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LUGANOLe richieste di pena: «20 anni a Berisha». La pp: «Nessuna attenuante»

15.09.16 - 12:48
La procuratrice pubblica ha chiesto che quattro degli imputati vengano condannati per assassinio (tre correi e un complice) e l’ultimo per aggressione
Le richieste di pena: «20 anni a Berisha». La pp: «Nessuna attenuante»
La procuratrice pubblica ha chiesto che quattro degli imputati vengano condannati per assassinio (tre correi e un complice) e l’ultimo per aggressione

LUGANO - 20 anni di detenzione per il principale imputato, Qëndrim Berisha, 26 anni, in quanto per l'accusa «non c'è nessuna attenuante, nemmeno il pentimento». 17 anni a Alberto Magno Inocencio Guimares, l'italo-brasiliano 26enne (unica attenuante è il "dolo eventuale"). 18 anni e 6 mesi a Yevhen Urievich Spizhavka. Il 27enne ha già precedenti penali. 9 anni e sei mesi a Fidan Mavray per complicità in assassinio senza attenuanti tranne l'aver agito per dolo eventuale. 3 anni e 9 mesi a Alin Marinel Lupulescu per aggressione e omissione di soccorso. Sono queste le richieste di Pamela Pedretti, procuratrice pubblica al termine della sua requisitoria. 

«Locali notturni, droga e belle donne» - «L’omicidio di via Odescalchi è scaturito da «un ambiente ai più sconosciuto. Dedito ai locali notturni, alla droga, alle belle donne. Forse anche al non doversi svegliare alle sette del mattino per andare al lavoro». È iniziata con queste parole l’arringa che la procuratrice pubblica Pamela Pedretti ha squadernato questa mattina al processo in corso a Lugano. “In questo contesto l’apparire è di principale importanza. È tutta questione di essere rispettati, temuti. Atteggiamento, da veri bulli, fatto di liti, minacce e sfide”.

«Non era perfetto» - L’accusa ha descritto la vittima. «Uomo di 34 anni, padre di due bambini a cui era legato e voleva bene». Persona la cui vita aveva preso, negli ultimi tempi, qualche deviazione. «Nessuno nega che nei suoi ultimi mesi di vita abbia perso un po’ la bussola», ha detto Pedretti. «Il consumo di cocaina era diventato più che occasionale, lo ha allontanato dalla famiglia, dal lavoro con il padre». Questi sbagli valgono una vita? «Non sarà stato il padre, il marito, il figlio perfetto. Ma la vittima non meritava di essere ucciso», ha chiarito la procuratrice. Anche perché gli stessi imputati non ne hanno mai negato il buon temperamento. «Lo stesso Berisha ha detto che non era una persona cattiva, non era antipatico, salutava sempre, non era un gradasso».

Sapevano dove andavano - Tutti e cinque gli imputati, secondo l’accusa, sapevano dove stavano andando. Sapevano di trasportare delle armi. Non al Maxim per bere qualcosa, ma «una toccata e fuga che doveva durare, ed è durata, giusto il tempo per punire chi aveva osato minacciare Berisha». Anche il 36enne rumeno Lupulescu, secondo la procuratrice, non era così estraneo alle dinamiche di quei giorni come sosterrebbe. Già dopo la lite in discoteca del 5 ottobre si era interessato dell’accaduto, aveva parlato e discusso con i coimputati.

Niente paura - Gli imputati avevano paura in seguito alle minacce subite? Secondo l’accusa no. «Tutto trapela dalle parole di Berisha, tranne l’asserita paura», commenta Pedretti raccontando di una conversazione avvenuta tramite Facebook con uno del gruppo rivale. Così come non sembravano spaventati gli altri: come Mavraj che ha anche chiesto una multa al portoghese per essersi intromesso nella faccenda.

“È assassinio” - Un omicidio particolarmente crudele, basato su motivazioni perverse e odiose, commesso senza scrupoli, diventa un assassinio, il reato più grave del codice penale svizzero. Condanna per assassinio chiesta per Berisha, colui che ha sparato. Ma anche per Guimaraes, l’italo-brasiliano, secondo l’accusa si configura il reato di assassinio in correità con lo svizzero-kosovaro: «Niente e nessuno l’ha costretto ad andare a Chiasso con Berisha o di colpire la vittima, ha deciso di farlo lui».

Assassinio anche per il terzo - Per Spizhavka pur sapendo i coimputati armati, li ha accompagnati a Chiasso. Sia prima che dopo il delitto, lo svizzero-ucraino, avvisa la fidanzata (da ieri moglie) di prendere le sue cose e andare da sua madre. Poi è anche fuggito a Zugo ed è stato l’ultimo a consegnarsi. «Anche lui con il suo agire, ha aderito alle intenzioni di Berisha», ha commentato Pamela Pedretti. Solo dopo i primi spari è fuggito a corsa. «Ha mostrato freddezza e preparazione. Insieme a Guimaraes ha messo la vittima in condizione né di scappare né di difendersi». Come gli altri «voleva dare una lezione agli albanesi». Anche per lui è chiesta correità in assassinio.

«Sempre accanto all’amico» - Il migliore amico dello sparatore, Mavraj «resta sempre accanto a Berisha, anche quando questi spara alla vittima», ha spiegato la procuratrice. Addirittura è stato l’ultimo a fuggire dopo la sparatoria. Ha partecipato anche alle riunioni notturne e solo il mattino successivo ha deciso di costituirsi, dopo aver fatto sparire tutto quello che doveva far sparire. Come un telefono che ha ammesso solo durante il processo di aver lanciato nel Cassarate. «È stato un sostegno per Berisha, non ha mai abbandonato il suo migliore amico». Come Guimaraes e Spizhavka, il kosovaro di Monte Carasso non ha mai subito minacce dirette: «Mavraj ha raggiunto Berisha per una questione d’onore». Per lui la procuratrice pubblica ha chiesto la condanna per complicità in assassinio (meno grave della correità chiesta per gli altri).

L’ultimo imputato - Il rumeno Lupulescu, da quanto emerso dall’inchiesta, non sapeva della presenza delle armi: la pistola e il manganello. Non si è però sottratto alla spedizione punitiva a Chiasso. Per questo l’accusa ha chiesto che venga condannato per aggressione e omissione di soccorso. 

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