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RETROSPETTIVEPorsche e la Svizzera, una storia di successi lunga 60 anni

12.07.11 - 06:06
Un compleanno speciale, al quale dedichiamo 5 articoli ripercorrendone la storia nel nostro paese e provando per voi 4 modelli particolarmente significativi. Un’anticipazione? Abbiamo guidato sui nostri passi la 959. Si, proprio lei!
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Porsche e la Svizzera, una storia di successi lunga 60 anni
Un compleanno speciale, al quale dedichiamo 5 articoli ripercorrendone la storia nel nostro paese e provando per voi 4 modelli particolarmente significativi. Un’anticipazione? Abbiamo guidato sui nostri passi la 959. Si, proprio lei!

A cura di Benjiamin Albertalli

 

COME TUTTO EBBE INIZIO - Il rapporto tra il marchio Porsche e la Svizzera é molto più stretto e longevo di quanto si possa immaginare. Tutto, a dire il vero, iniziò più di 60 anni fa; 64 per la precisione. L’8 giugno del 1948 ottenne l’omologazione il primo modello realizzato da Ferry Porsche, quel “prototipo” di vettura sportiva a motore posteriore realizzata con componenti mutate dalla Volkswagen, che portò 356-001 quale numero di telaio. Questo primo vero esemplare marchiato Porsche fu acquistato dall’imprenditore svizzero Rupprecht von Senger, che oltre ad assicurarsi i diritti di prelazione per le prime 5 vetture, emettere un anticipo finanziario per l’opzione delle successive 50 e sostenere la produzione Porsche per l’approvvigionamento dei vari componenti di ricambio, alla viglia del Gran Premio della Svizzera a del 4 luglio 1948 mise addirittura a disposizione la sua Porsche per dei giri di prova.

LA PRIMA PORSCHE? VENDUTA AD UNA DONNA! – L’amore per la Porsche scattò anche nell’albergatore nonché commerciante d’automobili zurighese Bernhard Blank, presentato a Ferry Porsche dallo stesso Rupprecht von Senger. Tale Blank riordinò parte della sala dal pranzo del suo albergo trasformandola in una sorta di “Showroom”, all’interno del quale espose, nell’inverno del ’48, il primo esemplare prodotto da Porsche: la 356/2. Come se non bastasse fu proprio lui ad organizzare la prima apparizione internazionale del marchio al Salone dell’automobile di Ginevra nel 1949, che iniziò in quegli anni ad essere largamente apprezzata in Svizzera, Austria e Svezia. La prima Porsche venduta ufficialmente da Blank fu proprio nella primavera del ’49 ad una giovndonna zurighese di elevata estrazione sociale, che di nome faceva Jolanda Tschudi, diventando ufficialmente la prima cliente Porsche del mondo.

INIZIA IL SUCCESSO – Con il trasloco dalla storica sede austriaca di Gmünd al nuovo “luogo di residenza” a Stoccarda-Zuffenhausen, la Porsche estingue i contratti tra i due svizzeri il cui interesse stava a sua volta scemando a causa delle insidie del mercato automobilistico. Con l’aumento della capacità produttiva l’attività di compravendita iniziò a far gola all’AMAG di Walter Häfner, importatore di Volkswagen già dal ’48 che la sera del 14 marzo del 1951, proprio durante il Salone di Ginevra, sottoscrisse un accordo di esclusiva con Ferry Porsche in persona. Nel primo anno vendettero 78 vetture invece delle 50 preventivate; un successo inaspettato ed immediato. Tra i motivi vi fu anche la campagna propagandistica dell’importatore, che Ferry Porsche non effettuava poiché era (giustamente, N.d.R.) dell’idea che “le auto sportive si dovevano vendere da sole, poiché non c’è miglior pubblicità che vincere una gara”. E a proposito di gare, la Porsche vinceva praticamente tutto quello che c’era da vincere: che fossero “rally”, gare di durata, corse in salita o su circuito, la potenza, il peso e l’affidabilità le permettevano sempre di guadagnarsi posizioni di tutto rispetto! La Svizzera diventò quindi, assieme agli USA, uno dei migliori mercati per Porsche, che in Germania stentò a decollare poiché il paese era ancora flagellato dal secondo conflitto mondiale. Testimonianza ne è che l’11 dicembre del 1953 si fondò a Berna il primo Porsche Club ufficiale.

L’ARRIVO DELLA 911 – Con l’inizio degli anni ’60, la graziosa 356 cominciò a sentire il peso degli anni e a Stoccarda s’iniziò a pensare alla futura sostituta. Ferry voleva naturalmente costruire un’auto sportiva di successo come la 356, rispetto alla quale doveva offrire più spazio e avere un motore a 6 cilindri contrapposti. Il primogenito Ferdinand Alexander disegnò poi quella che al Salone di Francoforte del ’63 venne presentata come “901”. Il suo nome creò però dei problemi con la Peugeot che possedeva i diritti del nome. La decisione fu quindi presa: sostituire lo zero con un 1, forgiando quel numero che da quasi 50 anni è sinonimo di eccellenza tra le auto sportive. Con un motore da 120 cavalli e delle sospensioni completamente diverse rispetto a quelle di origine Volkswagen, nel 1964 iniziò la commercializzazione della 911, che prima di vedere le strade svizzere dovette ancora attendere un annetto. Ma già dopo dodici mesi, la 911 che allora costava 29'750 franchi, si vendette in 403 esemplari. Un numero destinato a crescere, con tutte le sue evoluzioni, fino a giorni nostri.

