Intervista a Christian Vitta, direttore del Dipartimento delle finanze, sulla Riforma III delle imprese, uno dei tre oggetti in votazione il prossimo 12 febbraio
BELLINZONA - La Riforma III dell'imposizione delle imprese è uno dei tre oggetti in votazione il prossimo 12 febbraio. La Svizzera, costretta dalla Comunità internazionale a rivedere la sua politica fiscale che privilegia le multinazionali determinando così una disparità di trattamento, negli ultimi anni ha elaborato una legge che si pone tre obiettivi: la competitività dell'imposizione fiscale delle imprese, il ristabilimento del consenso internazionale e la certezza di una redditività finanziaria dell'imposta sull'utile per Confederazione, Cantoni e Comuni.
Christian Vitta, direttore del Dipartimento delle finanze, spiega, attraverso un'intervista a Ticinonline / 20 Minuti, le ragioni della necessità per il Ticino di attuare la Riforma III.
Direttore, questa riforma quanto ci costerà?
«Premetto innanzitutto una cosa: la storia ci insegna che queste analisi d'impatto sono sempre molto delicate da svolgere. Vi è un'evoluzione dell'economia costante, che rende particolarmente difficile fare previsioni riguardanti l'effetto di una riforma fiscale. La nostra è quindi una valutazione di tipo statico dalla quale emerge che, sul medio termine, se non ci dovessero essere dinamiche positive, il mancato introito oscillerebbe tra i 25 e i 35 milioni di franchi».
Una riforma costosa...
«Attenzione: queste sono cifre che vanno ancora considerate con una certa prudenza. Anche perché il passato ha dimostrato che con le politiche fiscali attuate abbiamo assistito ad una crescita delle risorse. Ciò che ci dobbiamo chiedere è a quanto ammonterebbero le perdite se non facessimo nulla. Perché non è vero che, rifiutando la Riforma, gli introiti attuali resterebbero assicurati. Anzi, potrebbero essere a rischio molte più risorse: molte aziende potrebbero andarsene, non solo dal Ticino ma anche dalla Svizzera. Inoltre, secondo il Consiglio federale a seguito di questa riforma il Cantone Ticino potrebbe guadagnare nuove entrate nell’ambito della perequazione finanziaria intercantonale».
Aziende che se ne vanno se non diminuiamo le aliquote. Potremmo definirlo un ricatto?
«No. Siamo in un mondo fatto di regioni e continenti che sono sempre più in competizione tra loro. Noi, con questa riforma, non facciamo altro che utilizzare strumenti che altri Paesi già conoscono. In un mondo sempre più interconnesso i confronti e le sfide sono su scala allargata».
Lei in un'intervista a Opinione Liberale ha riferito che il 4,5% dei contribuenti è responsabile del 20,1% del gettito delle persone giuridiche.
«Sì, i dati sono confermati. Queste aziende a statuto speciale rappresentano una realtà importante per il nostro territorio, che non può essere trascurata da parte nostra. Con la riforma introduciamo nuovi strumenti che serviranno ad incentivare maggiormente la presenza in Ticino di attività di ricerca e sviluppo, e andranno a favorire la nascita di nuove start-up da parte di quei giovani che hanno idee, ma non hanno a disposizione capitali. Vede, noi dobbiamo prepararci a trasformazioni rapide della nostra economia. Dobbiamo essere pronti ad affrontare con anticipo le sfide del futuro. Questa riforma ci permette di modernizzare gli strumenti di natura fiscale che ci daranno modo di ulteriormente diversificare e rafforzare la nostra economia».
È vero che il 9% di aliquota sull'utile è di per sé un'aliquota allettante. Perché ridurla addirittura al 6%?
«Faccio presente che, con il 9%, il Ticino è agli ultimi posti nella graduatoria delle aliquote a livello cantonale. Portandola al 6% non si fa altro che avvicinarci alla media nazionale».
La Municipale di Lugano, Cristina Zanini Barzaghi, ha dichiarato martedì 10 gennaio in conferenza stampa che i 20 milioni di franchi previsti per il fondo a favore delle famiglie del ceto medio sono una miseria visto che, per la sola città di Lugano, si spendono 22 milioni di franchi all'anno per l'assistenza
«20 milioni di franchi non sono una cifra trascurabile e vanno ad aggiungersi alle già importanti spese destinate oggi al sociale. Questi ulteriori 20 milioni di franchi serviranno a migliorare la conciliabilità tra lavoro e famiglia».
Lei ha parlato inizialmente di una stima di mancati introiti a livello fiscale di 25-35 milioni. E i 20 milioni di franchi per le famiglie da dove arriveranno?
«I 20 milioni di franchi provengono da prelievi sulla massa salariale già esistenti oggi che generano delle riserve. Sono dunque finanziati dalle aziende. Per la maggioranza di loro, non rappresenta però un nuovo onere potendo far capo alle riserve disponibili».
Questo sistema mi ricorda un po' un modello di società ottocentesca, dove i ricchi e i potenti pagano poche tasse e delegano a istituzioni benefiche la politica sociale.
«No, niente di tutto ciò. Questo strumento rientra in schemi già consolidati. Con la riforma fiscale si aboliscono i privilegi fiscali garantendo parità di trattamento e grazie alle misure sociali si aiutano le famiglie.»
C'è chi ha detto che questa legge è stata pensata soltanto a favore delle aziende e non a favore dell'interesse generale della comunità
«No, al contrario. Questa riforma va a beneficio di tutti perché crea una parità di trattamento tra tutti gli attori coinvolti. Tutti saranno trattati in maniera uguale e tutti avranno gli stessi oneri e gli stessi benefici. Anzi, a lungo termine a pagare un po' di più saranno le multinazionali. Inoltre, mantenere condizioni quadro favorevole garantisce posti di lavoro necessari per il benessere della nostra popolazione.»
Ai comuni e soprattutto alle città questa riforma fa paura. Per i Comuni è previsto un fondo di compensazione simile a quello pensato per le famiglie?
«Abbiamo studiato possibili strumenti di intervento che presenteremo qualora la Riforma sarà accettata dal popolo. Tra questi strumenti vi è, ad esempio, una correzione del sistema perequativo intercomunale. Con i Comuni siamo aperti al dialogo».
Cosa si intende per differenziazione del moltiplicatore? Aumentare le imposte alle persone fisiche per sgravare le persone giuridiche?
«No, al contrario. Qualora fosse necessario aumentare il moltiplicatore d’imposta per le persone giuridiche questo non ricadrebbe sui i cittadini. Inoltre, viene aumentata l’autonomia decisionale a livello comunale».