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RACCONTI D'ESTATEIl vecchio massacrato di botte

12.07.12 - 12:00
di Enrico B.
Keystone
Il vecchio massacrato di botte
di Enrico B.

Quel vecchio se ne stava rannicchiato tutte le mattine, avvolto nella carta dei giornali. In testa portava un berretto di colore scuro, fatto di lana. La mano rugosa posata sulla guancia. È l'ultima immagine che mi porto dentro di lui. L'ultima immagine positiva. Perché da quando quel giorno arrivarono quegli individui assetati di violenza non mi esce dalla mente il volto insanguinato di quell'uomo. La notte era passata via tranquilla, umida come lo sono solo le notti di novembre.

Io ero lì, facevo su e giù lungo il viale, in solitudine, come sempre. Stavano sorgendo le prime luci dell'alba e da lontano vidi due ombre avvicinarsi al vecchio. Due ragazzoni ubriachi fradici, chissà dove avevano trascorso la serata. A prima vista mi sembrarono innocui, ridevano e scherzavano. Poi chissà per quale scherzo del destino il vecchio si mosse nel sonno. Uno di quei loschi individui si girò. "Che cavolo fai lì per terra tu?", chiese con tono rabbioso al vecchio. L'anziano, abituato a farsi i fatti suoi, non rispose e si rimise a sonnecchiare. "Puzzi come una carogna, vecchio immondo. Lo sai?", proseguì il giovane con un fare sempre più ai limiti del provocatorio.

Io ero lì, imbambolato. Facevo l'agente di sicurezza per un'orologeria di quartiere da due mesi ma non mi era mai capitato di dovere entrare davvero in azione. Insomma, un conto è la teoria, quella che ti insegnano, anche bene, ai corsi di istruzione. Un conto però è la pratica. E io lì di fronte a me avevo due energumi che stavano insultando un ottantenne. Ero come paralizzato. Guardai da lontano mentre gli sferrarono il primo calcio alla testa. Poi vidi anche il secondo, il terzo. Il sangue che iniziava a uscire dalla bocca del povero vecchio. Fu allora che decisi di intervenire, ma a modo mio. Mi appartai, e chiamai la centrale della polizia da una cabina telefonica. Una segnalazione precisa, dettagliata, ma anonima. E intanto quelli infierivano e massacravano quel poveraccio.

Rimasi in attesa dei poliziotti, da perfetto codardo quale ero sempre stato. Quando i due videro l'auto con la luce lampeggiante avvicinarsi si dileguarono a gambe levate. Con la coda dell'occhio, da molto lontano, scrutavo i poliziotti tentare invano di soccorrere il vecchio. Spirò tra le loro braccia. E io non ebbi nemmeno il coraggio di uscire allo scoperto, di dire "sono stato io a chiamarvi, ho visto tutto, li ho visti in faccia quei mostri". Il giorno dopo mi recai dai miei superiori e diedi le dimissioni.

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