NEL SEGNO DELLE CORSE – Gli anni ’70 si aprono per Porsche con la 917, una vettura da corsa a 12 cilindri capace di erogare 1'110 cavalli; un valore che impressiona ancora oggi. L’auto vinse la 24 ore di Le Mans (e non solo quella) con le classiche livree “Gulf”, e si rivelò così imbattibile che il regolamento della “tappa” statunitense del campionato fu cambiato al fine di estrometterla, poiché priva di concorrenza. Un’auto che permise anche al pilota Svizzero Jo Siffert di vincere nel 1971 la 24 ore di Daytona. Nel frattempo anche la 911 colleziona innumerevoli vittorie e nel 1972 appare una rispettiva versione estrema da strada: si tratta della 2.7 RS, ribattezzata “coda d’anatra” dagli appassionati per la caratteristica forma dell’alettone posteriore. 210 cavalli di potenza per 1'000 kg di peso. Prevista inizialmente in soli 500 esemplari, fu poi venduta in poco più del triplo (1'520 per l’esattezza). L’ampio uso del turbo nel mondo delle competizioni venne inoltre implementato anche sulle auto stradali. La prima Porsche ad adottarlo fu la 911 Turbo del 1975 (codice 930), che nonostante la sfortuna di essere proposta nel pieno della crisi petrolifera riuscì comunque a farsi vendere in 3'000 esemplari nei primi 3 anni.

LA VW TORNA A COLLABORARE – Dopo che la 911 aveva definitivamente posto fine alle strette parentele con la Volkswagen, ecco che negli anni ’70 questa torna ad entrare nel vivo del costruttore di Stoccarda. Inizialmente per dare vita alla VW-Porsche 914, una piccola vettura scoperta a motore centrale (la prima a motore centrale prodotta in serie in Germania) spinta dal motore da 1,7 litri della VW 411 E. L’auto piacque subito alle giovani ragazze che ne divennero poi i principali acquirenti, permettendo all’importatore di consegnarne in Svizzera 296 unità nel primo anno. Nel 1975 fu invece la volta di una progetto Porsche che avrebbe dovuto diventare una Volkswagen. Quest’ultima fece tuttavia marcia indietro, Porsche riprese il progetto, “rubò” un motore all’Audi 100 che ottimizzò e infilò nel vano motore della sua coupé, dando vita alla prima Porsche a motore anteriore nonché alla prima Transaxle (motore anteriore, cambio al retrotreno) del marchio, soluzione quest’ultima che ottimizza la ripartizione dei pesi sui due assi. Anche qui i 5'000 esemplari venduti in 13 anni sono spesso finiti nelle mani di donne, a cui la 924 (questo il nome della vettura) veniva spesso e volentieri “consigliata” dai rispettivi mariti che, guarda caso, guidavano una 911.

“SMETTEREMO DI PRODURRE LA 911” – Il messaggio non è stato divulgato esattamente con queste parole, ma per stessa ammissione della Porsche alla fine degli anni ’70 si iniziò a credere che la 911 era ormai superata e che non avrebbe più avuto futuro. È per questo motivo che nacque la 928, un’affascinante Gran Turismo che avrebbe dovuto prendere definitivamente il posto della 911 e che rispondeva alle principali esigenze dell’epoca, offrendo una comoda e tecnologica coupé sportiva con buona abitabilità ed elevate percorrenze autostradali. Nonostante abbia fatto una vera e propria incetta di premi e riconoscimenti, continuò a vivere per il resto della sua carriera nell’ombra della più longeva 911. Porsche capì quindi il messaggio e continuò a sviluppare la 911 ampliando inoltre la gamma dei modelli Transaxle, con la 944 prima e la 968 poi. Una decade di successo, quella degli ’80, nella cui metà fu consegnata in Svizzera la 20'000esima Porsche. O, se preferite, quella in cui è stata creata una delle supercar più tecnologicamente avanzate e veloci di tutti i tempi: la 959.

LA RINASCITA DELLA 911 E I NUOVI MODELLI – Maturata quest’esperienza, nel 1993 vide la luce la nuova 911 conosciuta come 993, i cui fari anteriori “appiattiti” fecero prima storcere il naso ai puristi che si ricredettero poi guidandola su strada. È stata questa l’ultima 911 con il motore raffreddato ad aria, motivo per il quale gode ancor’oggi di parecchia stima tra gli appassionati in particolare nelle versioni con motore sovralimentato, dalla normale “turbo” alla rude e rara GT2. Nel 1998 il cambiamento radicale che vide il passaggio al raffreddamento ad acqua unito all’abbandono dei fari completamente tondi, fece davvero gridare allo scandalo alla presentazione della serie successiva: la 996. Il nuovo millennio portò con se tante altre novità nella gamma Porsche: si iniziò nel 1996 con Boxster per arrivare al 2000 con la Carrera GT e concludere nel 2002 con Cayenne che costò alla Porsche vere e proprie accuse di blasfemia. Il successo fu però immediato: inizialmente gli alti vertici si difesero dicendo che anche Ferry affermava che “non importa ciò che si costruisce: l’importante è che sia meglio della concorrenza”, in un secondo momento fu invece chiaro che gli altissimi guadagni raggiunti con questo discusso SUV permisero alla Porsche di dar vita a modelli come la Cayman, la Panamera e di ampliare all’inverosimile le versioni della 911 e migliorarla giorno dopo giorno. Come da tradizione Porsche.

 

Si ringrazia l'archivio storico Porsche per la gentile concessione delle preziose documentazioni.

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