Lo sfogo di Flavia Anastasìa, agricoltrice confrontata con una situazione surreale: «Abbiamo assunto un pastore. E funziona. Ma ora salta».
Cambio di rotta deciso da Berna: quella misura non sarebbe davvero efficace. Meglio puntare su altri contributi. La contadina: «Non possiamo pianificare nulla».
CLARO - «Le autorità sono troppo indecise sulla questione del lupo. Anche se noi ci impegniamo, non possiamo pianificare nulla. C'è troppa confusione». Flavia Anastasìa è un'agricoltrice di Claro. Col compagno Mattia Waser ha un'azienda che gestisce circa 150 capre. Produce formaggio messo in commercio poi con la vendita diretta. Negli ultimi anni i due si sono adeguati alle direttive di Berna per cercare di convivere col lupo. Ora arriva la doccia fredda.
Un sistema che sembrava funzionare – «In autunno – spiega – facevamo il classico vago pascolo ai monti di Claro. Con le capre libere giorno e notte a mangiare rovi e castagne. Da circa due anni avevamo cambiato gestione. Assumendo un pastore che stava con le capre di giorno e le chiudeva la notte in parchi notturni elettrificati. Una soluzione suggerita dall'Ufficio federale dell'ambiente. Lo stipendio del pastore era sussidiato nella misura dell'80% proprio da questo ufficio. E devo dire che il sistema funzionava. Non abbiamo mai avuto predazioni».
Il cambio di rotta – Nel frattempo accade un ribaltone. Berna non ritiene più efficace la misura del pastore. E decide di passare la palla all'Ufficio federale dell'agricoltura. Ora i sostegni ai contadini per convivere con il lupo saranno elargiti in altro modo. «Aumenteranno i contributi diretti sugli alpeggi. Insomma ci verseranno più soldi in base al numero di bestie che carichiamo sull'alpe. D'estate portiamo gli animali nel Gambarogno, all'alpe Montoia. E fin lì ci stiamo dentro perché siamo io e Mattia direttamente sul posto».
«Non possiamo sforare» – Ma il problema è l'autunno, nella zona di Claro. «Con i sussidi che riceveremo non riusciremo più a pagare lo stipendio del pastore. Impensabile. E "privatamente" è ancora più impossibile: l'allevamento di capre è relativamente poco costoso, ma è anche poco redditizio. I margini di guadagno sono bassi. Non possiamo strafare».
Stanchezza – Flavia è stanca. E lo ammette. «Questa azienda ci dà da vivere. Quattro anni fa l'abbiamo rinnovata investendo parecchio. Non avremmo mai pensato di finire in un ginepraio burocratico simile a causa del lupo. Passiamo troppo tempo a compilare infiniti formulari. E quando c'è finalmente una soluzione che sembra funzionare, si cambiano le carte in tavola».
Pianificazione – La contadina del Bellinzonese vorrebbe solo lavorare serenamente. «Le autorità vogliono tutelare il lupo. È giusto allora che trovino misure stabili. Non si può cambiare idea in continuazione. Capite quanto è difficile per un'azienda come la nostra avere un minimo di pianificazione? Senza pianificazione non stiamo in piedi».
«Sempre "dimostrare" qualcosa» – Una situazione sfiancante condivisa da altri agricoltori. «Devi continuamente "dimostrare" qualcosa per meritarti dei sostegni. Ma gli uffici sono eccessivamente confusi. Non c'è strategia. Adesso si parla di nuovo di cane da protezione. O di recinti notturni. Non sappiamo bene come saranno i prossimi mesi. Di nuovo. Non è possibile andare avanti così».