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TICINO/BERNA"Quando un club fallisce, saltano decine di posti di lavoro"

01.03.12 - 16:49
Calcio svizzero nel caos, parla Edmond Isoz, direttore della Swiss Football League: "Non ci sono più grossi imprenditori locali disposti a puntare sulle squadre. Vi spiego perché"
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"Quando un club fallisce, saltano decine di posti di lavoro"
Calcio svizzero nel caos, parla Edmond Isoz, direttore della Swiss Football League: "Non ci sono più grossi imprenditori locali disposti a puntare sulle squadre. Vi spiego perché"

BERNA – Il problema non è più solo sportivo. Ora è soprattutto economico, sociale. Nella Super League di calcio dopo il recente fallimento del Neuchâtel Xamax, sta chiudendo baracca anche il Servette, con la conseguente cancellazione di decine di posti di lavoro. Una situazione imbarazzante per Edmond Isoz, direttore della Swiss Football League che non può fare a meno di guardare al futuro con una certa preoccupazione. “Il calcio ha sempre più un ruolo sociale. Il fallimento di un club spesso rappresenta un duro colpo per un’intera regione, sia dal punto di vista culturale sia da quello economico. La soluzione? Non solo in Svizzera, ma probabilmente in tutta Europa, si andrà verso un’americanizzazione delle competizioni. Leghe chiuse, o quasi. Campionati senza retrocessioni e senza promozioni. Resta in serie A chi ha basi solide finanziarie”. 

Lei personalmente insisterà su questo modello?
"Non sono io a farlo. Ma il sistema internazionale. Guardate la Champion’s League, è già una sorta di lega chiusa. La maggior parte delle squadre vi partecipa da 15 anni consecutivi. Il sistema della Champion’s ha bisogno della presenza di questi club per reggere finanziariamente ed essere attrattivo dal punto di vista mediatico. Tutto ruota attorno all’economia, bisogna fare quadrare i bilanci. E che dire del campionato svizzero di hockey su ghiaccio? Essere promossi dalla serie B alla serie A è quasi impossibile, a meno di grossi investimenti. Le leghe sono praticamente chiuse".

Anche nella Super League si arriverà a questo?
"Probabile. Bisogna dare stabilità al sistema, non dimentichiamo che attorno ai club c’è un sacco di gente che lavora e che in caso di fallimento o retrocessione perde l’impiego".

La situazione di diversi club svizzeri, anche in Ticino, evidenzia un trend preoccupante: non ci sono più personaggi facoltosi locali disposti a investire nei club. Perché?
"Lei usa un verbo sbagliato. Nel calcio un imprenditore non deve fare investimenti. Non può pretendere di investire un franco oggi per averne due domani. No, nel calcio non funziona così. Né in Svizzera né all’estero. Nel calcio chi mette i soldi lo fa per passione e soprattutto per sostenere dal punto di vista sportivo e sociale la propria regione. Purtroppo questo spirito di ‘solidarietà’ è sempre più raro, lo vediamo anche nella politica, no? C’è sempre meno gente disposta a mettersi in gioco per la comunità, per la regione… Ecco, accade anche nel calcio. Ma questo non è l’unico elemento su cui vale la pena riflettere".

Che altro c’è?
"Fino a qualche decina di anni fa i grandi imprenditori locali avevano un importante mercato interno. E parlo in particolare degli imprenditori della Romandia e del Ticino. Ora la loro produzione si rivolge soprattutto all’estero e quindi, da un punto di vista del marketing, non ha molto senso che un grosso imprenditore ticinese o romando investa in un club del posto. Se vuole fare affari veri è più logico che punti sul Milan o sul Manchester United".

Chiudiamo con qualche cifra. Quanto serve oggi a un club per sopravvivere in Super League?
"Attualmente la media dei budget è di 18 milioni di franchi. Ma perché consideriamo club come il Basilea che ha un budget che oscilla tra i 40 e i 60 milioni. Bisogna pensare che ci sono anche società come Thun e Losanna che non vanno oltre i 7 milioni. Diciamo che se si ha un budget al di sotto dei 5 milioni è praticamente impossibile restare in Super League con una certa stabilità".

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