per aiutare il comparto - Un sodalizio, ieri per la prima volta riunito in assemblea, che vuole «diffondere meglio la conoscenza del settore fra i giovani e le famiglie» e sostenere il distretto ticinese attraverso l'istituzione di «un centro di formazione professionale continua, aperto anche a chi non possiede una formazione specifica». In fase di realizzazione a Giubiasco, dovrebbe essere completato entro fine anno: e «i corsi dovrebbero partire già a gennaio 2017».  

«La preoccupazione c'è. La crisi no» - In un momento non esattamente felice per l'industria orologiera. «Preoccupati? Ovvio: ma non parliamo di crisi», riflette Pesenti, direttore generale alla Erbas di Mendrisio. «Il rallentamento c'è: ma conseguente a crescite vertiginose nell'ultimo decennio, anche del 10% l'anno. I volumi e le cifre sono stati per gran tempo fuori norma: e ora siamo di fronte a un assestamento». Complice, ammette, non solo l'allineamento con l'economia globale ma anche, nello specifico, «l'ingresso di prepotenza sul mercato dello smartwatch, che ci ha colti un po' impreparati e sta erodento fette di mercato estero. Ma, dopo averlo inizialmente forse in parte snobbato, molte aziende stanno investendo anche qui. Sono sicuro che nei prossimi anni assisteremo a un incremento».

Benedetta Cina: che adora il marchio Svizzera - Nel frattempo si confida nella Cina, traino del comparto fino a ieri. «Ma anche ora. Solo che adesso i cinesi vengono direttamente qui a comprare, a causa di una recente politica interna di restrizione che impedisce di acquistare nei Paesi satelliti. Il cliente cinese sfrutta sempre più i soggiorni in Europa per fare shopping in Svizzera: non entra più nelle statistiche dell'export ma in quelle del mercato interno». Che non a caso «tiene bene, salvo modeste flessioni dovute alle guerre, gli attentati, il franco forte».

Un atteggiamento un po' snob: e il giovane è perduto - Parte del declino va ascritto anche «alle elezioni americane, che fanno un po' da freno». Non resta dunque che preparare strategie per ristabilire ruoli da leader, puntando «più sull'acciaio che sui metalli preziosi, troppo impegnativi. Inoltre stiamo investendo sull'automazione, così da abbassare i costi di produzione». Misure poco efficaci, però, per attrarre una clientela lusingata dalle opportunità della tecnologia. «La fascia dei giovani fra i 18 e i 35 anni è la più difficile, al momento». Colpa anche di un atteggiamento un po' presuntuoso davanti alla novità smartwatch. «Forse all'inizio è accaduto. Poi ci si è resi conto che non era il caso. Anche a questo scopo è nata la nostra associazione».

Orologiaio: una professione che può ancora far sognare - Ovvero perché, come viene scritto nell'homepage del sito, l'orologiaio è «un mestiere che fa di nuovo sognare»: non ancora vecchio, anzi carico di potenzialità. «Sbagliamo a pensarlo ancora come quello di una volta, fatto di omini curvi su un tavolo dediti a lavori manuali di precisione. Oggi il concetto è cambiato. C'è tanta tecnologia. In Svizzera interna gli apprendisti sono davvero molti: e negli ultimi cinque anni le nuove assunzioni sono state 5-6mila». Un po' più freddo, invece, il Ticino. «Perché il settore è meno conosciuto e subisce ancora troppi pregiudizi, dal massiccio contributo di frontalieri all'inquinamento che le industrie produrrebbero. L'industria orologiera, invece, è un'occasione da non perdere anche per noi: oggi come e anche più di ieri». 

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